Il parlamento iracheno ha dato il via libera al nuovo governo, sei mesi dopo la caduta dell’esecutivo guidato da Adil Abd al-Mahdi, formatosi in seguito ai risultati delle elezioni del 12 maggio 2018. Le contrattazioni tra le forze politiche si sono rivelate particolarmente ostiche, ma alla fine il ruolo di primo ministro è stato assegnato a Mustafa al-Kadhimi, già capo dell’intelligence irachena ed ex giornalista, anche se il suo governo inizierà i lavori senza una squadra di ministri al completo, visto che i partiti che sosterranno al-Kadhimi non sono ancora giunti ad un accordo definitivo.

Il governo di al-Mahdi era precedentemente caduto sotto la pressione delle proteste popolari dello scorso anno, ed il nuovo premier ha promesso di voler fare chiarezza sui numerosi incidenti che si sono verificati nel corso delle manifestazioni, nelle quali si sono registrati anche diversi morti. Al fine di guadagnare il voto di fiducia, al-Khadimi ha dovuto accettare diversi compromessi con i partiti che compongono il parlamento iracheno, il Consiglio dei Rappresentanti (Majlis un-Nuwwâb al-‘Irāqiyy), rinunciando ad alcuni suoi uomini di fiducia per assegnare i ministeri a rappresentanti delle diverse forze politiche. Il nome di al-Khadimi è stato proposto dal presidente Barham Salih, al quale il nuovo premier è particolarmente vicino, dopo che due altri candidati erano stati respinti dal parlamento, tra i quali Adnan Zurfi, particolarmente inviso al governo iraniano.

La votazione per la fiducia al nuovo governo è stata boicottata dai partiti che non hanno ottenuto ministeri, come la Coalizione dello Stato di Diritto (I’tilāf Dawlat al-Qānūn) di Nouri al-Maliki e la Coalizione Nazionale (Al-Wataniya) di Ayad Allawi. Diversi partiti secolaristi e sunniti hanno protestato in quanto il nuovo governo sarebbe di netto orientamento sciita, anche se il nuovo primo ministro in realtà è il primo uomo dopo Saddam Hussein a ricoprire questo incarico senza venire direttamente dagli ambienti dell’Islam politico.

Il governo di al-Kadhimi si trova ora ad affrontare un’imminente crisi economica provocata dalla pandemia da nuovo coronavirus e dal contemporaneo crollo del prezzo del petrolio, la principale fonte di entrate dell’Iraq. “Questo governo è arrivato in risposta alle crisi sociale, economica e politica che il nostro Paese sta affrontando“, ha detto al-Kadhimi giovedì al cospetto dei legislatori. “È un governo che fornirà soluzioni, non acuirà le crisi“. Inoltre, il nord del Paese resta vittima delle scorribande organizzate da gruppi terroristici legati all’ISIS. La crisi petrolifera potrebbe portare a forti tagli nei salari e nel personale dell’apparato pubblico, il che potrebbe causare nuove tensioni e proteste nella popolazione, visto che il governo è il principale datore di lavoro del Paese. L’unica consolazione per il nuovo premier è che l’epidemia da nuovo coronavirus sembra essere ancora contenuta in Iraq, con solamente 2.600 casi positivi e 104 morti, numeri nettamente inferiori al vicino Iran, che in queste ore ha superato i 100.000 contagi.

Nei prossimi giorni, al-Kadhimi dovrà decidere quando consentire alle compagnie aeree straniere di riprendere i voli per l’Iraq, una mossa importante per gli affari, ma che potrebbe anche essere pericolosa per il contenimento dell’epidemia. Già da aprile, l’Iran ha richiesto alle autorità irachene di riaprire il confine tra i due Paesi, ma Baghdad ha per ora rifiutato, dopo averne decretato la chiusura l’8 marzo. L’Iraq rappresenta per l’Iran un mercato importante per l’esportazione di prodotti agricoli, materiali da costruzione, prodotti lattiero-caseari e pesce d’allevamento, e la chiusura del confine ha acuito le difficoltà della Repubblica Islamica nel contenere la crisi economica.

In termini di politica internazionale, la scelta di al-Khadimi è stata salutata favorevolmente dagli Stati Uniti, con il segretario di stato Mike Pompeo che ha telefonato direttamente al nuovo primo ministro di Baghdad. La stampa nordamericana, come nel caso del New York Times, ha esplicitamente affermato che il cinquantatreenne al-Khadimi era il candidato sostenuto da Washington, ma che è considerato anche come una figura accettabile per l’Iran, visto anche l’orientamento sciita del suo governo. Un compromesso importante, dopo che ad inizio anno le schermaglie tra Stati Uniti e Repubblica Islamica hanno coinvolto proprio l’Iraq, arrivando a sfiorare l’inizio di uno scontro armato diretto: “Al-Kadhimi ha poca esperienza in politica e nel suo lavoro di capo dell’intelligence ha lavorato principalmente dietro le quinte. Ciò potrebbe funzionare a suo vantaggio, dal momento che non ha un profilo pubblico su cui le persone possano obiettare. Ma è difficile sapere esattamente come bilancerà le spinte e le spinte dei governi iraniano e degli Stati Uniti”, ha scritto Alyssa J. Rubin sul più importante quotidiano newyorchese. Sembrerebbe che l’amministrazione statunitense abbia promesso importanti aiuti economici al Paese mediorientale in caso di elezione di al-Khadimi alla guida del governo.

Come primo “premio” per l’elezione di al-Khadimi, Donald Trump ha concesso all’Iraq un’ulteriore esenzione di 120 giorni per l’importazione di prodotti petrolchimici iraniani, prolungando dunque la deroga alle sanzioni imposte alla Repubblica Islamica – seppur solamente per l’Iraq. Gli Stati Uniti avevano infati concesso all’Iraq una prima deroga di trenta giorni il 26 aprile, che sarebbe dovuta scadere il 26 maggio. Ciò consentirà a Baghdad di continuare ad acquistare il gas iraniano che permette di generare quasi i due terzi dell’elettricità utilizzata nel Paese. Il presidente statunitense e la sua amministrazione lo hanno presentato come un gesto di cortesia nei confronti dell’Iraq, a noi invece sembra comunque raccapricciante che il presidente di uno stato terzo possa prendere decisioni sulle sorti dei commerci tra altri due Paesi: ciò dimostra solamente che, in seguito all’invasione armata del Paese con il fine di deporre Saddam Hussein, gli Stati Uniti hanno istituito una sorta di protettorato ufficioso sull’Iraq, trasformato in un’utile campo base per risolvere le dispute con l’Iran.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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