Sin dall’arrivo della pandemia in America meridionale, il Brasile si è distinto negativamente nella gestione dell’emergenza, soprattutto a causa della scellerata gestione da parte del governo federale del presidente Jair Bolsonaro, che ha anche portato a dimissioni in serie da parte dei suoi ministri. Ad oggi, il Brasile conta oltre 8.5 milioni di casi positivi al Covid-19 ed oltre 211.000 decessi, numeri decisamente superiori a qualsiasi altro paese latinoamericano e paragonabili solamente a quelli degli Stati Uniti e dell’India, casualmente due paesi guidati da altri idoli dell’ultradestra mondiale, ovvero Donald Trump e Narendra Modi.

La crisi in Brasile si sta rivelando talmente grave al punto che Eugênio Aragão, ex ministro della Giustizia sotto la presidenza di Dilma Rousseff, e Pedro Serrano, professore della Pontificia Università Cattolica di San Paolo, sono arrivati ad invocare la rimozione di Bolsonaro dal ruolo di presidente federale. Il paese, tra l’altro, ha fatto registrare tra il 10 ed il 16 gennaio il nuovo record di contagi settimanali (379.061) ed uno dei dati più elevati per quanto riguarda i morti (6.665), a dimostrazione del fatto che l’emergenza è ancora vivissima nel paese sudamericano. Il governo federale è stato accusato in particolare di non aver fornito l’assistenza medica necessaria alle popolazioni indigene che vivono in Amazzonia, che rischiano un vero e proprio genocidio.

La situazione sta peggiorando al punto che il Brasile non ha potuto percorrere altra strada se non quella di appellarsi ai paesi socialisti, gli unici che sono riusciti ad affrontare efficacemente l’emergenza pandemica. Il 17 gennaio, lo Stato di San Paolo è stato il primo a dare inizio alla campagna di vaccinazione, utilizzando il CoronaVac prodotto dalla cinese SinoVac. Il CoronaVac è stato in effetti l’unico vaccino approvato dalle autorità mediche brasiliane insieme a quello della britannica AstraZeneca. Governato dal socialdemocratico João Dória, lo Stato di San Paolo ha optato per il vaccino cinese, in aperto contrasto con le dichiarazioni di Bolsonaro, che invece ha fatto di tutto per gettare fango sul prodotto proveniente dal paese asiatico.

Solamente successivamente, visti i ritardi nella consegna dei vaccini di AstraZeneca, il ministro della Sanità, Eduardo Pazuello, ha chiesto a Dória di fornire anche al governo federale il CoronaVac. Il governatore, tuttavia, avendo al momento a disposizione solamente sei milioni di dosi, ha giustamente dato la precedenza alla campagna vaccinale nel proprio Stato, respingendo le richieste di Pazuello.

La questione dei vaccini si è trasformata in un vero e proprio caso diplomatico quando il presidente della Camera dei Deputati, Rodrigo Maia, ha chiesto un’audizione con l’ambasciatore cinese, Yang Wanming. L’emergenza ha infatti portato il governo federale a rivedere la propria posizione sul vaccino cinese, e Maia vorrebbe chiedere all’ambasciatore Yang di fornire al Brasile il principio attivo del CoronaVac, il che permetterebbe al paese di produrre il vaccino in casa.

L’altro caso che ha ottenuto un importante riscontro mediatico riguarda l’intervento del Venezuela in soccorso della città di Manaus, capitale dello Stato di Amazonas, situata lungo il corso del Rio Negro. Anche in questo caso, l’ostracismo del governo federale nei confronti della Repubblica Bolivariana è stato superato dal governatore Wilson Lima, nonostante questi sia un esponente di una formazione politica di destra, il Partito Sociale Cristiano (Partido Social Cristão – PSC). Il 16 gennaio, Jorge Arreaza, ministro degli Esteri di Caracas, ha annunciato l’arrivo della Brigata Simón Bolívar, composta da 107 medici, per soccorrere Manaus. Arreaza ha anche annunciato la fornitura allo Stato di Amazonas di “migliaia di litri di ossigeno”, risorsa che scarseggia nella capitale amazzonica.

Stiamo inviando il necessario sostegno umanitario a Manaus, abbiamo teso la nostra mano di solidarietà al popolo del Brasile, deve sapere che siamo disposti a sostenerlo al meglio delle nostre capacità“, ha affermato a riguardo il presidente venezuelano Nicolás Maduro, dal quale è partita l’iniziativa di sostegno al Brasile.

La situazione di Manaus, infatti, sta diventando sempre più grave. La capitale dello Stato di Amazonas è considerata come l’epicentro della nuova ondata di Covid-19 in Brasile, caratterizzata da quella che viene internazionalmente denominata la “variante amazzonica” o “variante brasiliana” del virus. Secondo la stampa brasiliana, gli ospedali e i cimiteri sono sovraffollati, e non ci sono sufficienti celle frigorifere per conservare i corpi delle persone decedute. Il fabbisogno giornaliero di ossigeno è passato da 5.000 metri cubi 76.000, rendendo impossibile una risposta adeguata da parte degli ospedali locali. La mancanza di ossigeno avrebbe causato la morte di almeno ventotto persone negli ospedali di Manaus, mentre molte altre – circa 750 – sono state trasferite con gli elicotteri in ospedali di altri Stati federati.

Lunedì 18 gennaio, i governatore dello Stato venezuelano di Bolívar, Justo Noguera Pietri, ha simbolicamente consegnato l’ossigeno al senatore dello Stato brasiliano confinante di Roraima, Telmário Mota. Il convoglio di sei autocisterne con una capacità di 136.000 litri, pari a 14.000 bombole singole, ha poi proseguito il proprio percorso verso la città di Manaus. I camion sono giunti a Manaus il giorno seguente.

Il gigante dell’America meridionale, un paese ricchissimo di risorse e con un governo di estrema destra sostenuto dalle élite e dall’amministrazione uscente degli Stati Uniti, che viene soccorso dal vicino paese socialista, vittima di ostracismi di ogni tipo e di una guerra multisettoriale che va avanti sin dall’ascesa al potere di Hugo Chávez. L’ennesima dimostrazione, qualora ve ne fosse ancora bisogno per i più ottusi, che solamente il socialismo potrà salvare l’uomo dalla sua autodistruzione, mettendo in primo piano il benessere dei popoli in luogo del profitto, e superando anche le profonde discrepanze politiche che invece vengono quotidianamente cavalcate da personaggi squallidi e inetti come Jair Bolsonaro. Fora Bolsonaro!

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Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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