Come gli altri Paesi colpiti dalle sanzioni statunitensi, anche l’Iran sta soffrendo particolarmente a causa dei crimini imperialisti dell’amministrazione di Washington, il cui atteggiamento non sembra aver subito nessun cambiamento sostanziale nel passaggio di consegne tra il repubblicano Donald Trump ed il democratico Joe Biden. Ricordiamo, infatti, che le sanzioni contro l’Iran furono imposte dal presidente Trump nel maggio del 2018, dopo che egli stesso aveva deciso di ritirare unilateralmente gli Stati Uniti dal Piano d’azione globale congiunto (JCPOA, ovvero Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo multilaterale per regolare il nucleare iraniano.

L’ultimo a denunciare le sanzioni imposte unilateralmente ed illegalmente dal governo degli Stati Uniti è stato Seyed Abbas Araghchi, vice ministro degli Esteri della Repubblica Islamica, che il 12 giugno ha apertamente qualificato tali misure come un crimine contro l’umanità: “Donald Trump se n’è andato, ma le sue sanzioni omicide e illegali sono ancora lì, intatte. Non c’è bisogno di lacrime di coccodrillo quando gli sforzi degli Stati Uniti per impoverire 82 milioni di iraniani continuano“, ha scritto Araqchi attraverso i social network.

Il numero due della diplomazia iraniana ha sottolineato che tali sanzioni impediscono al Paese di svilupparsi commercialmente, e rappresentano un boicottaggio della lotta condotta da Tehrān contro l’epidemia di Covid-19: “Si tratta di terrorismo economico nel belmezzo di una pandemia, è un crimine“, ha detto Araghchi.

In precedenza, anche il titolare del ministero degli Esteri, Mohammad Javad Zarif (in foto), aveva denunciato la strumentalizzazione che gli Stati Uniti fanno del JCPOA per giustificare le sanzioni illegali imposte all’Iran: “Gli Stati Uniti devono tornare pienamente ai propri obblighi e smettere di cercare di usare la guerra economica illegale contro l’Iran come leva negoziale”, ha affermato Javad Zarif. Il ministro ha ribadito la propria posizione anche in una telefonata avuta con il suo omologo britannico, Dominc Raab.

Oramai i crimini degli Stati Uniti sono noti a tutto il mondo, e sempre più membri della comunità internazionale si schierano contro queste politiche imperialiste perpetrate da Washington contro tutti quei Paesi che non si genuflettono all’egemonia statunitense, come Cuba, Venezuela, Nicaragua, Siria, Repubblica Popolare Democratica di Corea e, appunto, Iran.

Da Vienna, Wang Qun, inviato cinese presso le Nazioni Unite, ha preso posizione contro le sanzioni illegali imposte dagli Stati Uniti, chiedendo la completa revoca delle stesse ed il rilancio JCPOA sul nucleare iraniano. Wang ha preso parte alla riunione della commissione mista sul JCPOA, presieduta dal funzionario dell’Unione Europea, Enrique Mora, alla presenza di rappresentanti di Cina, Francia, Germania, Russia, Gran Bretagna e Iran. “Le preoccupazioni dell’Iran su questo problema sono legittime e ragionevoli“, ha affermato Wang, osservando che, per ripristinare la piena conformità con il JCPOA, gli Stati Uniti dovrebbero prima revocare le sanzioni unilaterali contro l’Iran. Wang si è espresso anche in favore della fine dell’embargo sulle armi convenzionali all’Iran, giudicandolo incompatibile con il JCPOA e con le relative risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Alain Matton, portavoce dell’UE, ha detto ai giornalisti sabato che l’UE continuerà i colloqui con tutti i partecipanti al JCPOA e separatamente con gli Stati Uniti “per trovare modi per avvicinarsi il più possibile a un accordo finale nei prossimi giorni“. “Stiamo facendo progressi, ma i negoziati sono intensi su una serie di questioni, compreso il modo in cui devono essere attuate le misure“, ha affermato il portavoce.

Sui colloqui di Vienna si è espresso anche Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, secondo il quale sono stati compiuti progressi significativi. Tuttavia, anche Khatibzadeh ha precisato che “la nostra posizione è la stessa di prima. Tutte le sanzioni statunitensi devono essere revocate“. “Tutte le sanzioni imposte durante l’era Trump con l’obiettivo di distruggere il JCPOA e privare l’Iran degli interessi di questo accordo devono essere revocate”, ha detto. Il portavoce iraniano ha esortato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a non seguire “l’eredità della precedente amministrazione statunitense“.

Per l’Iran quella in corso è una fase particolarmente delicata. Il Paese è infatti stato pesantemente colpito dalla pandemia, che ha colpito oltre tre milioni di persone e ucciso almeno 82.000 iraniani. Inoltre, il prossimo 18 giugno, 59 milioni di aventi diritto saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente del Paese, che prenderà il posto di Hassan Rouhani, il quale non potrà ricandidarsi dopo aver occupato la carica per due mandati consecutivi. I cittadini saranno chiamati a scegliere tra sette candidati: Amir-Hossein Ghazizadeh, Abdolnaser Hemmati, Saeed Jalili, Mohsen Mehralizadeh, Ebrahim Raisi, Mohsen Rezaee, Alireza Zakani.

Ebrahim Raisi, capo del sistema giudiziario dal 2019, è considerato come il grande favorito dai sondaggi. Il sessantenne appartiene al partito conservatore denominato Associazione dei Chierici Militanti, dal quale proviene anche il presidente uscente. Torneremo a parlare delle elezioni presidenziali iraniane nei prossimi giorni.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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