di Subin Dennis

E’ un segno di quanto brutte siano le cose quando il comitato editoriale del Financial Times, il principale giornale finanziario del mondo, reca un editoriale che chiede “riforme radicali… che invertano la direzione politica prevalente degli ultimi quattro decenni”. L’editoriale del FT del 3 aprile ha promosso, tra l’altro, un ruolo più attivo dei governi nell’economia, modi per rendere il mercato del lavoro meno insicuro, e imposte sulla ricchezza. Il comitato editoriale del FT, sempre più preoccupato di salvare il capitalismo da sé stesso, aveva scritto della necessità di “pianificazione statale” e di un’”economia guidata dai lavoratori” l’anno scorso ad agosto. Ma l’editoriale del 3 aprile ha ricevuto molta più attenzione poiché arriva nel mezzo di una grande crisi.

Ormai è divenuto evidente che un considerevole intervento statale nell’economia – disdegnato dagli apostoli dell’economia neoliberista – è tornato al centro del palcoscenico in tutto il mondo.

La situazione è tale che il settore pubblico, a lungo diffamato dagli economisti neoliberisti e indebolito da governi in debito nei confronti del neoliberismo, sta avendo un grande ruolo nella lotta contro il coronavirus. Il suo ruolo sarebbe stato molto più efficace e di più vasta portata se non fosse stato colpito duramente da decenni di tagli di fondi e da ondate di privatizzazioni. Ciò nonostante, con l’inefficacia della produzione basata sul profitto come forza motrice che diviene più evidente nel gestire la crisi, il settore pubblico, produzione e direzione statale, e una certa quantità di pianificazione stanno facendo un grande ritorno.

Assistenza sanitaria pubblica

Il caso dei settori che sono direttamente coinvolti nell’offerta di assistenza sanitario è il più cospicuo, con le inadeguatezze dell’assistenza sanitaria privata durante una crisi che divengono evidenti persino a leader di destra.

Vediamo Boris Johnson, il primo ministro del Regno Unito, parlare ripetutamente della necessità di proteggere il Servizio Sanitario Nazionale (il sistema britannico di assistenza sanitaria finanziato pubblicamente). Ha detto persino: “Esiste davvero una cosa chiamata società”, contraddicendo Margaret Thatcher, sua predecessore conservatrice che parlava a favore del puro individualismo nel 1987 dicendo: “Non esiste una cosa chiamata società”.

La Gran Bretagna e molti altri paesi dell’Europa occidentale hanno avuto sistemi di assistenza sanitaria pubblica relativamente solidi. In molti di tali paesi, come ItaliaSpagna e Regno Unito, i sistemi pubblici di assistenza sanitaria hanno sofferto in anni recenti a causa di tagli di fondi e di privatizzazioni di servizi pubblici. A parte la visione politica dei leader di tali paesi, sono finiti anche sotto pressione da parte dei tecnocrati della Commissione Europea, che hanno ripetutamente preteso tagli alla spesa per l’assistenza sanitaria. Accanto all’atteggiamento facilone mostrato da molti dei governi occidentali nelle prime settimane dell’epidemia di coronavirus, tale indebolimento dei sistemi di assistenza sanitaria pubblica ha reso la loro reazione all’epidemia del coronavirus un compito più arduo. Per ora i governi di Spagna e Irlanda hanno preso il controllo dei loro ospedali privati per far fronte alla crisi.

Il caso degli Stati Uniti, con il loro sistema di assistenza sanitaria privata basato su assicurazioni, è molto peggiore. Non solo è risultato indisponibile per mesi negli Stati Uniti un numero sufficiente di kit per i test, ma il costo dei test e delle cure è rimasto proibitivo per un vasto segmento della popolazione, particolarmente per i 30 milioni di non assicurati e i 44 milioni di sotto-assicurati. Questo significa che molti semplicemente non saranno in grado di permettersi di farsi controllare e curare, mettendo a rischio la salute e le vite proprie e altrui.

