In migliaia sono scesi in piazza contro l’approvazione della Legge di Aiuto Umanitario e della Legge Finanziaria: entrambe istituiscono una ulteriore precarizzazione e flessibilità del lavoro. A Quito cariche e lacrimogeni della polizia.

Lo Stato ecuatoriano ha storicamente sostenuto i banchieri, gli esportatori, le grandi imprese e dal 2015 ha aperto le porte ai trattati di libero commercio, tanto che oggi l’agenda del paese si basa sulle decisioni disumane del Fondo Monetario Internazionale che dànno priorità agli interessi del capitale rispetto alla vita delle persone. Oggi la popolazione del paese si trova ancora più sprovvista di garanzie, con un livello di disoccupazione più alto, vivendo una condizione di totale incertezza rispetto al futuro.

Il paese del Buen vivir non riesce più nemmeno a garantire un buen morir per i più vulnerabili.

Gli studenti continuano la loro lotta per l’istruzione pubblica, mentre i lavoratori e le lavoratrici difendono la protezione sociale e i diritti del lavoro smantellati da questo governo. Le donne e le dissidenze sessuali resistono e lottano per una vita degna, per la distribuzione e la visibilità delle attività e dei lavori che sostengono la riproduzione della vita e per una vita libera dalla violenza machista.

I popoli e le nazionalità indigene sono in lotta per la difesa dei propri territori e contro la criminalizzazione della protesta. I contadini lottano contro l’agroindustria, rivendicano l’accesso alla terra e all’acqua che vengono accumulate in poche mani, rifiutano le speculazioni sui prezzi e denunciano l’abbandono statale. Organizzano scambi di risorse e alimenti, difendono l’agricoltura familiare e contadina che garantisce l’alimentazione per l’intero paese e assicurano l’approvvigionamento in quei paesi e villaggi dove lo Stato non garantisce alcun diritto.

I migranti, che con il loro lavoro portano avanti attività essenziali in piena pandemia, resistono al razzismo e alla xenofobia, all’incertezza legata alla propria condizione migratoria, alla precarizzazione e allo sfruttamento sul lavoro, creando reti di solidarietà per sostenersi a vicenda.

Nei  quartieri popolari si vive alla ricerca di soluzione economiche alla spoliazione delle risorse, si vive in condizioni di sovraffollamento, senza acqua corrente e con poche possibilità di entrate economiche per potersi garantire un piatto a tavola.

In piena pandemia, a fronte dello smantellamento dei diritti, la precarizzazione del lavoro, la corruzione che attraversa tutte le istituzioni, e l’abbandono delle istituzioni pubbliche, il popolo continua a lottare con dignità. Il popolo ecuatoriano non permetterà che le ricette del FMI autorizzino a saccheggiare il paese.

Mentre lo Stato cerca di imporre nuove misure neoliberali, le stesse che hanno scatenato le rivolte di ottobre, il popolo ecuatoriano scende in strada e risponde con dignità. Lo slogan delle piazze di ieri era chiaro: “Governo criminale, ottobre tornerà, la lotta popolare non si fermerà”.

In queste ultime settimane migliaia di lavoratori sono stati licenziati, mentre diverse imprese pubbliche saranno privatizzate. Il personale della sanità non ha né salari degni né protezioni per affrontare la pandemia. Il sistema sanitario è stato smantellando passo dopo passo, causando una delle situazioni più gravi al mondo in relazione al tasso di mortalità della Covid-19.

Questo 25 maggio sono scesi in piazza contro il governo in tutto il paese lavoratori, sindacati, donne, femministe, lesbiche, studenti, contadini, medici, docenti, artisti, pensionati. Tutti assieme con un solo slogan: “Solo il popolo salverà il popolo”.

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Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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