José Saramago

Francesco Cecchini

La copertina di Cecità

La copertina  illustra bene il contenuto del romanzo. Rappresenta  la storia, le figure nere in fila indiana  raffigurano gli anonimi protagonisti ciechi e la donna a colori alla testa della fila, la moglie di un dottore, è l’unica dotata della vista in un mondo da  abitato da non vedenti.

Le pandemie, come il coronavirus, hanno colpito e colpiscono l’ umanità, ma hanno anche stimolato la creazione di  opere letterarie: La peste di Albert Camus, L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Márquez, Cecità di José Saramago ed altre.

In Cecità, che compie 25 anni, José Saramago, premio Nobel per la letteratura, ha anticipato la pandemia del coronavirus. Nel suo  romanzo, non solo ha raccontato di una pandemia da terrore, ma ha anche prospettato un ritorno alla solidarietà umana per ricostruire una società in crisi. Venticinque anni dopo la sua prima edizione, va sottolineata la sua attualità. In questo romanzo, Saramago mette in guardia su come la nostra cecità  può portarci alla distruzione del fragile equilibrio in cui viviamo.

Nel suo diario, Quaderni di Lanzarote,  il 20 aprile 1993, racconta come  non sarebbe stato facile mantenere i personaggi attraverso il lungo tempo narrativo del romanzo. Dopo settimane di riflessione, il 21 giugno Saramago osserva: “Difficoltà risolta. Non è necessario che i personaggi nascano ciechi fino a quando non sostituiscono completamente quelli con la vista: possono accecare in qualsiasi momento ”. Con questo, lo scrittore non solo risolse il problema narrativo, ma anche immaginò una delle epidemie più angoscianti mai narrate: la cosiddetta “peste bianca”, un male capace di spingere tutta la società ad avanzare alla cieca lungo un percorso affollato di sporcizia.

Il 2 agosto, come sottolinea nel suo taccuino, Saramago trovò le prime righe del romanzo.

In una città qualunque, di un paese qualunque, un guidatore sta fermo al semaforo in attesa del verde quando si accorge di perdere la vista. All’inizio pensa si  tratti  di  un  disturbo  passeggero,  ma  non  è  così.  Gli  viene  diagnosticata  una cecità  dovuta  a  una  malattia  sconosciuta:  un  “mal  bianco”  che  avvolge  la  sua vittima in un candore luminoso, simile a un mare di latte. Non si tratta di un caso isolato:  è  l’inizio  di  un’epidemia  che colpisce progressivamente  tutta  la  città,  e l’intero paese.

Il 15 agosto Saramago scrisse nei Quaderni di Lanzarote di eliminare i nomi “Preferisco che il libro sia popolato da ombre di ombre, che il lettore non sappia mai chi sia, a di entrare, di fatto, nel mondo degli altri, di quelli che non conosciamo, tutti noi ”.

Scompare anche lo Stato. Di fronte al diffondersi di un morbo, che nessuno sa come fermare, la decisione delle istituzioni è di rinchiudere i ciechi in un manicomio per frenare l’epidemia, ma questa non frena. Il primo cieco si domanda:  “Ci sarà pure un governo…non credo, ma, nel caso ci fosse, sarebbe un governo di ciechi che vogliono governare ciechi, e cioè, il nulla che pretende di organizzare il nulla”.

Lo Stato viene sopraffatto dagli eventi fino a disgregarsi a causa della loro portata, ma il Governo, prima di scomparire, però reprime e isola.

Un tema importante del romanzo è quello della ribellione

Cecità racconta anche delle azioni violente che possono portare a una liberazione. E queste azioni sono attuate da donne. Nella prima parte del romanzo la “moglie del medico”, l’unica che vede, uccide il capo dei “malvados”, il gruppo di ciechi che aveva preso il controllo della vita nel manicomio, imponendo lo stupro delle donne come moneta di scambio per rifornire di cibo i ciechi delle altre camerate. È in questo contesto che un’altra donna trova un accendino e decide di dar fuoco alla camerata dei “malvados”, finendo col dar fuoco a tutto l’edificio.

Sarà infatti proprio la donna, sempre la moglie del medico, ad essere il punto di riferimento, non solo in quanto guida un gruppo di ciechi durante le lunghe camminate nella città devastata, ma anche più in generale, in quanto è la persona la cui consapevolezza e correttezza sono riconosciute da tutti i membri del gruppo. E’ proprio attraverso la sua voce che Saramago da uno dei messaggi importanti del romanzo: “secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo”.  Inoltre, i suoi gesti hanno una profondità  politica: è grazie a lei, che conduce, che il gruppo esce dal manicomio, luogo del potere disciplinare per eccellenza, per entrare nella città in preda al morbo. Ed è grazie alle sue scelte che il gruppo trova protezione, fino a quando il primo cieco riacquista la vista, lasciando intuire che la guarigione dalla cecità è vicina. Le azioni della donna, dunque, mettono in pratica un  diritto, valido per il  gruppo di ciechi da lei guidato, che consente la coesione e l’unità tra i singoli membri.

José Saramago ritiene, quindi  legittimo, politicamente sensato e corretto l’uso politico della violenza.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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