Inizialmente previste per il 6 maggio, le elezioni presidenziali boliviane erano state posticipate una prima volta a settembre, a causa dell’epidemia da covid-19, che nel Paese sudamericano ha già contagiato oltre 73.000 persone, uccidendone più di 2.800. Tuttavia, il governo golpista di Jeanine Áñez, oltre a dimostrare di non essere in grado di gestire l’emergenza sanitaria, sta utilizzando la pandemia per evitare lo svolgimento delle elezioni ed il conseguente ritorno al potere del Movimiento al Socialismo – Instrumento Político por la Soberanía de los Pueblos (MAS-IPSP), il partito di Evo Morales, il cui candidato Luis Arce guida con margine tutti i sondaggi pubblicati fino ad ora.

Il Tribunal Supremo Electoral (TSE) della Bolivia ha recentemente deciso di rinviare nuovamente le elezioni al 18 ottobre, su richiesta della maggioranza dei partiti di destra, e nonostante la netta opposizione a questa soluzione da parte della società civile. Già prima della decisione ufficiale del TSE, Evo Morales aveva affermato che “un rinvio nella data delle elezioni non farà altro che danneggiare le persone a causa dell’inegovernabilità che si osserva, della pandemia senza alcun controllo e della crisi economica“. Inoltre, il presidente destituito ha definito la decisione dell’entità “illegale e incostituzionale“: “Le leggi 1297 e 1304 determinano i termini per lo svolgimento delle elezioni. L’unico organo statale che può modificare questo termine è l’Assemblea legislativa plurinazionale“.

Anche secondo il candidato del MAS alla presidenza, Luis Arce, già ministro dell’economia sotto la presidenza di Morales, la decisione dell’organo elettorale è illegale e incostituzionale, poiché, sulla base della legislazione boliviana, il termine ultimo per lo svolgimento delle elezioni presidenziali era il 6 settembre. Come se non bastasse, la macchina mediatica della destra golpista ha anche diffuso la voce secondo la quale Arce avrebbe contratto il covid-19, ma la falsa notizia è stata prontamente smentita dal diretto interessato.

In seguito alla decisione del TSE, non si sono lasciate attendere le reazioni da parte della popolazione. La Central Obrera Boliviana (COB), il principale sindacato del Paese, ha lanciato un’iniziativa di protesta che ha visto l’adesione di numerose associazioni ed organizzazioni dei lavoratori, come la Federazione Unica dei Lavoratori Contadini di Chuquisaca, le Gioventà Interculturali di Yacuiba e Tarija, la Confederazione sindacale delle comunità interculturali originali della Bolivia ed il Consiglio delle Federazioni contadine di Los Yungas. La COB e le altre organizzazioni aderenti hanno preso parte ad una Grande Marcia per il recupero di “democrazia, salute, istruzione e vita“. Le organizzazioni che prendono parte alle proteste hanno espresso, attraverso comunicati stampa, social network e interviste, il loro sostegno per un’eventuale giornata elettorale da tenersi il 6 settembre, denunciando l’illegalità della decisione del TSE.

Il segretario della COB, Juan Carlos Huarachi, ha inoltre proclamato l’inizio di uno sciopero generale indefinito contro il rinvio delle elezioni nazionali. Questa dichiarazione di sciopero comprende lo sciopero della fame, l’interruzione del lavoro e il blocco stradale. Come primo atto di rimostranza, i manifestanti hanno cercato di bloccare l’autostrada nel settore El Alto che comunica con La Paz, mentre nei pressi di Cochabamba un gruppo di persone ha bloccato l’autostrada verso ovest, all’altezza del ponte Parotani, causando la sospensione delle partenze degli autobus da Cochabamba verso Oruro e La Paz.

Il governo golpista, anziché cerca la via del dialogo, non ha saputo fare altro se non minacciare di affrontare le mobilitazioni con l’uso della polizia e delle forze armate per proteggere “la vita e la pace“, secondo le dichiarazioni del ministro della difesa, Luis Fernando López. Il ministro della presidenza, Yerko Núñez, ha approfittato delle mobilitazioni per chiedere di intraprendere un’azione legale contro le persone che hanno promosso la marcia, compresa la dirigenza MAS, per presunti “crimini contro la salute pubblica“, dimostrando la vera intenzione del governo golpista: quella di mettere fuori gioco il MAS in vista delle elezioni.

Yerko Núñez, in particolare, ha accusato penalmente l’ex presidente Evo Morales, il capo del caucus del MAS, Betty Beatriz Yañíquez, e il segretario esecutivo della COB, Juan Carlos Huarachi. Il ministro di fatto ha inoltre denunciato una presunta “escalation di violenza armata preparata e finanziata da Evo Morales“, che giustificherebbe le sue azioni criminali. Arturo Murillo, un altro ministro del governo golpista, ha addirittura accusa il MAS di introdurre persone malate nelle manifestazioni per spargere il virus, al fine di nascondere l’incapacità dell’attuale esecutivo. Andrónico Rodríguez, candidato senatore del MAS e leader del partito a Cochabamba, ha respinto le accuse del governo, secondo il quale vi sarebbero stati dieci infetti sugli autobus che hanno trasportato i lavoratori per partecipare alle manifestazioni.

Gli ultimi sviluppi della politica boliviana dimostrano ancora una volta la radicalizzazione della destra golpista, intenzionata in tutti i modi a non permettere il ritorno al potere del MAS secondo la volontà popolare, e forte del sostegno statunitense. Il TSE, sotto la forte pressione della signora Áñez e dell’estrema destra, si è rifugiata nella pandemia per rinviare lo svolgimento delle elezioni, sostenendo una presunta preoccupazione per la salute dei boliviani. Ma ciò non concorda in alcun modo con la gestione estremamente inefficace e corrotta della malattia da parte del regime di Áñez. Se il TSE fosse realmente preoccupato per la salute dei boliviani, permetterebbe l’immediato svolgimento delle elezioni al fine di porre fine al governo golpista di Áñez e ristabilire la volontà popolare. Il governo golpista, invece, persegue unicamente il ritorno della repubblica oligarchia, dominata dall’élite borghese di origine europea a discapito della maggioranza della popolazione, composta da lavoratori e indigeni.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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