Entra prontamente nel quadro qui la differenza tra gli Stati Uniti da un lato e la Cina e la Corea del Sud dall’altro. I test e le cure per il coronavirus sono gratuiti in Cina, il che è stato cruciale per il successo del paese nel mettere sotto controllo l’epidemia. La Corea del Sud ha condotto test estesi, resi disponibili gratuitamente. I costi delle cure sono stati coperti dal governo e dalle compagnie di assicurazione.

L’importanza del settore pubblico, tuttavia, si spinge molto più in là

In tempi di crisi quale l’attuale, che è paragonabile alla guerra, la capacità delle economie di produrre (o quanto meno di procurarsi) e di distribuire cose diviene cruciale. Due generi di cose assumono particolare importanza:

  1. Beni essenziali che sono necessari per il sostentamento immediato delle persone. Essi includono cibo e farmaci e, a loro volta, le cose necessarie per produrli. Se ci sono grandi vuoti nell’offerta e distribuzione di queste cose, ci sarà una carestia. Se il vuoto è minore, ci saranno comunque molte morti non necessarie. Persino leader che altrimenti sono insensibili alle morti per fame sarebbero preoccupati per una tale eventualità durante una crisi, perché le tensioni sociali che potrebbero sorgere in conseguenza di ciò renderebbero più difficile superare la crisi, che si tratti una guerra o di una pandemia. Durante la Seconda guerra mondiale la Gran Bretagna ricorse al razionamento per risolvere questo problema. Il popolo dell’India fu spremuto per finanziare la guerra degli Alleati in Asia Orientale contro il Giappone e la conseguenza fu la Carestia del Bengala, che si prese la vita di tre milioni di persone.
  2. Il genere di cose che sono necessarie per superare la crisi. In tempi di guerra gli armamenti sarebbero i più cruciali tra esse. Nel caso della crisi del coronavirus la cosa principale sarebbero articoli quali respiratori, mascherine, disinfettanti per le mani, guanti e farmaci per curare i sintomi. Vasti vuoti nell’offerta di queste cose sarebbero disastrosi. Nel caso di una guerra tali vuoti potrebbero determinare la sconfitta. Nel caso di una pandemia letale, le persone potrebbero morire in gran numero, come vediamo oggi. Potremmo dire che questa è una specie di carestia industriale che contribuisce alle perdite, con paesi non in grado di produrre Unità di Cure Intensive (ICU), respiratori e mascherine abbastanza rapidamente in quantità adeguate e in molti casi di costruire ospedale e strutture di quarantena abbastanza rapidamente.

E’ in tale contesto che leader governativi che ideologicamente dissentono dall’intervento statale nell’economia sono visti assumere interventi diretti nell’ordinare a società private di produrre cose necessarie.

Così vediamo Donald Trump, che inizialmente si era opposto alla pressione per utilizzare la Legge sulla Produzione per la Difesa – una legge del tempo di guerra – mobilitare l’industria privata e alla fine utilizzare la legge per ordinare alla General Motors di produrre respiratori.

Il governo italiano ha ordinato al solo produttore di respiratori, Siare Engineering, di intensificare la produzione di respiratori per il paese, e ha inviato ingegneri e altro personale del ministero della difesa a contribuire alla produzione. La società ha cancellato tutti gli ordini dall’estero per produrre per il paese.

Paesi con un vasto settore pubblico, una robusta capacità industriale la capacità di intervenire efficacemente nel mercato sarebbero in considerevole vantaggio qui. E’ il caso della Cina, che la China State Construction Engineering al lavoro per costruire due ospedali d’emergenza di quarantena con una rapidità mozzafiato. Lo stato ha assicurato il flusso di prodotti quali grano, carne e uova nella provincia di Hubei mentre era sotto isolamento e ha coordinato la produzione e distribuzione di mascherine e di altri prodotti medici. Una volta che l’epidemia nel paese è stata posto sotto controllo, ha cominciato a fornire mascherine e attrezzature ICU ad altri paesi nel bisogno.

