Gli accordi internazionali non piacciono affatto a Donald Trump: dopo gli Accordi di Parigi sul clima, quello sul nucleare iraniano o più recentemente il trattato sui Cieli Aperti (Open Skies), il presidente statunitense sembra intenzionato a lasciare i due trattati più importanti che regolano la proliferazione nucleare. Si tratta del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, firmato nel 1996 a New York e che vede la firma di 155 stati, ed il New START (New STrategic Arms Reduction Treaty), il più recente accordo bilaterale tra Russia e Stati Uniti sulla tematica, stipulato a Praga nell’aprile del 2010.

Il pericolo di un conflitto nucleare in grado di distruggere l’intero pianeta ed il genere umano non è mai completamente tramontato sin dall’inizio della guerra fredda. Ad oggi, gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad aver utilizzato le armi nucleari contro un nemico, in occasione del doppio bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, al termine della seconda guerra mondiale. Gli ordigni furono allora lanciati contro un Giappone in ginocchio e già pronto alla resa, rappresentando più che altro un avvertimento nei confronti dell’Unione Sovietica. Il confronto tra le due superpotenze era infatti iniziato già il 24 luglio 1945 alla conferenza di Potsdam, quando il presidente Harry Truman informò velatamente Stalin del successo ottenuto con l’esperimento atomico di Alamogordo. Il leader sovietico non si lasciò impressionare: i suoi servizi segreti gli avevano già comunicato l’accaduto, e si limitò ad ordinare al ministro degli esteri Vjačeslav Molotov un’accelerazione del programma nucleare sovietico.

Il 29 agosto 1949, l’Unione Sovietica testò la propria bomba atomica a fissione al plutonio, presso di Semipalatinsk, in Kazakistan. Gli Stati Uniti persero così nell’arco di quattro anni il monopolio delle armi atomiche: allo stesso tempo, il possesso di armi atomiche da parte di entrambe le superpotenze generò uno stato di tensione continua, ma fu anche un deterrente capace di evitare un conflitto armato diretto tra i due Paesi fino alla dissoluzione dell’URSS, risparmiandoci una probabile terza guerra mondiale. Nel frattempo, il Regno Unito realizzò il suo primo test nucleare nel 1952, seguito dalla Francia (1960) e dalla Cina (1964).

Nel 1991, il presidente statunitense George H.W. Bush ed il leader sovietico Mikhail Gorbachev firmarono il trattato START (Strategic Arms Reduction Treaty), che per la prima volta poneva dei limiti numerici agli armamenti delle due superpotenze. Al momento della dissoluzione dell’URSS, il trattato venne ereditato dalla Russia, mentre Bielorussia, Ucraina e Kazakistan decisero di rinunciare del tutto al proprio arsenale nucleare. Il trattato impedì ai suoi firmatari di disporre di più di 6.000 testate nucleari, distribuite su un massimo di 1.600 tra missili balistici intercontinentali (ICBM) e bombardieri strategici.

Il trattato START si era reso necessario per l’eccessiva proliferazione nucleare che si era verificata negli ultimi anni. Se, nel 1955, gli Stati Uniti disponevano di 2.422 testate nucleari e l’Unione Sovietica di sole 200, nel 1985 le due superpotenze erano arrivate rispettivamente a quota 21.395 e 39.197, con Mosca che era riuscita a scavalcare Washington dalla fine degli anni ’70. Il trattato START ha permesso a Stati Uniti e Russia di smantellare gran parte del proprio arsenale nucleare, anche se ancora oggi nessuno dei due Paesi si trova sotto il limite delle 6.000 testate: secondo le stime più recenti, gli Stati Uniti ne posseggono 6.185, la Russia 6.500. Dal momento della firma, comunque, le due principali potenze nucleari del mondo hanno complessivamente provveduto a ridurre il proprio arsenale nucleare dell’80%.

