In Turchia, da mesi, continuano gli attacchi ad attivist* femminist* dopo che il presidente Erdoğan ha annunciato l’uscita del paese dalla convenzione di Istanbul, prevista ufficialmente per il primo di luglio. Nel frattempo prosegue anche la dura criminalizzazione delle forze progressiste: due fenomeni collegati tra loro

Il 1° luglio 2021 è la data definitiva di uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Il presidente turco Erdoğan ha preso la decisione di ritirarsi alcuni mesi fa, ritenendo tra l’altro che fosse necessario impedire la «normalizzazione dell’omosessualità» per proteggere i «valori familiari e sociali» della Turchia.

Sia in Turchia sia a livello internazionale, attivist* femminist* sono sces* in piazza per mesi contro queste politiche misogine, omofobiche e transfobiche.

Sabato 19 giugno, in migliaia si sono riunit* in un grande incontro a Istanbul per protestare contro il ritiro. In un paese in cui le donne e le persone queer già subiscono continua violenza e vengono uccise giorno dopo giorno, ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul significherebbe che i colpevol* di questa discriminazione dovrebbero temere ancora meno conseguenze. Non solo: le persone colpite sarebbero sostenute ancora peggio di prima.

Foto di Jeanne Menjoulet da Flickr

Al contempo, il partito di sinistra Hdp (Partito democratico dei popoli) sta affrontando criminalizzazione ed enormi attacchi. L’Hdp è l’unico partito in Turchia con una chiara posizione e strategia femminista.

Il ritiro dalla Convenzione di Istanbul e gli attacchi contro l’HDP entrambi fanno dunque parte di un’ampia politica antifemminista e patriarcale del governo AKP/MHP.

Il 17 giugno, nella città di Smirne (Izmir), l’edificio del partito, che di solito è sotto la sorveglianza della polizia giorno e notte, è stato bersaglio di un attacco armato in pieno giorno, con Deniz Poyraz, attivista curda e membro dell’HDP, uccisa da sei colpi di pistola sparati da un fascista turco. Deniz è stata uccisa perché era curda e perché era donna. È stato un femminicidio e allo stesso tempo un attacco contro la lotta per la liberazione di Kurdistan.

Solo pochi giorni dopo l’attacco a Smirne, la Corte costituzionale ha accettato la richiesta di bandire l’Hdp. La messa al bando del partito è oggetto di discussione da molto tempo. L’Hdp è stato ripetutamente diffamato e attaccato in pubblico e nei media: giornalisti e politici di destra e nazionalisti hanno condotto una campagna diffamatoria nei suoi confronti per anni.

Ora che la procedura di messa al bando è stata aperta, il futuro di un partito di sinistra con almeno sei milioni di elettori dipende da una giuria di quindici membri.

In particolare, le donne dell’Hdp e la loro volontà incrollabile sono percepite e ritratte come un pericolo pubblico. Molte di loro, come Gültan Kışanak, Sebahat Tuncel e Figen Yüksekdağ, sono state in prigione per anni. Anche Leyla Güven, rappresentante politica dell’Hdp, conosciuta per la sua storica resistenza nello sciopero della fame, è stata recentemente condannata a 22 anni e 3 mesi di carcere.

Foto di Pascal Van da Flickr

Altre attiviste e associazioni di donne, come il Movimento delle donne libere Tevgera Jinên Azad, sono ripetutamente colpite dalla repressione e dalla violenza della polizia. I manifestanti che volevano commemorare l’assassinata Deniz Poyraz sono stati arrestati o attaccati con gas lacrimogeni e proiettili di gomma. Anche le proteste contro il ritiro dalla Convenzione di Istanbul sono state represse violentemente dalla polizia.

Non è un caso che quest* attivist* siano pres* di mira dallo stato turco. Vengono attaccati perché sono le voci più radicali e determinate contro lo stato.

In una lettera aperta in cui parla della resistenza delle donne in prigione, Leyla Güven scrive: «Alla fine di questa strada difficile, ci aspetta una vita democratica ed ecologica, ci aspetta la liberazione delle donne». A tutti i livelli, maggiormente le donne e le persone queer, vengono attaccate perché sono la minaccia più grande al governo fascista Akp/Mhp. Sopratutto negli ultimi mesi, il governo è sotto un’enorme pressione da quando Sedat Peker, un mafioso e seguace dei fascisti Lupi Grigi, ha rivelato in una serie di video su YouTube lo stretto coinvolgimento dello stato turco con il crimine organizzato e la mafia.

Il governo, che ovviamente è in difficoltà, ha da allora intensificato il suo razzismo contro i curdi e la sua misoginia, incitando all’odio e conducendo una campagna di sterminio contro i movimenti femministi e il movimento di liberazione curdo, come dimostrano le invasioni e gli attacchi intensificati nel Sud Kurdistan (Iraq settentrionale) e nel Rojava (Siria settentrionale).

Foto dall’archivio DINAMOpress

Tutti questi attacchi sono anche da intendersi come attacchi patriarcali mirati. Il governo fascista Akp/Mhp cerca di mantenersi attraverso il suo nazionalismo, l’islamismo, la misoginia e il suo odio per il popolo curdo. Quando le donne e le persone queer si sollevano, lottando per la libertà e l’autodeterminazione e costruiscono rivoluzioni, il governo e i suoi partner jihadisti fanno di tutto per attaccarle e farle passare per terrorist*.

Tuttavia è certo che, alla fine della storia, saranno le lotte delle donne e le lotte femministe a seppellire finalmente il fascismo turco e a costruire la vita libera. Nelle parole del coordinamento delle Komalên Jinên Kurdistan (Le comunità delle donne di Kurdistan), «La lotta comune delle donne, dei popoli e delle forze democratiche riuscirà a gettare questo governo fascista nella pattumiera della storia!».

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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