Cape Town, South Africa - 6 April 2020 : Empty streets and stay home sign in Cape Town during the Coronavirus lockdown

La diffusione dell’epidemia nel continente è per ora solo moderata. Ma si teme un’esplosione che potrebbe mettere in ginocchio molti Stati

Di Andrea Barolini

Lavarsi le mani. Un gesto semplice, banale. Ma che di fronte all’epidemia di coronavirus può salvare delle vite. Semplice e banale, però, soltanto per una quota della popolazione mondiale. In Africa, nelle bidonville che circondano le megalopoli, dove l’accesso all’acqua è una rarità, rispettare le norme igieniche di base per contrastare la pandemia può risultare semplicemente impossibile.

È anche per questa ragione che la United Nations Economic Commission for Africa (UNECAha diffuso previsioni nefaste sulle sorti del continente. «Il Covid-19 ucciderà almeno 300mila persone». Per evitare una catastrofe, servono urgentemente fondi: «Almeno 100 miliardi di dollari». Senza di essi, non sarà possibile fornire una risposta adeguata. E senza di essa «si potrebbe arrivare a 1,2 miliardi di africani contagiati dal coronavirus. E 3,3 milioni di morti solo quest’anno».

Il coronavirus in AfricaIn Burkina Faso, il 27% della popolazione non ha acqua potabile

In Burkina Faso, almeno il 27% della popolazione è privo di un accesso all’acqua potabile. E il 60% non può contare su infrastrutture sanitarie, secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’Unicef. Un problema enorme, se si considera che un terzo della popolazione urbana del Pianeta vive in bidonville sovrappopolate. «L’abitazione – ha spiegato Leilani Farha, relatrice speciale delle Nazioni Unite sul Diritto alla casa – è diventata la prima forma di protezione di fronte al coronavirus. Mai come oggi il domicilio personale ha rappresentato una questione di vita o di morte».

È per queso che, da settimane, gli esperti di tutto il mondo hanno lanciato l’allarme: in caso di ampia diffusione del Covid-19 in Africa, si rischia una catastrofe. Umanitaria, sanitaria ed economica.

Per ora i contagi nel continente aumentano, ma le cifre restano lontane da quelle europee. Secondo i dati aggiornati alla metà di aprile, sono infatti circa 15.000 i contagi (quelli ufficiali) e circa 700 i morti. Il coronavirus ha inoltre colpito 52 delle 54 nazioni africane: a salvarsi, per ora, sono soltanto l’arcipelago delle Comore e il regno del Lesotho.

Soltanto 5mila tamponi in Nigeria, a fronte di 190 milioni di abitanti

Al contrario, i Paesi nei quali si registrano più casi sono quelli dell’Africa subsahariana. Il Sudafrica, in particolare, ha superato i duemila contagi confermati. Dall’altra parte del continente però, la situazione assomiglia allo stesso modo a una pentola in ebollizione: in Algeria i morti sono 293 e i contagi ufficiali più di 1.900.

«Negli ultimi quattro giorni abbiamo registrato un raddoppio delle cifre», ha ammonito giovedì 9 aprile Michel Yao, responsabile dell’Africa in seno all’OMS. Secondo il quale «alcune nazioni potrebbero molto presto andare incontro a dei picchi».A Flourish data visualisation

Impossibile, inoltre, affidarsi ai tamponi. Il sistema sanitario del Sudafrica ha affermato di aver effettuato finora 73mila test. Una quota estremamente bassa rispetto ai suoi 57 milioni di abitanti. «Assolutamente troppo poco», ha commentato il ministro della Salute Zweli Mkhize.

“Rischio 450mila contagi a inizio maggio in Africa”

E la sua nazione è perfino un caso virtuoso. Basti pensare che in Nigeria sono stati effettuati finora soltanto 5mila tamponi su 190 milioni di abitanti. Parlando al quotidiano francese Le Monde, un medico di Lagos ha confermato: «Il sistema di screening è completamente saturo. E non sappiamo neppure se i risultati dei test siano affidabili o meno».

