Militari italiani costringono civili jugoslavi a scavarsi la fossa prima di venire fucilati.

Francesco Cecchini

“Non occhio per occhio e dente per dente! Piuttosto una testa per ogni dente”.

Generale Mario Roatta comandante del Regio Esercito nella provincia di Lubiana ai reparti di occupazione della Slovenia. Un ordine esplicitamente diretto contro i civili sostenitori dell’ Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia guidato da Josip Broz Tito.                                           

“TESTA PER DENTE”CRIMINI FASCISTI IN JUGOSLAVIA 1941/1945 è una mostra fotogafica di una decina di anni fa a cura di Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan, Sandi Volk, Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS, Giancarlo Feriotti e altri.

Agli inizi di aprile del 1941, ottanta anni fa, truppe tedesche, italiane e ungheresi invasero il regno di Jugoslavia, che crollò rapidamente, dopo solo una decina di giorni. La spartizione dei territori assegnò all’Italia la Slovenia occidentale, inclusa Lubiana.  Presto si formò un fronte resistenziale che abbracciava, si può dire, tutti i gruppi politici. Iniziò così la repressione italiana che si fece via via più cruda, accumulando veri e propri crimini di guerra, e che portò alla deportazione di decine di migliaia di sloveni nei campi di concentramento italiani.

GIà nel 1920 Benito Mussolini in un discorso tenuto a Pola aveva detto cosa pensava del popolo slavo: “Per realizzare il sogno mediterraneo bisogna che l’Adriatico, che è un nostro golfo, sia in mani nostre; di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara, io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.

Le indicazioni date da Mussolini ai generali Ugo Cavallero, Mario Roatta e Vittorio Ambrosio riguardo la linea di condotta che le truppe italiane avrebbero dovuto seguire in Slovenia erano in armonia con quanto aveva affermato 21 anni prima.

Lo storico A. Del Boca ha fornito un bilancio delle vittime civili in 26 mesi ( 1941 – 1943) di terrore italo fascista nella sola “provincia di Lubiana”:

Ostaggi fucilati per rappresaglia: 1.500

Fucilati sul posto durante i “rastrellamenti”: 2.500

Deceduti per sevizie: 84

Torturati e arsi vivi: 103

Uomini, donne e bambini morti nei campi di concentramento:  7.000

Totale: 11.100

Se si contano i circa 900 partigiani catturati e “passati per le armi” sul posto, nonché le 83 sentenze di morte emesse dal tribunale militare di guerra di Lubiana (che comminò anche 434 ergastoli e 2695 altre pene detentive per un totale di 25.459 anni), le vittime furono più di 12.000.

I villaggi completamente devastati furono 800, e più di 3000 le case saccheggiate e distrutte col fuoco.

Altre tragedie furono i lager fascisti. Arbe fu un vero e proprio lager di sterminio, ma altri campi per slavi vennero furono allestiti in territorio italiano ( Monigo, Gonars, Chiesanuova, Renicci, Visco ) e nel suolo slavo con un coinvolgimento di oltre 100.000 persone, sloveni, croati, montenegrini. Solo dalla provincia di Lubiana ne provenivano 30.000 secondo della diocesi locale, 67.230 secondo fonti juogoslave. Vi sono alcune ottime ricerche, Di là del muro di Francesca Meneghetti,  Un campo di concentramento fascista, Gonars di Alessandra Kersvan ed altri. Il tema dei lager per slavi istituiti dal fascismo con la collaborazione delle autorità militari resta ancora da esplorare per intero.

Bambini denutriti nel campo di concentramento di Gonars.

Alla Croce Rossa che protestò per la denutrizione nei campi di concentrmento, il generale Gastone Gambara rispose: ” Logico e opportuno che campi di concentramento non significhino campi di ingrassamento. Individuo malato, individuo che sta tranquillo”.

Dal 6 aprile in occasione dell’   anniversario dell’   invasione della Jugoslavia, sarà possibile vedere nel sito:

www.occupazioneitalianajugoslavia41-43

la mostra A FERRO E A FUOCO. L’   OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-43, che ha il patrocinio della Camera  dei Deputati. La mostra è composta da cinquanta pannelli, duecento immagini e venticinque testimonianza d’   epoca, che distruggono il mito degli italiani brava gente e prova quanto siano stati cattivi nella Jugoslavia 1941-43.

La mostra è stata curata dallo storico Raul Pupo, con il contributo di Alessandra Kersevan, di Eric Gobetti e di altri storici. Raul Pupo ha dichiarato: ” Altri paesi come la Germania hanno mostrato più coraggio nel fare i conti con il proprio passato oscuro. Speriamo che dopo 80 anni sia venuto il momento giusto”. Proprio per questo è importante che la mostra venga venga diffusa anche il prossimo 10 febbraio, Giorno del Ricordo. Non vanno ricordati solo l’ esodo dall’ Istria e dalla Dalmazia e alcune foibe, ma tutta la storia che hanno portato ai quei fatti. In questo senso la mostra A FERRO E A FUOCO. L’   OCCUPAZIONE ITALIANA DELLA JUGOSLAVIA 1941-43 è un contributo notevole.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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