Francesco Cecchini

Leopoldo II e due congolesi con le mani tagliate
Una petizione di un 14enne belga, Noah N.L., per far rimuovere le statue di Leopoldo II ha raggiunto in una decina di giorni migliaia di firme ed è aperta fino al 30 giorni. Ad Aversa la statua è stata rimossa da una piazza e messa nel deposito di un museo, in alcune città belghe le statue di Leopoldo II sono state dipinte con vernice rossa e molte sono le manifestazioni contro il razzismo. Oltre a statue vi sono suoi busti e il suo nome si trova in strade e tunnel. Comunque tutti i nomi di Leopoldo II sarebbero da cancellare e le sue statue andrebbero fatte a pezzi e gettate in discariche e prima, con dovute cerimonie come gesto simbolico, andrebbero tagliate le mani.
Pochi paesi hanno un’ eredità più razzista, coloniale e mcchiata di sangue che il Belgio. E pochi personaggi storici sono stati più criminali di Leopoldo II, che detenne il Congo come una sua proprietà terriera e fu responsabile della morte di milioni di conglesi. Leopoldo II subappaltò a bande di mercenari, altrettanto criminali che lui, lo sfruttamento delle risorse naturali di quel paese.
Agli abitanti del Congo, ridotti interamente in schiavitù, veniva imposto il raccoglimento di una quota giornaliera di gomma naturale, il caucciù, che doveva esser rispettata giornalmente. Per chi non riusciva a rispettare la quota era previsto il taglio della mano. Significativa e terrificante è la foto di un padre, Nsala, che contempla il piede e la mano tagliati alla figlia, Boali, di cinque anni.

La bambina venne mutilata e uccisa, insieme alla madre.Durante la giornata di lavoro Boali non aveva raggiunto la quota del raccolto della gomma. Terminate le disumane punizioni, i mercenari si presentarono da Nsala con mano e piede della figlia ormai morta e psicologicamente assassinarono anche lui. La fotografia fu scattata da Alice Seeley Harris, missionaria inglese, che ebbe merito di far conoscere al mondo e alla storia le atrocità che venivano commesse in Congo.

Statua di Leopodo II con le mani dipinte di rosso come il sangue che ha versato.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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