Il 20 gennaio, l’avvicendamento alla presidenza degli Stati Uniti tra Donald Trump e Joe Biden è stato osservato con sentimenti contrastanti da parte di Pechino: da un lato, infatti, Trump ha sempre osteggiato la Cina, e la fine della sua presidenza può essere considerata come l’inizio di una possibile nuova era nei rapporti con Washington; dall’altro, con le sue politiche scellerate, dalla guerra commerciale alla pessima gestione della pandemia, Trump è stato uno dei massimi alleati di Pechino, avendo accelerato il processo di declino dell’impero nordamericano e di ascesa della Cina come prima potenza economica mondiale.

In effetti, la tracotanza e l’incapacità di Donald Trump hanno trasformato il presidente repubblicano, suo malgrado, in uno dei massimi alleati della Repubblica Popolare Cinese. La fine della sua amministrazione, dunque, può rappresentare un’arma a doppio taglio per Pechino, nel senso che Biden potrebbe decidere di proseguire le politiche ostili alla Cina, ma quasi certamente con maggior competenza rispetto al suo predecessore. In effetti, la visione anticinese, che considera la Cina come il massimo avversario degli USA su scala globale, è condivisa da gran parte dell’establishment del Partito Democratico, che anche da questo punto di vista dimostra di essere su posizioni non dissimili da quelle del Partito Repubblicano.

Nonostante questo, Xi Jinping e il governo cinese sperano di trovare in Biden un interlocutore più ragionevole rispetto a Trump, e sono pronti a collaborare con Washington a patto che il nuovo presidente segua una linea meno ostile nei confronti di Pechino. Nel suo discorso inaugurale, Biden non ha menzionato la Cina ed ha parlato molto poco delle questioni internazionali, concentrandosi – non a torto – sulla disastrosa situazione interna del suo paese. Tuttavia, alcune delle questioni citate dal nuovo presidente federale, come la lotta al Covid-19 e al cambiamento climatico, potranno essere realizzate solamente prendendo in considerazione una stretta collaborazione con la Cina, che fino ad ora ha dimostrato di essere molto più avanti degli USA sulla strada per il raggiungimento di questi obiettivi.

Se davvero Biden decidesse di seguire la strada della riconciliazione con la Cina, il suo compito non sarebbe comunque semplice: “Dopo quattro anni di mobilitazione da parte dell’amministrazione Trump, le percezioni e gli atteggiamenti della società statunitense nei confronti della Cina sono cambiati molto. L’idea di una dura politica di contenimento contro la Cina è popolare negli Stati Uniti”, si legge in un editoriale del Global Times, la testata di politica internazionale che fa capo al Partito Comunista Cinese.

Negli ultimi quattro anni, le relazioni Cina-USA si sono deteriorate”, si legge all’interno dello stesso articolo. “Tutti i conflitti sono stati provocati da Washington. Pechino ha semplicemente risposto e messo in pratica contromosse”. In effetti, le dinamiche degli ultimi anni hanno sempre visto gli Stati Uniti con il ruolo di provocatori, mentre la Cina si è limitata a rispondere pan per focaccia alle mosse ostili della Casa Bianca. Inoltre, la linea dura adottata da Trump si è rivelata del tutto fallimentare, e non ha fatto altro che mostrare la grande resilienza della Cina di fronte ai continui attacchi degli USA. Come abbiamo detto in precedenza, la presidenza Trump ha in realtà beneficiato a Pechino, che oggi si trova in una posizione di forza molto migliore rispetto a quattro anni fa.

Anche nei momenti più acuti della guerra commerciale tra i due paesi, la Cina ha sempre cercato la via della riconciliazione, linea che sta seguendo anche ora sin dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca. Cui Tiankai, ambasciatore cinese negli Stati Uniti, ha espresso grandi aspettative per la collaborazione con il governo Biden inviando un messaggio di congratulazioni sui social media: “La Cina non vede l’ora di lavorare con la nuova amministrazione per promuovere uno sviluppo solido e costante delle relazioni Cina-USA e affrontare insieme le sfide globali in materia di salute pubblica, cambiamento climatico e crescita“, ha scritto l’ambasciatore sul proprio account Twitter.

Negli stessi attimi in cui aveva luogo l’investitura di Biden, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha annunciato sanzioni contro ventotto cittadini statunitensi, inclusi lo stesso Donald Trump, Mike Pompeo ed altri membri dell’amministrazione uscente. Il ministero ha affermato che la Cina ha deciso di sanzionarli per aver gravemente violato la sovranità cinese. “Trattare ogni figura politica in modo diverso sottolinea pienamente l’atteggiamento positivo della Cina nel fissare, stabilizzare e sviluppare le relazioni Cina-Stati Uniti, sperando che i fattori positivi esistenti vengano ulteriormente rafforzati“, ha detto Diao Daming, esperto di studi statunitensi presso la Renmin University di Pechino, al Global Times.

Secondo l’opinionista cinese Yu Jincui, con questa mossa “la Cina ha mostrato ferma risoluzione nel difendere i suoi interessi nazionali e dimostrare il fatto che qualsiasi persona e azione che leda gli interessi della Cina dovrà affrontarne le conseguenze”. I personaggi sanzionati dalle autorità di Pechino “negli ultimi quattro anni hanno promosso una serie di atti frenetici contro la Cina. Hanno anche interferito sfacciatamente nelle questioni interne della Cina, fabbricando bugie, avanzando accuse e cospirazioni su questioni legate alla sovranità come Hong Kong, lo Xinjiang e l’isola di Taiwan. Ciò che hanno fatto ha minato gli interessi della Cina, offeso il popolo cinese e seriamente interrotto le relazioni Cina-Stati Uniti”, si legge nell’articolo a firma di Yu.

L’amministrazione Biden, insomma, sa a cosa andrà incontro. Se deciderà di perseguire una politica di apertura e di collaborazione, accettando il principio della multilateralità e del multipolarismo nelle relazioni internazionali, la Cina sarà ben contenta di lavorare insieme con Washington per la risoluzione delle questioni globali come la crisi pandemica, il cambiamento climatico e lo sviluppo dell’economia; se, invece, il nuovo presidente dimostrerà di voler seguire le impronte del suo predecessore, Pechino risponderà altrettanto duramente, e lo scontro tra le due superpotenze potrebbe chiudersi con una capitolazione degli Stati Uniti e la fine definitiva e fragorosa del loro progetto egemonico imperialista.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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