L’India, un vasto paese con un sistema di assistenza sanitaria debole, non ha abbastanza mascherine e strumenti di protezione personale (PPE) per i suoi operatori sanitari. Il numero di letti ICU e respiratori nel paese è molto basso. Per una popolazione di 1,34 miliardi, ha solo 31.900 letti ICU per pazienti di COVID-19, secondo dirigenti del Ministero della Sanità del paese. Per confronto, la Germania, con 82,8 milioni di abitanti, aveva 28.000 letti ICU a metà marzo.

Se il numero di pazienti di COVID-19 avesse un’impennata in India, gli ospedali e le loro cruciali strutture di assistenza sarebbero sopraffatti. Alla Bharat Electronic Limited, del settore pubblico, è stato chiesto di produrre 30.000 respiratori per soddisfare necessità urgenti. La Hindustan Lifecare (un’altra società del settore pubblico) e la Rail Coach Factory sotto le Ferrovie indiane produrranno respiratori. L’Ordnance Factory Board (OFB) del settore pubblico che il governo ha cercato in continuazione di indebolire in anni recenti sta ora producendo mascherine e tutte per strumenti di protezione personale (PPE). Ha anche sviluppato un prototipo di respiratore e ne sta preparando la produzione.

In India è lo stato del Kerala che ha fatto fronte alla pandemia nel modo più efficace. Nello stato governato dalla sinistra, che ha resistito alla politica di privatizzazioni spinta da successivi governi centrali, società del settore pubblico stanno producendo disinfettanti per le mani e guanti e hanno aumentato la produzione di farmaci essenziali. Kudumbashree, una grande organizzazione di collettivi femminili sostenuta dal governo con 4,5 milioni di membri, sta producendo mascherine, che il settore pubblico contribuisce a distribuire. Organizzazioni di massa di giovani e attivisti scientifici popolari stanno contribuendo producendo disinfettanti per le mani. Volontari hanno sostenuto un’iniziativa appoggiata dallo stato che ha sviluppato un apparato di respirazione che potrebbe liberare respiratori.

Non è che produrre mascherine, disinfettanti e guanti richieda una tecnologia avanzata. Ma è necessaria capacità industriale di sfornarne in gran numero, o almeno grandi organizzazioni di massa, organizzazioni di classe o collettivi che possano mobilitare persone per produrli. L’incapacità degli Stati Uniti persino di assicurare la fornitura di tali articoli spicca a questo riguardo. Quattro decenni di neoliberismo sembrano aver determinato non solo l’indebolimento di una capacità industriale utile a fini pubblici, ma anche lo svuotamento delle energie collettive.

Necessità di capacità di produzione e di controllo sociale su di esse

In breve, la lezione è che in tempi come questi una società ha bisogno di due cose:

