Il Governo ha approvato una lista di cantieri da sbloccare attraverso procedure semplificate, nell’illusione di velocizzare la ripresa dell’economia. Sono vecchi progetti, osteggiati da anni dai comitati territoriali, che vengono ripresentati con la stessa arroganza dimostrando l’incapacità di pensare a un mondo migliore

È l’Italia Veloce quella che è stata pensata dalla Ministra dei Trasporti Paola De Micheli, anche se tutt’altro che veloce è stata la gestazione del Decreto Semplificazioni. All’approvazione salvo intese si è arrivati dopo estenuanti discussioni, fra chi spingeva per azzerare tutti i controlli, cancellare le gare e applicare ovunque il così detto modello Genova (M5s e Iv) e chi (Pd e Leu) frenava sulle deroghe al Codice degli Appalti, sospeso fino al 31 luglio 2021.

Al grido di «sburocratizzare» si è dato il via allo smantellamento delle norme inserite nel Decreto milleproroghe 2015 diventate Legge n. 494 del 2015 e conosciute appunto come Codice degli Appalti. Un poderoso corpo di articoli, ben 257, e 38 allegati di schede di specifiche per regolamentare l’affidamento e l’esecuzione di lavori pubblici, di servizi e forniture per le amministrazioni e garantire la qualità, la libera concorrenza, la parità di trattamento nel rispetto della disciplina comunitaria, la valutazione dell’impatto ambientale delle grandi opere e impedire le infiltrazioni della criminalità.

Non è stata la crisi determinata dalla pandemia a chiedere di sburocratizzare e velocizzare le norme definite a più riprese “lacci e laccioli” che hanno da sempre costituito un intralcio per chi voleva correre a costruire, senza troppi controlli. I nomi dei provvedimenti sono sempre gli stessi a echeggiare l’urgenza di mettere in atto misure eccezionali. Dal famoso pacchetto liberalizzazioni di Bersani del 2006, al Decreto Sviluppo del 2011 riproposto anche nel 2012, al Salva Italia del 2011, al sempre verde Decreto Semplificazioni del 2012 e dello stesso anno quello denominato Crescita bis, al quale ha fatto seguito il Decreto del Fare nel 2013 e lo Sblocca Italia del 2014.

Senza contare i Decreti milleproroghe, varati dai vari Consigli dei Ministri per risolvere disposizioni urgenti entro la fine degli anni in corso e per prorogare l’efficacia di leggi in scadenza, che da strumento eccezionale sono diventati strumento ordinario dal 2005, venendo riproposti ogni anno.

Leggi e regolamenti che si sono sommati negli anni, ottenendo l’effetto contrario a quello voluto. Un groviglio di norme incapaci di rendere più agile arrivare alla fine degli iter burocratici. Il Decreto Semplificazioni aggiunge 50 articoli e assicura che adesso tutto sarà più semplice. Abolite le gare i lavori saranno affidati a trattativa privata, tranne quelli superiori a 5,2milioni di euro, per i quali comunque l’aggiudicazione definitiva deve avvenire entro sei mesi, per non perdere tempo. Eventuali ricorsi o procedimenti giuridici non potranno bloccare la stipula del contratto. Per alcuni lavori saranno nominati commissari straordinari, sull’esempio di quanto avvenuto a Genova. Semplificazioni sono previste per ottenere la valutazione di impatto ambientale e i pareri delle Soprintendenze, da sempre considerati un intralcio.

L’elenco delle opere che partiranno subito non è contenuto nel decreto, anche se la Ministra ha parlato di infrastrutture che «servano a ridurre le differenze fra nord e sud del paese, come strade, porti e ferrovie». Ci saranno anche dighe e opere idrauliche, insieme a caserme, edilizia carceraria e ospedali. Si parla di sbloccare opere per un valore di 200 miliardi in 15 anni.

Alcune di queste opere le conosciamo bene.