Uno studio scientifico della London School of Hygiene and Tropical Medicine indica inoltre che il numero di contagi in Africa potrebbe arrivare a 450mila unità di qui all’inizio di maggio. Le vittime dirette potrebbero essere decine di migliaia, senza contare gli effetti secondari della patologia. Un membro del gruppo di ricerca – Carl Pearson, citato dal quotidiano The East African – ha ipotizzato «ripercussioni negative su tutti i sistemi sanitari». Ciò con «l’interruzione dei trattamenti per i pazienti non affetti da Covid-19 e il blocco delle campagne di prevenzione, a partire dai vaccini».

«La spallata finale» ai regimi più fragili dell’Africa

Secondo il rapporto “Covid-19 in Africa” della fondazione Mo Ibrahim, infatti, 9 delle 10 nazioni con i peggiori sistemi sanitari del mondo sono situate proprio in Africa. È il caso, ad esempio, di Ciad, Niger e Mali. Ma anche della Guinea, il cui presidente Alpha Condé, 82enne, ha “strappato” di recente un nuovo mandato. Provocando manifestazioni di protesta e incidenti diplomatici internazionali. E sono proprio le ripercussioni politiche connesse al coronavirus ad inquietare gli esperti di Africa.

Un rapporto del Centro di analisi, previsioni e strategia del ministero degli Esteri francese, i cui contenuti sono stati rivelati dal quotidiano La Tribune, preconizza «un’ondata di shock» nel continente. Il coronavirus potrebbe rappresentare, indica il documento, «la spallata finale apportata ad una serie di apparati statali». La crisi potrebbe infatti «abbattere alcuni regimi fragili (nel Sahel) o logori (in Africa centrale)».

Gli africani: giovani, ma non per questo in buona salute

«Ma l’età degli africani potrebbe salvare il continente», è stato affermato. Solo in parte, in realtà. Perché, sebbene l’età media sia effettivamente particolarmente bassa, la popolazione più giovane del mondo non risulta necessariamente la più in salute. Lo stesso rapporto della fondazione Mo Ibrahim ricorda ad esempio che «tra i 25 Paesi al mondo più colpiti da malattie respiratorie, 22 sono africani».

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Il coronavirus non risparmierà la popolazione dell’Africa per via dell’età media particolarmente bassa, secondo gli esperti. Benché giovani, infatti, gli abitanti del continente più povero della Terra non godono mediamente di buona salute © Bruce Emmerling/Pixabay

Sono particolarmente elevati, infatti, i casi di asma, malattie croniche polmonari, polmoniti, tubercolosi o sindromi respiratorie legate all’HIV. Il che rende la popolazione africana vulnerabile nonostante la giovinezza.

In Africa in arrivo la prima recessione in 25 anni

I rischi, infine, sono di ordine economico. L’Africa, infatti, potrebbe risvegliarsi dalla crisi del coronavirus con una recessione epocale del prodotto interno lordo. Il 9 aprile un’analisi delle Banca Mondiale ha spiegato che il continente rischia una pesante crisi alimentare. «Il mondo non ha vissuto nulla di simile – ha spiegato il capo economista per l’Africa dell’organismo internazionale, Albert Zeufack – dai tempi della Seconda Guerra mondiale.

Il Pil nella zona subsahariana, in particolare, dovrebbe passare dal +2,4% del 2019 ad una profonda recessione nel 2020. Compresa tra un -2,1 e un -5,1%, in funzione dei differenti scenari ipotizzati. Si tratterebbe della prima contrazione, nella macro-regione, da 25 anni a questa parte. Le nazioni più colpite saranno, sempre secondo la World Bank, il Sudafrica, l’Angola e la Nigeria. Con contrazioni comprese tra il 6 e il 7%. Al contempo, la produzione agricola potrebbe subire un sensibile calo (tra il 2,6 e il 7%).

Oxfam: rischiamo mezzo miliardo di nuovi poveri

Per questo decine di Ong umanitarie hanno lanciato un appello proprio alla Banca Mondiale (e al Fondo Monetario Internazionale). Chiedendo di «annullare immediatamente i pagamenti di capitale ed interessi» da parte delle nazioni che hanno contratto debiti con i due organismi. Il 15 aprile, il G20 ha accolto la proposta, sospendendo i pagamenti da parte delle nazioni più povere.

La situazione è infatti potenzialmente drammatica: l’associazione Oxfam ha avvertito che il coronavirus potrebbe far scivolare sotto la soglia di povertà mezzo miliardo di persone in tutto il mondo. Mentre, secondo l’Unione africana, il continente «rischia di perdere 20 milioni di posti di lavoro».

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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