  1. Ha bisogno di capacità di produzione. In un tempo di crisi, se un paese non ha la capacità industriale necessaria si troverà nei guai anche se avrà denaro per comprare se altri paesi che hanno le capacità produttive bloccassero le esportazioni dei beni richiesti. Questo è ciò che sta succedendo oggi a così tanti paesi, quali Italia e Serbia. (Nella folle frenesia di risorse ci sono state notizie di paesi che hanno offerto prezzi più elevati per comprare mascherine ordinate da altri paesi, e alcuni paesi che addirittura hanno sequestrato per sé delle spedizioni). Non solo è necessaria capacità industriale, ma è anche richiesta una certa capacità in eccesso in alcune aree cruciali. Come ha indicato recentemente l’esperto della sanità pubblica T. Sundararaman il sistema dell’assistenza sanitaria pubblica ha bisogno di avere capacità inutilizzata che gli consentirà di espandersi e far fronte al carico extra quando si presenti un’emergenza. La capacità industriale in eccesso in Cina, che spesso è considerata un problema (anche da osservatori favorevoli) è risultata utile, con il paese in grado di produrre beni essenziali non solo per soddisfare la propria domanda ma anche quella di altri paesi. Ma affidarsi alle forze del mercato non offre alcuna garanzia di accumulo di capacità industriale. Il genere di capacità di produzione accumulato senza pianificazione sarebbe un azzardo e può non coprire le necessità di un’emergenza quando si presenti. L’India, che aveva adottato una strategia di sostanziale pianificazione economica nei primi decenni dopo l’indipendenza, solo per abbandonarla nei decenni recenti, sta assistendo a questo oggi a suo rischio.
  2. La società, o lo stato come rappresentante della società, deve essere in grado di controllare le strutture produttive. Quando una crisi colpisce un paese con capacità di produzione nel settore privato, lo stato può invocare poteri d’emergenza per porla sotto controllo. Ma sarebbe un processo doloroso, specialmente in paese in cui il settore privato non è abituato ad assoggettarsi a disciplina. Considerata l’enorme influenze che le imprese hanno sullo stesso stato, quest’ultimo potrebbe tentare di tirare per le lunghe, dovendo invocare tali poteri d’emergenza, come si è visto negli Stati Uniti, e ciò potrebbe avere conseguenze disastrose. L’India ha il peggiore dei mondi possibili: il clientelismo è rampante, l’industrializzazione non è decollata (se a causa del clientelismo o nonostante esso non occorre ci intrattenga qui) e il settore pubblico è stato indebolito. Anche quando lo stato cerca di avere un ruolo più attivo, i suoi sforzi potrebbero essere minati da aziende private che agiscono nel proprio interesse egoistico di massimizzare i profitti. Questo si è visto negli Stati Uniti, dove società private si sono date a speculare sui prezzi, vendendo a 7 dollari mascherine normalmente vendute a 85 centesimi, inducendo il governatore dello Stato di New York a chiedere al governo federale di nazionalizzare l’acquisizione di forniture mediche. Ha affermato che il governo statunitense dovrebbe ordinare alle fabbriche di produrre, mascherine, grembiuli e respiratori; diversamente la situazione sarebbe impossibile da gestire. Anche l’uso statale di strutture private può essere costoso, come si è visto in Gran Bretagna, dove il Servizio Sanitario Nazionale sta pagando 2,4 milioni di sterline al giorno di affitto a ospedali privati per 8.000 letti.

Chiedere maggiori capacità di produzione nazionale che lo stato possa controllare significa che ogni paese dovrebbe essere lasciato a cavarsela da solo? Certamente no; nessun paese può produrre ogni cosa; paesi più piccolo lo troverebbero particolarmente difficile. Il commercio internazionale sarebbe necessario perché i paesi si procurino cose non sono in grado di produrre da soli. Ma come mostrano gli sviluppi dei mesi recenti, il regime odierno degli scambi non ha nulla a che vedere con la solidarietà e non offre alcuna garanzia che i paesi siano in grado di accedere a beni durante un’emergenza. Questo non è un caso. L’assenza di solidarietà è incorporata nel modo in cui il capitalismo si è sviluppato con il grosso della ricchezza del mondo concentrato nelle mani di pochi paesi e all’interno dei paesi nelle mani dei super-ricchi. Questo sistema deve essere ristrutturato perché emerga un regime di solidarietà. La produzione e i suoi frutti meno concentrati in alcune regioni del mondo e nelle mani di una minoranza aprirebbero la strada a relazioni di potere meno disuguali, il che è una precondizione di una solidarietà reale tra persone è società.

Accanto all’assistenza sanitaria socializzata, un immediato stop alle privatizzazioni e un settore pubblico più forte ed esteso dovrebbero far parte delle richieste transizionali della sinistra, mentre cerchiamo una via d’uscita dalla crisi della pandemia.

Questo articolo è stato prodotto da Globetrotter, un progetto dell’Independent Media Institute.

Subin Dennis è un economista e ricercatore del Tricontinental: Institute for Social Research. E’ stato vicepresidente dello stato di Delhi della Federazione Studentesca Indiana.

da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/why-its-going-to-be-much-harder-for-neoliberals-to-prevent-government-spending/

Originale: Independent Media Institute

Traduzione di Giuseppe Volpe

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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