Giuseppe Conte

Il governo Conte ha incassato la fiducia al Senato, dopo il passaggio ben più agevole di lunedì alla Camera, con 156 sì, 140 no e 16 astenuti.

di Adriano Manna

Quella incassata da Conte ieri sera al Senato è una fiducia “zoppa”, comunque di ben 5 voti al di sotto della maggioranza assoluta, che gli consente al momento di proseguire con l’esperienza di governo ma con enormi problemi da superare.

Inutile sottolineare che nella prassi parlamentare i problemi nascerebbero tanto in aula come in molte commissioni, dove la maggioranza farebbe fatica a far passare i propri provvedimenti.

C’è poi il problema di compattare e rendere stabile la nuova maggioranza dal momento che il gruppo dei “volenterosi” o “costruttori”, come chiamati da alcuni, dovrebbe quanto meno costituirsi come gruppo parlamentare stabile al Senato, in modo da poter sostituire strutturalmente la truppa renziana di Italia Viva, cosa resa molto complicata dai regolamenti parlamentari che presuppongono oltre che un numero minimo di senatori (ma per quello son possibili deroghe) anche la disponibilità di un simbolo che si sia presentato alle ultime elezioni (sotto quel punto di vista è interessate il voto di fiducia espresso dal segretario del PSI Nencini, che però al momento ha dato rifugio a Italia Viva e non si è dichiarato disposto a tagliare il cordone ombelicale che lo lega a Renzi).

Al netto dei tecnicismi parlamentari, rimane poi la sostanza politica: una crisi pretestuosa e demenziale nei tempi e nei modi, come solo Matteo Renzi la poteva partorire, ha però il merito di imprimere un’accelerazione su alcuni nodi irrisolti della perenne transizione politica italiana. Conte nel suo discorso davanti al Parlamento ha più volte parlato di legge elettorale proporzionale, un vero e proprio assist per gli ambienti centristi, a cui sta chiedendo aiuto, che potrebbero in questo modo organizzarsi in maniera autonoma dai principali schieramenti nelle prossime elezioni.

C’è poi un ragionamento in prospettiva nella proposta di far approvare una legge elettorale di stampo proporzionale come obiettivo di fine legislatura, ovvero quella di disinnescare la principale trappola di Renzi, che consisteva nel costringere PD e M5S a sviluppare un’alleanza organica che lasciasse nel medio periodo uno spazio politico scoperto su cui lo stesso Renzi avrebbe poi puntato le sue future sorti politiche.

Rimane tuttavia il nodo irrisolto della navigazione immediata di questo governo, sottoposto a enormi pressioni per la gestione del tesoretto del Recovery Plan, a cui Mattarella è disposto a dar fiducia solo a patto che dimostri di aver ancora le gambe per andare avanti in maniera autonoma.

Le difficoltà nel governare, con i numeri di oggi, non si incontrerebbero solamente nell’attuazione di un disegno riformatore (ma c’è mai stato?), ma anche nella gestione ordinaria dell’eccezionalità emergenziale dettata dalla pandemia.

La linea faticosamente disegnata da Conte è quella di un governo che raccolga tutto il blocco liberale e filo-europeista contro la minaccia sovranista incombente. Ma è una linea di frattura, quella tracciata dal Primo ministro, con cui si cerca di dare dignità ad una ben poco onorevole operazione di trasformismo politico, come tante ne abbiamo viste in Italia.

Difficile pensare che in queste condizioni si possa arrivare a fine legislatura, e difficile pensare che il Partito democratico, che con questa investitura si gioca l’osso del collo, non verrebbe travolto da un fallimento tutt’altro che improbabile.

Al netto di queste considerazioni, è innegabile che l’attuale “sgangherato” governo rappresenti nell’immediato, alla luce dei rapporti di forza attuali reali nel paese, il punto di equilibrio più avanzato raggiungibile. Una questione su cui occorrerebbe però riflettere, e rabbrividire.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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