Il trattato START, poi ribattezzato START I, è stato seguito da altri accordi bilaterali sull’argomento. Nel 1993, ancora Bush ed il presidente russo Boris Eltsin firmarono al Cremilino lo START II, che bandiva sistemi di trasporto e lancio multiplo di testate. Entrambi i Paesi, però, si ritirarono dall’accordo, che venne poi sostituito dal SORT (Strategic Offensive Reductions Treaty), noto anche come trattato di Mosca, firmato il 24 maggio 2002 da Vladimir Putin George W. Bush. Il SORT prevedeva la riduzione del numero di testate nucleari entro il 31 dicembre 2012. Infine, l’8 aprile 2010, Barack Obama Dmitrij Medvedev hanno firmato a Praga il già citato New START, che prevede un limite di 1.550 testate nucleari per le due parti firmatarie.

Al di là degli accordi, come abbiamo visto, Stati Uniti e Russia dispongono ancora oggi di un numero di testate nucleari ben superiore al limite, pari nel complesso al 90% delle armi esistenti nel mondo. La Francia, il terzo Paese più fornito, ne possiede 300, seguita dalle 290 della Cina e dalle 215 del Regno Unito. Tenendo conto di questi dati, sembra quindi assurda la richiesta di Donald Trump di stipulare un nuovo accordo che includa anche la Cina: paradossalmente, se la Cina dovesse entrare a far parte del New START, il governo di Pechino sarebbe autorizzato a produrre 1.260 testate nucleari, fino al raggiungimento del limite di 1.550.

Di paradossi, nella storia delle armi nucleari, ve ne sono molti altri. Come abbiamo già detto, ad oggi gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad aver usato questo tipo di armi contro un Paese nemico, e più precisamente contro la popolazione civile. Gli stessi USA non hanno mai ratificato il trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, dal quale ora Donald Trump vorrebbe ritirarsi, mentre la Russia lo ha fatto. Così come appare del tutto assurdo che, nella retorica di Washington, il maggior pericolo venga dal piccolo numero di testate possedute dalla Corea del Nord, stimate tra le venti e le trenta.

Per inciso, il programma nucleare nordcoreano è nato come forma difensiva e di deterrenza in seguito agli avvenimenti della guerra di Corea (1950-1953), quando il generale statunitense Douglas MacArthur minacciò più volte l’uso delle armi atomiche per risolvere il conflitto, entrando in disputa con il presidente Harry Truman, che invece vi si opponeva, fino a quando lo stesso MacArthur non venne sollevato dal proprio incarico. La Corea del Nord ha effettuato nella propria storia solamente sei test nucleari, contro gli oltre mille degli Stati Uniti. Al contrario, ben poco viene detto sulle 90 testate nucleari possedute clandestinamente da Israele, visto che il governo dello stato ebraico ne nega lo stesso possesso (secondo alcune stime sarebbero addirittura 250) e non permette nessun tipo di ispezione da parte degli organismi internazionali competenti. Per quanto ne sappiamo, Israele è in possesso di armi nucleari almeno dal 1966, e non ha firmato nessun accordo che ne limita la produzione o l’utilizzo.

Gli Stati Uniti, infine, sono anche l’unico Paese che schiera armi nucleari sul territorio di altri Paesi, la maggioranza delle quali in Italia (40 testate) e Turchia (50). In Italia, infatti, si trovano ufficialmente testate nucleari presso le basi di Ghedi Torre, in Lombardia, ed Aviano, in Friuli Venezia-Giulia, ma tutto ci lascia pensare che ve ne possano essere altre segretamente nascoste tra le oltre cinquanta basi militari statunitensi presenti sul territorio nazionale.

In conclusione, gli Stati Uniti non si trovano nella posizione di dare lezioni a nessuno per quanto riguarda il possesso e l’uso di ordigni nucleari. Il sogno proibito di Washington sarebbe quello di tornare a possedere il monopolio delle armi atomiche, ma questo non avverrà mai. L’unica soluzione alla questione nucleare è la distruzione congiunta di tutti gli arsenali atomici del pianeta: in caso contrario, fino a quando alcuni Paesi continueranno a possedere questo tipo di armi, anche gli altri potranno considerarsi legittimati a produrne a scopo difensivo e di deterrenza, e non spetta certo agli Stati Uniti dispensare autorizzazioni in questo senso.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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