Una società spaventata, priva di punti di riferimento culturali, politici, ideologici. Priva di una serie di parametri che le permetterebbero di valutare criticamente quanto avviene. Si naviga a vista, ma velocemente, perché il vortice economico non consente indecisioni, dubbi, tentennamenti. Per questo, la fase della cosiddetta “riapertura” sta divenendo un vero e proprio boomerang di consensi per il governo, per Giuseppe Conte e persino per la Chiesa di papa Francesco: tutti crollano nella popolarità della gente perché, fuori dalla fase acuta dell’emergenza da Covid-19, l’aspettativa di risoluzione delle esigenze e dei bisogni è tanto fremente quanto burocraticamente lenta ne è la risposta.

A peggiorare il tutto, i rapporti interni alla maggioranza che ritornano turbolenti in vista dell’utilizzo o meno del MES: la ministra Bellanova annuncia che se ne farà ricorso anche col sostegno dell’opposizione berlusconiana; grillini e democratici sono di tutt’altro avviso. A ballare sulla crisi dei consensi e sugli scontri nell’esecutivo è, ovviamente, la destra sovranista di Lega e Fratelli d’Italia che reclama il ricorso alle urne già in autunno. Un pacchetto unico con un infausto giorno elettorale unico che metta insieme referendum sul taglio dei parlamentari, regionali e politiche. Chi ha più caos da proporre, si faccia avanti, la compagnia non manca.

Del resto, non esiste alcuna opposizione sociale e politica tanto al governo liberista in carica quanto alla minoranza parlamentare di estrema destra sovranista che, secondo i sondaggi, si avvicina alle metà dei consensi esprimibili col voto dall’elettorato italiano. La destabilizzazione dell’umore e del sentire collettivo di una parte non trascurabile del sottoproletariato del Paese viene poi diretta dai movimenti arancioni, dai fascisti del nuovo millennio.

Le date ci sono già: 20 e 21 settembre. Due giorni per votare praticamente su tutto, facendo partire le campagne elettorali e referendarie a fine agosto… Sogno o illusione di mezza estate che sia. Forse di fine estate e forse anche di fine governo Conte a seconda di quali saranno i risultati che verranno fuori dalle urne e tenendo anche conto del fatto che il tanto agognato “piano Colao” non prospetta niente di buono, almeno sul terreno prettamente sociale, ma farà piacere a molti fautori del mantenimento dei paradisi fiscali, dell’evasione fiscale e della deregolamentazione per l’aggiudicazione di appalti.

Comunque vada, l’ex amministratore delegato di Vodafone, pare uno dei manager più eccelsi, quindi più quotati al mondo, ha predisposto un testo dove spiccano sul capitolo “Imprese e lavoro” non una stabilizzazione dei contratti a termine ma la proroga dei medesimi per tutto il corrente anno 2020; si passa poi ad un vero e proprio colpo di spugna: la regolarizzazione del contante non dichiarato: circa 170 miliardi di somme sommerse a cui si affiancano 33 milioni di euro di evasione fiscale concernente l’IVA.

La dimostrazione che tutto questo denaro sommerso esiste, del resto, è facile da calcolare: basta comparare le banconote emesse dalle banche e quelle che sono state loro restituite in forma di depositi in conti correnti. Non corrispondono mai: le restituzioni eccedono rispetto alle immissioni nei confronti dei creditori. Qualcosa, dunque non torna.

Per riequilibrare il tutto, in tempi di pandemia, quindi laddove la giustificazione arriva bella e pronta, quale migliore strumento se non un condono per il “nero” attraverso una imposta sostitutiva e un obbligo consistente nel reinvestimento di parte della cifra in Italia. Il resto è tutta acqua ormai passata sotto ai soliti ponti della furbizia, della sottrazione al fisco di tasse dovute e che mai saranno riscosse.

Prendendo ancora in analisi un capitolo del “piano Colao“, le voci sono tante e invocano celerità per bisogni che effettivamente il Paese ha: si pensi al dissesto idrogeologico e alle tante male-gestioni pre e post-alluvioni che sono state trattate dalle cronache locali e nazionali così tante volte da permettere agli eventi atmosferici di stravolgere il significato delle parole grazie all’inadeguatezza che le medesime hanno assunto davanti all’imperizia nella gestione della tutela del nostro territorio.

Se piove, ormai ci si attende qualche smottamento di una certa entità e non semplicemente l’allagamento di una via. Ci si attende che qualche fiumiciattolo di provincia esondi e travolga interi paesi o che le spiagge, in preda alla furia delle onde del mare, si vedano erodere tutta la sabbia e lasciare come ricordo tonnellate di tronchi e di rifiuti: del resto, si sa, il mare restituisce sempre tutto…

