Dopo più di un anno di indagini, la procura del capoluogo lombardo accusa le aziende del food-delivery di violazione di norme su salute e sicurezza. Intanto, in Italia e non solo, continuano le mobilitazioni dal basso

Proprio nel giorno della mobilitazione internazionale dei rider è arrivata la notizia che che molti aspettavano: giunta a conclusione delle indagini preliminari, la procura di Milano ha notificato ieri alle aziende del food delivery un’ammenda di 733 milioni di euro per violazione di norme su salute e sicurezza. Non solo: le piattaforme, da Deliveroo a JustEat, da Uber Eats a Glovo, sono state anche sollecitate ad assumere oltre sessantamila rider come «collaboratori coordinati e continuativi».

L’indagine, coordinata dal procuratore capo Francesco Greco, era stata avviata in seguito ai molti incidenti stradali che avevano coinvolto i ciclofattorini.

D’altronde, come nota Angelo Avelli di Deliverance Milano, «purtroppo gli incidenti sono all’ordine del giorno». Il collettivo autorganizzato meneghino ha svolto un ruolo cruciale al riguardo. «Avendo una rete abbastanza diffusa di contatti, ci viene subito notificato se si verifica un incidente», spiega ancora Avelli: «Abbiamo così denunciato e fatto veri e proprio bollettini».

L’inchiesta, partita nel luglio 2019 e condotta dal comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri di Milano,  contesta alle piattaforme anche un inquadramento contrattuale fasullo. Parole dure nei confronti delle aziende sono uscite in conferenza stampa: il procuratore Greco ha parlato esplicitamente di “schiavismo”, sottolineando come i rider siano «guidati, sorvegliati, valutati attraverso l’intelligenza artificiale». Tutte ingiustizie che i rider denunciano da tempo.

«Il procuratore sostiene che i rider siano co.co.co e non lavoratori autonomi», conferma Avelli: «Va dunque riconosciuta loro la dignità con un inquadramento contrattuale adeguato e una regolamentazione del settore».

Proprio su questi temi è iniziata ieri, al Parlamento Europeo, la discussione, che coinvolge le parte sociali, sulle condizioni di questi nuovi lavoratori digitali. In contemporanea, l’associazione Alianza Unidos World Action (la rete mondiale che raccoglie i gig workers) aveva indetto una giornata di sensibilizzazione e mobilitazione internazionale, che ha coinvolto anche molte città italiane. A Milano, per esempio, i rider hanno fatto «un piccolo flash-mob, un presidio simbolico in piazza Affari», ci dice sempre Avelli. A Bologna invece la locale Riders Union ha distribuito kit di sicurezza a lavoratrici e lavoratori del food delivery, rimarcando così «la totale latitanza delle aziende inadempienti in materia».

Oggi, alle ore 17, i rider italiani s’incontreranno in un’assemblea telematica a questo indirizzo: l’obiettivo è programmare le prossime settimane di protesta, in previsione di un’altra grande giornata di mobilitazione prevista per fine marzo. Nel frattempo le aziende del food delivery hanno già annunciato ricorsi e contestano tutte le accuse della procura milanese. «La risposta delle piattaforme va invece in direzione opposta: per loro la soluzione è sempre più autonomia», denuncia Avelli.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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