Antonio Bolívar


Francesco Cecchini


Lo scorso giovedì 30 aprile è morto nella città di Leticia, Amazzonia colombiana, all’ età di 75 anni, Antonio Bolívar, protagonista del film El abrazo de la serpiente, che fece conoscere al mondo il suo gruppo etnico. Antonio Bolívar era uno degli ultimi saggi tradizionali del popolo ocaina.
Dal 2015 Bolívar ha fatto parte di una scuola di comunicazione per i popoli indigeni della macro-amazzonia, dove ai giovani della regione viene insegnato a realizzare prodotti audiovisivi. Era divetanto esperto di comunicazione con le comunità indigene nel campo dei media audiovisivi e radiofonici. La responsabile nazionale della Comunicazione dei Popoli Indigeni della Macro-Amazzonia, Nelly Kuiro, così lo ricorda: “Era il nostro più grande alleato, nostro studioso della scuola, nostro consigliere e studente. Era una persona nobile, molto vicina alla gente, molto amata dagli anziani e dai giovani della scuola. Era molto felice perché quest’ anno abbiamo iniziato un processo per recuperare le nostre diverse lingue che rischiano di scomparire. La sua morte ci lascia con un grande vuoto.”
Il Ministero della Cultura e il Festival Internazionale de Cinema e Ambiente dell’ Amazionia hanno manifestato dolore per la scomparsa di questo rappresentante della cultura e delle tradizioni dei popoli ocaina e huitoto.
Della morte di Antonio Bolivar ha informato anche Ciudad Lunar, il produttore del film El abrazo de la serpiente, creata da Cristina Gallego, produttrice, e da Ciro Guerra, regista, che ha dichiarato: Siamo grati alla vita di Don Antonio, visionario, pioniere, sopravvissuto e cantastorie delle più belle storie amazzoniche, simbolo di orgoglio per le popolazioni indigene della Colombia e di tutta l’Amazzonia, che con la sua voce ha ispirato e risvegliato lo spirito e la coscienza di migliaia di spettatori e artisti in tutto il mondo “.
Ciudad Lunar ha inoltre fatto un appello alle autorità perché prendano cura delle popolazioni indigene, che stanno soffrendo la pandemia del COVID-19.
Il dipartimento di Amazona ha riportato la sua prima infezione da coronavirus il 17 aprile e da allora i casi sono aumentati rapidamente e, secondo il Ministero della Salute, ce ne sono già 104. Il numero crescente di infezioni è preoccupante perché è un dipartimento con una piccola popolazione, vicino a 80.000 abitanti, per lo più indigeni, che è isolato dal resto del paese poiché è accessibile da Bogotá solo per via aerea e ha un infrastruttura sanitaria minima.
Inoltre l’ ospedale di Leticia è abbastanza precario in termini di sicurezza medica e di cure. non è in grado di affrontare l’ emergenza della pandemia.
Gli indigeni Ocaina stanno scomparendo e il COVID-19 potrebbe essere il colpo di grazia.
Gli indigeni della Colombia sono quasi due milioni, il 4,4 % dell’ intera popolazione.
Recentemente i vescovi dell’ Amazzonia e dell’Orinoquia colombiana hanno avvertito che se il numero di infezioni e di morti per coronavirus continuano ad aumentare, potrebbe verificarsi un etnocidio, specialmente tra i popoli isolati. Di fronte all’ avanzamento della pandemia i vescovi di queste regioni chiedono urgentemente alle autorità e a tutti i cittadini di agire in modo efficace e responsabile nel prendere cura della popolazione, tenendo conto delle condizioni e delle limitazioni che vi sono in questi territori.

Indigeni dell’ Amazonia colombiana


Cristina Gallego produttrice di Ciudad Lunar ha scritto un lettera, Addio al Nonno Bolívar, per rendergli omaggio e rendergli omaggio e ricordare il loro incontro e collaborazione nel film El abrazo de la serpiente.
Il link con la lettera è il seguente:
https://headtopics.com/co/directora-cristina-gallego-rinde-homenaje-a-antonio-bol-var-elespectador-com-12787580
Nel flim, acclamato dalla critica, nominato per il miglior film in lingua straniera agli Oscar 2016 e vincitore del Festival del cinema di Cannes nel 2015, Antonio interpreta il ruolo dello sciamano Karamakate . Questo film di Ciro Guerra è un ritratto dell’Amazzonia girato in lingue indigene e basato sui diari di esplorazione di due europei,
Antonio non voleva partecipare al film. Anni fa, fu convinto, insieme ad altre persone di Leticia, a registrare un cortometraggio documentario, che alla fine fu molto impegnativo, ma non pagarono ciò che era stato promesso e quindi aveva deciso di non partecipare più a documentari o film . Tuttavia, qualche tempo dopo, quel documentario fu visto Ciro Guerra a Bogotà, che di cercare Antonio Bolívar per farlo recitare nel film.
Il fim racconta l’ epica storia del primo contatto, incontro, ravvicinamento, tradimento e possibile amicizia che trascende la vita, tra Karamakate, uno sciamano amazzonico, l’ultimo sopravvissuto della sua tribù e due scienziati che, a quarant’anni di distanza, viaggiano in Amazzonia alla ricerca di una pianta sacra in grado di curare. Ispirato ai diari di due primi esploratori che hanno viaggiato nell’Amazzonia colombiana, Theodor Koch-Grunberg e Richard Evan Schultes.
Il link con il film completo con sottotili in spagnolo è il seguente:

https://m.youtube.com/watch?v=CZOxv4x08vc

Immagine del film El abrazo de la serpiente


ANTONIO BOLIVAR UNA VITA NELLA SELVA AMAZZONICA.
Apparteneva all’ etnia indigena ocaina, che sta per scomparire. Parlava, oltre alla lingua madre del suo gruppo etnico, lo spagnolo, il portoghese, l’ uitoto e un pò di tikuna. Nacque a La Chorrera, Amazzonia, ma visse per lo più a Leticia, vicino ai suoi figli, in una routine che lo portava ad alzarsi verso le quattro del mattino, a dedicare buona parte della giornata alla coltivazione della terra, yucca, ananas, peperoncino, lulo, canna, guava e chontaduro, che mangiava, vendeva, ma anche condivideva con i vicini. Si sposò molto giovane ma presto divenne vedovo. Si risposò ed ebbe figli; Il più grande, che ha già più di 50 anni, ha avuto una piccola parte all’inizio di “L’abbraccio del serpente”. Ne aveva altri tre, ma uno di loro è stato ucciso qualche anno fa a Bogotà. La conoscenza giungla era unica, e parlava sempre dell’ importanza di proteggerla e prendersi cura di essa. Aveva ripetto per il dio della giungla, a cui deve essere chiesto il permesso per qualsiasi azione al suo interno, dalla rimozione di una corteccia, una radice o un fiore. Gli piaceva parlare agli alberi, sul loro potere e mistero, mentre li accarezzava.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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