Il ministero dell’Educazione del Regno Unito ha provocato accese polemiche nei giorni scorsi con la pubblicazione di nuove linee guida, decisamente inquietanti, destinate a definire i programmi di insegnamento delle scuole primarie e secondarie inglesi. Con un’iniziativa che riflette l’attitudine classista e anti-democratica del Partito Conservatore al governo, gli istituti interessati dalla decisione dovranno in pratica astenersi dall’insegnare qualsiasi nozione riconducibile a fonti anti-capitaliste.

La direttiva punta a criminalizzare in primo luogo il pensiero e le posizioni politiche socialiste, in modo da elevare il capitalismo a sistema unico, infallibile e immutabile. Per fare ciò, il ministero britannico propone un ragionamento tortuoso che, almeno in apparenza, cerca di ridurre al minimo le implicazioni anti-democratiche.

Nel documento destinato a scuole e insegnanti si legge che “per nessun motivo dovranno essere utilizzate risorse [didattiche] prodotte da organizzazioni con opinioni estreme”. Anche se il materiale in questione non fosse di per sé “estremo”, esso non può essere impiegato per l’insegnamento, perché così facendo si potrebbe implicitamente esprimere appoggio a queste stesse organizzazioni.

La parte più preoccupante riguarda la definizione delle “opinioni estreme” bandite dalle scuole inglesi. Il governo di Londra raggruppa cioè nella stessa categoria “l’abolizione o il rovesciamento della democrazia, la soppressione di elezioni libere, il razzismo, l’antisemitismo, la promozione di attività illegali” con l’opposizione al sistema capitalistico.

Già la sola esclusione di istituzioni ed entità che si dedicano o favoriscono “attività illegali” dovrebbe penalizzare, nelle scuole d’oltremanica, qualsiasi argomento di insegnamento legato allo stesso governo di Londra. Dalla guerra contro l’Iraq alla vendita di armi a paesi responsabili di crimini di guerra – come l’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen – la condotta del Regno Unito è costellata di decisioni e iniziative illegali.

Basti pensare, per colmo d’ironia, che in concomitanza con la diffusione delle nuove linee guida scolastiche, il governo conservatore ha visto approvare dal Parlamento una legge che consente di violare deliberatamente il diritto internazionale, contravvenendo ai termini stabiliti con l’Unione Europea per la definizione dei termini della Brexit.

L’inserimento della critica anti-capitalistica nella lista di proscrizione del dipartimento dell’Educazione britannico rivela prima di tutto una tendenza repressiva che, nella presunta culla della democrazia occidentale, intende colpire la libertà di opinione stendendo un velo, se non altro, su quasi due secoli di storia.

Soprattutto, però, il tentativo di bandire qualsiasi visione alternativa al capitalismo rivela – e non per la prima volta – una certa inquietudine da parte della classe dirigente, non solo del Regno Unito, per il costante diffondersi dell’interesse per idee socialiste o comunque in contrasto col sistema dominante.

L’iniziativa del governo è da una parte un modo per difendere un modello economico che, innanzitutto, garantisce ricchezza e privilegi ai suoi stessi membri e alla classe a cui fanno riferimento. Dall’altro, la crociata di Londra è necessaria precisamente per via della profondissima crisi che il capitalismo sta attraversando.

Livelli di disuguaglianza esplosivi, impoverimento di massa, precariato diffuso, distruzione dei servizi pubblici, affermazione del profitto come obiettivo primario della società, mercificazione della cultura, incapacità di rispondere a emergenze sanitarie e ambientali sono solo i principali e più evidenti effetti dell’imposizione del sistema capitalistico, soprattutto nella sua variante ultra-liberista ormai imperante.

L’intervento del governo di Londra direttamente nei primi anni della scolarizzazione per inculcare negli studenti più giovani l’idea dell’intoccabilità del capitalismo è dunque un disperato tentativo di spegnere l’interesse per soluzioni alternative. Uno sforzo peraltro reso inutile dalla disponibilità ormai di infinite fonti di informazioni al di fuori dei circuiti scolastici.

Per comprenderlo, è sufficiente ricordare alcuni recenti sondaggi di opinione condotti negli Stati Uniti, dove, a fronte della tradizionale ostilità di media e politici per ideologie realmente di sinistra, una parte importante della popolazione si dice interessata a valutare un modello di sviluppo “socialista”. Tra i più giovani, addirittura, le preferenze per quest’ultimo rispetto al capitalismo rappresentano una netta maggioranza.

Un proposito ancora più assurdo, quello del gabinetto guidato da Boris Johnson, in quanto cerca di collegare lo sviluppo e l’affermazione del capitalismo ai progressi e al consolidamento della democrazia. Come hanno dimostrato gli eventi di questi ultimi decenni, e ancor più quelli recentissimi, è al contrario proprio l’imporsi in maniera totalitaria di questo sistema ad avere determinato un drammatico logoramento dei principi democratici, tanto da spingere un governo occidentale a vietare l’insegnamento di idee che ne minacciano sempre più la posizione dominante nella società odierna.

http://www.altrenotizie.org/primo-piano/9022-gb-la-scuola-del-capitalismo.html

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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