Così, il “piano Colao“, prevede interventi in merito, e per un attimo sembrerebbe persino guardare ad un aspetto sociale ed ecologico, ad una tutela ambientale in quanto bene comune: ma nello stesso secondo capitolo del testo consegnato a Conte, il manager inserisce anche lo sviluppo di nuova fibra ottica, del tanto temuto 5G (i cui effetti nocivi restano ancora tutti da dimostrare, ma di sicuro non è un rimedio omeopatico per la salute cerebrale…) ma, fa sobbalzare l’idea proposta all’esecutivo – del resto per nulla nuova, richiesta a gran voce da una parte della maggioranza di governo – sulla semplificazione del “Codice degli appalti“. Una riscrittura pressoché totale su cui Colao però avverte Palazzo Chigi: non è cosa da potersi fare in breve tempo. Quindi niente promesse estive in merito…

Il tutto viene quindi rimandato sempre al settembre in cui la credibilità del governo rischia di crollare e, al contempo, avanzano proposte sempre meno sociali, scudi per capitali esportati e sottratti al fisco, condoni per le entrate non dichiarate, proroghe di contratti che non danno alcuna garanzia di continuità lavorativa al vasto mondo del precariato e sempre meno regole da seguire per gli imprenditori che vogliono aggiudicarsi degli appalti pubblici.

Un governo “sociale” (che parolone! Lo so…), se proprio necessitava di una “task force” per elaborare un piano di ripartenza economica del Paese, avrebbe messo a scriverlo economisti, sindacalisti e lavoratori! Vi sembra una assurdità? Perché forse solo i manager di grande spicco e successo di aziende private hanno la titolarità per dirci quale sia la via maestra del benessere comune? Lo conoscono, indubbiamente, ma si tengono ben lontano da mettere nero su bianco proposte che andrebbero nella direzione della tutela del pubblico e nella penalizzazione delle accumulazioni profittuali da parte del privato.

Il “piano Colao” va in questa esatta direzione: identifica il benessere nazionale con il miglioramento delle condizioni di privilegio delle industrie private e del grande capitale. Ma siccome ai padroni non basta mai qualunque intervento si faccia sempre e comunque in loro favore, Confindustria oggi rilancia sulle imprescindibilità che sottendono alla presunta (e presuntuosa) “ripartenza possibile“: salvaguardare la sospensione della TARI, soldi che sono rimasti nelle casse padronali invece che disperdersi inutilmente nel giusto pagamento delle tasse allo Stato; si prosegue con la lo sfoltimento dei decreti attuativi in merito al provvedimento del “Decreto Rilancio” per poter assolvere ad una riqualificazione strutturale delle industrie sul piano della digitalizzazione e si finisce, ca va sans dire nell’inquadrare tutto nel pensiero meccanicistico del capitalismo: “…il cittadino consuma e l’impresa investe”.

Il cittadino, leggasi: “il lavoratore che diventa cittadino quando esce dalla fabbrica o dal posto di lavoro. Spende il suo salario, consuma e intanto le imprese si riprendono quello che poco prima avevano dato al lavoratore…“.

Poco o niente cambia rispetto al: “Produci, consuma, crepa“. Uno slogan ormai datato ma che, come si può ben vedere, può essere sempre attualizzato e inserito nel contesto di una modernità dove a farla da padroni sono sempre i padroni che lamentano di essere stati esclusi da processi decisionali proprio mentre le loro alte dirigenze bacchettavano il governo sui provvedimenti da attuale per risollevare le loro perdite dopo due mesi di chiusura pandemica.

Un governo attento ai bisogni dei lavoratori avrebbe affidato la stesura di un piano alla Colao a chi di lavoro se ne intende davvero, a chi segue tutte le traversie contrattuali di milioni di precari, di disoccupati, di coloro che hanno smesso di cercare un lavoro e che, in questi mesi, sono aumentati di mezzo milione di unità: così riferisce l’ISTAT.

Ma quello sarebbe un governo quasi para-rivoluzionario: e non viviamo in tempi di sconvolgimenti epocali, ma di allarme per la retrocessione della crescita del PIL che, assicurano i ministri interessati, riprenderà. Lentamente, ma riprenderà già dal 2021.

Intanto, mentre si prospettano colpi di spugna su centinaia di miliardi di denaro occultato, fatto riparare all’estero per sfuggire alla tassazione italiana; mentre si preparano scudi penali per le imprese ai tempi del Coronavirus; mentre si dispongono condoni per altrettanti miliardi di evasione da parte delle grandi e medie imprese, l’Italia perde in soli due mesi ben 274.000 posti di lavoro di cui 205.000 dipendenti e 69.000 autonomi (la fonte è sempre l’ISTAT).

Si amplia il divario tra ricchezza e povertà, ma il governo ci magnificherà le idee del piano di Colao come un progetto anche di medio o lungo periodo con il quale tutti usciremo dalla crisi. Tutti? Non tutti. Solo alcuni.

Pochi rispetto alla grande massa di lavoratori a tempo determinato che non vedranno ridotto il loro orario di lavoro a parità di salario; che non vedranno maggiori introiti in busta paga; che vedranno, anzi, sempre più precaria la loro vita dentro ad un quadro di instabilità sociale che conosce sempre nuove forme di sfruttamento e di impiego del lavoro al servizio non della crescita comune, del benessere sociale, ma delle variabili dettate dagli indici borsistici dei titoli meglio quotati.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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