Nell’elenco c’è la Gronda di Genova, un nuovo tracciato autostradale lungo 72 km per collegare l’area cittadina con l’A26 a Voltri e con l’A10 a Vesima. Data la complessità dal punto di vista orografico del territorio attraversato, il nuovo sistema viario si dovrebbe sviluppare quasi interamente in sotterraneo. Si dovranno scavare 23 gallerie, realizzare 13 nuovi viadotti e ampliare gli 11 esistenti. Il tutto in un territorio già reso fragile dalle trasformazioni avvenute negli anni. Questa nuova bretella autostradale si sarebbe dovuta immettere nell’A10 proprio a ridosso del ponte crollato. Un progetto fortemente osteggiato dai comitati “No Gronda” sostenuti dal Movimento 5 stelle e che il Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva inserito tra quelli destinati a essere ridiscussi.

Si parla ancora del Mose, la grande opera salvifica per impedire la morte di Venezia. È dagli anni ’70, quando fu bandito l’appalto concorso internazionale, che le barriere mobili hanno promesso di impedire il fenomeno dell’acqua alta, che l’anno scorso ha raggiunto quasi 2 metri.

Lavori per il MO.S.E. Bocca di Lido, foto aerea, laguna di Venezia, 23-10-2012 (da commons.wikimedia.org)

Le barriere non si sono alzate, intaccate dalla corrosione, da muffe e dalla sabbia, qualcosa non ha funzionato nonostante i 5,3 miliardi spesi da quando nel 2003 è stata posta la prima pietra. Eppure per il Mose erano state adottate procedure “semplificate” affidando l’intero complesso delle opere al Consorzio Venezia Nuova, in veste di concessionario unico, senza obbligo di espletare gare e riducendo le funzioni di controllo che avrebbe dovuto svolgere il Magistrato delle Acque. Il risultato l’abbiamo visto con gli arresti nel 2014. L’opposizione dei comitati al Mose è stata durissima e sono state presentate soluzioni alternative sempre fermate dal Consorzio Venezia Nuova. Si proponeva di alzare i fondali per rendere meno profondi i canali portuali, ripristinando la morfologia lagunare e consentendo al mare che entra in laguna di distribuirsi.

Ed ecco rispuntare la quarta pista di volo dell’aeroporto di Fiumicino, con il conseguente adeguamento del terminal «coerentemente con le previsioni di crescita dei passeggeri». Intanto si è passati dai 43,5 milioni di passeggeri transitati nel 2019 ai quasi 6 milioni nei primi sei mesi del 2020, una riduzione superiore al 60% dovuta alla pandemia che, tutti dicono, sarà difficile riassorbire in breve tempo. Anche su questo progetto c’è stata una forte opposizione da parte dei comitati territoriali, appoggiati sia dal Sindaco Montino che dal Presidente della Regione Lazio Zingaretti, che si sono impegnati a imporre lo sviluppo aeroportuale entro il sedime attuale, perché proprio dove si vorrebbe costruire la nuova pista esiste una Riserva naturale istituita nel 1996. I progetti di ampliamento non hanno tenuto presente i vincoli ambientali, tanto da aver determinato la bocciatura del progetto da parte del Ministero dell’Ambiente.

Non è stato dimenticato il Tav naturalmente. Il treno che da Torino arriverà a Lione in grande velocità, anche se da Lione il nuovo sindaco dichiara che è un’opera inutile, perché esiste già un’infrastruttura ferroviaria più che sufficiente. È quello che da sempre sostengono i cittadini delle valli che dovrebbero essere sventrate dai lavori.

E poi autostrade a non finire, direttrici ferroviarie, nuove dighe e messa in sicurezza di quelle esistenti. Tra le opere strategiche troviamo la Salerno – Reggio Calabria!

Italia Nostra teme che si autorizzi un incremento dei tagli boschivi, con effetti devastanti sul dissesto idrogeologico. Nel nostro paese il rischio di frane e alluvioni è vasto, quanto quello sismico. Si è costruito su falde acquifere superficiali, lungo le pendici dei vulcani ancora attivi, in zone franose o ad elevato rischio sismico. Ci sarebbe bisogno di programmare investimenti sulla manutenzione del patrimonio così duramente ferito. Pensare alla messa in sicurezza idrogeologica e sismica di quello che si può salvare. Intervenire con le demolizioni in tutti quei casi che costituiscono un rischio prevedibile.

Era questa l’occasione per invertire la rotta, con i cospicui finanziamenti che verranno dall’Europa progettare un’altra Italia, con il suo territorio messo in sicurezza e i suoi cittadini finalmente protagonisti di un cambiamento reale.

Invece tutto desolatamente come prima.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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