“Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti. Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia. E varrà la pena ricordare il ‘passaporto interno’ che per ogni spostamento dovevano esibire alle autorità i cittadini dell’Unione Sovietica..”
Questo punto centrale della lettera contro il green pass dei due filosofi Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, per me è sufficiente per prendere virtualmente il loro testo, appallottolarlo e gettarlo, sempre virtualmente. nel cestino.

Non bisogna essere studiosi di fama per affermare ciò che Giorgia Meloni sostiene tutti i giorni, persino con più coerenza reazionaria: gli interventi dello Stato sulla pandemia sono “comunismo”, imitazione di quel paese asiatico nemico assoluto delle libertà occidentali.
Stiamo scoprendo di vivere in un “sistema socialista” senza essercene accorti, così come non ci eravamo accorti che nelle fabbriche c’era la dittatura del proletariato, quando fu tolto l’articolo 18 per ridare agli imprenditori quella libertà che lo Statuto dei lavoratori “opprimeva”.

In realtà, Agamben e Cacciari hanno solo cercato di correggere qualche errore di immagine dei No Vax, che erano arrivati presentare il certificato sanitario come la stella gialla che il nazismo faceva indossare agli ebrei, prima di ucciderli.
I due filosofi hanno portato il discorso su binari più consolidati ed accettati: quelli dell’anticomunismo. Del resto il Parlamento Europeo non ha forse votato l’equiparazione di comunismo e nazifascismo? E i due filosofi sono consolidati europeisti…
Pochi giorni fa, in un negozio a Brescia, ho chiesto quasi distrattamente: “visto che pago con il Bancomat potrebbe inserirmi nella lotteria degli scontrini?” “Noi non facciamo quelle cose comuniste“, mi è stato risposto da un esercente, seguace non so quanto consapevole dei due filosofi.

Giorgio Agamben il 26 febbraio del 2020 scriveva un testo intitolato “L’invenzione di una epidemia”, che iniziava denunciando le “frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta epidemia..”.
Dopo 130000 morti non ha avuto ancora il buon gusto razionale di dire che si era un po’ sbagliato, anzi riprende gli stessi discorsi di allora, come se non fosse successo niente. Potenza dei filosofi, commenterebbe l’orribile comunista Karl Marx.
Massimo Cacciari è stato un accanito sostenitore di Renzi e del renzismo finché sembravano vincenti. Per questo nel 2016 si schierò con la controriforma costituzionale che per molti, e per fortuna anche per la maggioranza dell’elettorato, rappresentava una svolta autoritaria. “Potenza della lotta per la libertà”, direbbe Benedetto Croce, che votò la fiducia a Mussolini.
Ora i due filosofi combattono la “dittatura sanitaria di stampo comunista” e per questo ricevono gli elogi entusiastici della destra reazionaria, che aggiunge: “mica darete dei fascisti anche a loro?”
Tranquilli, non lo facciamo: essi sono perfetti liberali e liberisti reazionari, che si scontrano con altri liberali, che invece oggi sono semplicemente più pragmatici.

È una guerra civile all’interno del mondo liberale, con i fanatici dell’individualismo che oramai parlano come QaNon e si contrappongono a quelli che dicono “qualche regola dobbiamo metterla, altrimenti finiamo in una strage che mortificherebbe l’economia“.
Draghi lo ha affermato chiaramente: “il green pass serve soprattutto a non dover chiudere tutto“.
Così le due anime liberali si legittimano l’una con l’altra e concorrono assieme a cancellare qualsiasi alternativa reale.
Come la gestione della pandemia in Cina ad esempio, che ha prodotto meno di un decimo dei nostri morti su una popolazione venticinque volte superiore. “Ma no, che paragoni fate, quella è una dittatura“, direbbero assieme Draghi, Agamben e Cacciari.
Sono tutti liberali e anche se qui litigano, ovunque nel mondo sono assieme nel combattere “il comunismo”, ossia tutto ciò che ritengono una minaccia per il mondo occidentale degli affari.
La pandemia esiste e uccide e non si combatte con le chiacchiere filosofiche, ma con i vaccini, la sanità pubblica e le regole, mettendo la salute al primo posto e comunque prima degli affari. Per questo bisogna scendere in piazza, non per il diritto al libero contagio.
E il Green Pass non è certo un “atto autoritario”, ma piuttosto la certificazione di un fallimento, una pezza un poco ipocrita messa per coprire i disastri del sistema liberale nel tutelare davvero la salute dei cittadini.

Scommettiamo che alla fine il risultato sarà che il green pass si farà, ma che poi sarà applicato qua e là senza convinzione e senza veri controlli? Come in tante aziende dove si è lavorato e si lavora senza rispettare le norme di sicurezza e senza che le autorità le facciano rispettare?
Viviamo in un paese dove le regole formali sono quelle di Draghi, mentre la vita economica e sociale funziona secondo quelle di Agamben e Cacciari. E lo sanno tutti perfettamente.

Giorgio Cremaschi PaP

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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