Care compagne e cari compagni,

abbiamo appreso che ci sarebbe l’intenzione di invitare i partiti a manifestare sabato senza le proprie bandiere.

Non ci meraviglia che a pronunciarsi in tal senso siano stati partiti che sostengono un governo di unità nazionale.

Noi pensiamo, invece, che sarebbe un errore sul piano politico e culturale se a fare propria questa posizione fosse il sindacato, segnatamente la Cgil, la cui autonomia è stata sempre garanzia di pluralismo.

Premesso che sul piano della correttezza nell’imminenza del voto di domenica non vi è alcun divieto ascrivibile alla cosiddetta “pausa elettorale”, come regolata dalla Legge 212 del 4 aprile del 1956, noi pensiamo che una simile scelta sarebbe un grave errore.

La legge è chiara: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda”.

Una manifestazione sindacale contro il fascismo, aperta alla partecipazione di tutte le forze politiche democratiche, non ha nulla a che fare con la propaganda elettorale.

Non meno grave sarebbe se una simile decisione fosse il risultato di una pressione esercitata in tal senso del Ministero degli Interni, a maggior ragione dopo un fatto grave come l’assalto di sabato.

Sul piano culturale e politico si finirebbe inoltre per
assecondare la tendenza a considerare negativamente i partiti politici e la dialettica democratica.

Il divieto di costituire partiti e di esporne le bandiere è durato venti anni in Italia mentre le manifestazioni antifasciste sono sempre state plurali come la nostra democrazia nata dalla Resistenza.

Lo stesso attacco al sindacato di sabato scorso è figlio di un clima culturale che ha visto la progressiva delegittimazione del ruolo dei partiti sancito dall’articolo 49 della Costituzione.

L’eterno qualunquismo italiano, che don Lorenzo Milani accostava al fascismo, è cresciuto grazie alla delegittimazione e alla progressiva cancellazione delle culture politiche radicate nelle classi lavoratrici che furono alla base delle forze che conquistarono e difesero la democrazia nel corso della storia repubblicana.

Durante il ventennio nero i comunisti rischiavano ogni primo maggio la vita o la galera per esporre in luoghi pubblici le bandiere rosse.

Tutti abbiamo impresse nella memoria le immagini con cui Novecento, il film capolavoro di Bertolucci che tutti amiamo, raccontava il 25 aprile. La grande bandiera rossa con falce e martello cucita di nascosto durante venti anni di dittatura che finalmente veniva tirata fuori come segno di Liberazione tra la gioia e la musica della comunità contadina che l’aveva custodita in attesa di quel giorno.

Troviamo paradossale che nel giorno in cui si difende il sindacato che è stato per un secolo la casa comune di comunisti e socialisti non si possano esporre le nostre bandiere con il simbolo che fu di quei militanti e dirigenti.

Noi che cerchiamo di serbare e trasmettere l’eredità di quella storia anche in tempi così avversi per gli ideali del socialismo vorremmo venire alla manifestazione a portare la nostra solidarietà alla Cgil con le bandiere del nostro partito, come abbiamo sempre fatto.

Crediamo che anche altri abbiano diritto di farlo nel rispetto di quel pluralismo che è principio fondamentale della nostra Costituzione e dell’antifascismo.
Questo tenevamo a dirvi, con la consueta franchezza, nella speranza che il sindacato, e in primo luogo la Cgil, non accolga l’orientamento ad ammainare le bandiere di partito che tanti compagni e tante compagne vorrebbero orgogliosamente portare alla manifestazione antifascista di sabato.

Fraterni saluti

Maurizio Acerbo

Partito della Rifondazione Comunista

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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