Tazebao che ha proclamato lo sciopero


Francesco Cecchini


Lo scorso 8 maggio alla Elecrolux di Susegana, una delle fabbriche più grandi del triveneto, vi è stato uno sciopero spontaneo contro l’ uso delle mascherine imposto dalla direzione aziendale. La multinazionale svedese ha distribuito le mascherine FFP2, con capacità filtrante del 96% e FFP 3 con capacità filtrante del 98%, che di solito si usano negli ospedali. A respirare con questo tipo di mascherine si fatica e si suda e l’ Electrolux non concede pause per respirare, perché tempi di produzione non lo permettono.
Augustin Breda, leader storico della Rsu Fiom ha dichiarato in merito: “Qui c è molta ignoranza sindacale e furbizia aziendale, che hanno provocato problemi seri ai lavoratori. L’ uso di quella mascherina, se pur inutilmente si vuole adottare, doveva essere contemperata con compensazioni quali frequenti momenti di stop lavorativi per permettere ossigenazione dei polmoni degli operai. Poi è chiaro che l essere umano una via alla sopravvivenza la trova sempre. Infatti durante il lavoro gli operai delle catene di montaggio mettono la mascherina sotto il naso, spostata a destra o sinistra sotto il mento, per indossarla poi al passaggio del controllo. Ovviamente non conta nulla.

16/06/2017.Susegana. sciopero electrolux solidarietà ad Augustin Breda © Paolo Balanza – 16/06/2017.Susegana. sciopero electrolux solidarietà ad Augustin Breda – fotografo: Paolo Balanza

Augustin Breda
Anche Giorgio Cremaschi, ex presidente del Comitato Centrale della FIOM e ora portavoce nazionale di Potere al Popolo, è intervenuto: Le mascherine FFP2 e 3 sono le sole che garantiscano una buona protezione dal contagio COVID e sono i soli veri DPI, dispositivi di protezione individuale, da adottare nei luoghi di lavoro dove ci sia affollamento. Cè però un ma. Provate a indossare una di queste mascherine e poi fate unora di corsa o di esercizi fisici faticosi, magari al caldo… La grande maggioranza di voi non ce la farà, ben prima della fine dellora sentirà soffocamento, irritazioni, fatica supplementare e verrà colta dal bisogno irresistibile di strapparsi la mascherina dal volto e respirare liberamente. Alla Electrolux di Susegana, Treviso, come in tanti lavori ripetitivi, faticosi e stressanti, questo peso che a noi pare insopportabile in unora ne dura sei. Durante le quali le operaie e gli operai della catena di montaggio producono a ritmo frenetico, con operazioni che durano meno di un minuto e poi devono essere ripetute eguali. La direzione aziendale ha adottato tutte le misure di sicurezza previste per impedire il contagio, ma ha rifiutato di discutere con i delegati sindacali tutto ciò che riguarda la maggiore fatica degli operai. Non si respira in capannoni sempre più caldi ore e ore al ritmo della catena. La soluzione sarebbe semplicissima: abbassare il ritmo del lavoro, aumentare le pause, produrre di meno e poi magari assumere più persone per dividere meglio il peso della fatica. Guai mai, la direzione Electrolux, dal chiuso delle stanze ben climatizzate, dove comunica con i dipendenti via video, ha respinto ogni discussione in merito. E allora giustamente i delegati di fabbrica hanno proclamato lo sciopero, cui gli operai hanno aderito in massa. La stampa lo ha chiamato lo sciopero delle mascherine, facendo capire che si trattasse di uno sciopero irresponsabile verso unazienda che in fondo sarebbe in regola con le protezioni dal contagio. Non è facile abituarsi, aderiscono al volto e, se le temperature in catena di montaggio salgono — e a Susegana quellimpianto non è mai stato un modello di climatizzazione — si suda più del solito. Nei giorni scorsi perciò le Rsu e i rappresentanti della sicurezza avevano chiesto di poter lavorare con quelle di tutti gli altri operai dItalia o, almeno, di avere qualche pausa in più per «riprendere fiato». Ottenendo però risposte negative perché se si deve fabbricare un frigorifero ogni 42 secondi i tempi sono già tarati in modo non modificabile…”

Giorgio Cremaschi
Lo sciopero spontaneo ha trovato d’ accordo le Rappresentanze sindacali interne, ma il parere contrario delle segreterie provinciali FIOM e UILM. La polemica tra Botter, segretario provinciale FIOM e Breda è stata dura. “Un segretario Fiom che non ha mai lavorato con mascherina sotto il ritmo imposto dai padroni, cosa può capire di ciò che significa, per un lavoratore, sudare in catena di montaggio? E questo il lavoratore che sta davvero male e che va rispettato.” Ha dichiarato polemicamente Breda.
In pratica FIOM e UILM hanno accettato sostanzialmente il punto di vista aziendale pur affermando che la direzione è disposta a introdurre delle pause aggiuntive durante il turno di lavoro per poter permettere ai lavoratori di ossigenarsi e abbassare il livello di stress, e al contempo di valutare l’utilizzo di mascherine meno impattanti, ma che garantiscano uguali livelli di protezione. E’ da vedere se questo realmente avverrà.
La mancanza di unità ha condizinato lo sciopero che ha coinvolto non il 100% dei lavoratori, ma il, pur significativo, 36%.
In ogni caso restano valide le ragioni che Giorgio Cremachi ha articolato nel suo intervento, dicendo basta con un sistema ove si organizza il lavoro senza sentire gli operai; la sanità ignorando medici ed infermieri; e la scuola lasciando alloscuro insegnanti studenti famiglie; e leconomia organizzandola contro le persone e l ambiente.
Queste ragioni possono essere la base per future mobilitazioni all’ Electrolux, in altre fabbriche e nel territorio.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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