La Camera Federale argentina ha confermato le condanne di due ex dirigenti della multinazionale automobilistica Ford per il rapimento e la tortura di 24 lavoratori durante l’ultima dittatura sostenuta dagli Stati Uniti.
I condannati, in collusione con i militari, avevano allestito un centro di detenzione clandestino all’interno dello stabilimento situato a Buenos Aires.
L’avvocato che rappresenta le vittime ha detto a El Salto che sta preparando una denuncia giudiziaria affinché la società FORD (persona giuridica) risponda anche per questi crimini contro l’umanità: “Siamo di fronte a una sentenza storica per l’Argentina e per il mondo”.

Il calendario segnava giovedì 25 marzo 1976: da un lato del tavolo sedevano i direttori della FORD, dall’altra i delegati sindacali, era il giorno dopo il colpo di stato che diede inizio all’ultima dittatura argentina.

Il responsabile delle relazioni industriali di Ford Motor Argentina, Guillermo Galarraga, comunicò con un tono tra lo scherzoso e il violento che, da quel momento, l’azienda avrebbe smesso di riconoscere l’attività sindacale dei suoi lavoratori.

“Puoi spiegarci perché la nostra attività sindacale è interrotta?”, chiese Juan Carlos Amoroso, uno dei delegati.

“Perché questa azienda diventa un obiettivo e una priorità militare”, disse il manager, senza ulteriori spiegazioni.

Quando gli operai si alzarono dalle sedie, l’imprenditore guardò il sindacalista e gli disse: “Porta i miei saluti a Camps (capo della polizia di Buenos Aires)”.

“Non so chi sia”, rispose l’operaio.

“Lo scoprirai”, ribatté l’uomo d’affari, provocando le risate degli altri manager.

Amoroso e altri 24 lavoratori dello stabilimento automobilistico Ford, situato nella provincia di Buenos Aires (ancora in funzione), lo “scoprirono” presto chi era Camps e gli altri capi militari.
Furono sequestrati – alcuni direttamente sul posto di lavoro, sulla catena di montaggio dell’azienda – trasferiti in un centro di detenzione clandestino allestito nel campo sportivo dello stesso stabilimento FORD, torturati e rinchiusi in diverse carceri della capitale argentina.

Il manager Galarraga che pronunciò quelle minacce è morto nel 2016 all’età di 92 anni. Riuscì a eludere la giustizia. Non così due dei suoi collaboratori, Pedro Müller, direttore di produzione e secondo nella scala gerarchica del consiglio di amministrazione di quegli anni; e Héctor Francisco Sibilla, capo della sicurezza dello stabilimento. Nel dicembre 2018, la Corte orale federale 1 di San Martín li ha condannati per quei crimini contro l’umanità.

“Stiamo parlando di una sentenza storica per l’Argentina e per il mondo.
È una pietra miliare perché si dimostra ciò di cui si è sempre parlato in ambito accademico e giornalistico: la complicità di alcuni gruppi economici con il terrorismo di Stato. E ciò è confermato in un processo equo dove sono state rispettate tutte le garanzie procedurali. Queste due persone sono state difese dai migliori studi legali”, spiega Tomás Ojea Quintana, l’avvocato che ha rappresentato le vittime.

Dopo il ricorso dei due condannati alla condanna in primo grado, il fascicolo era passato alla Corte di Cassazione Federale e questo tribunale ha confermato la scorsa settimana le condanne e sostenuto l’intero onere della prova nei confronti di questi due ex amministratori. Müller è stato condannato a 12 anni di carcere, due in più di Sibilla, condannato a 10 anni di carcere, che, vista l’età dei colpevoli corrispondono a due ergastoli.

Condanne di questa natura – aggiunge l’avvocato – hanno un solo precedente al mondo: gli uomini d’affari nazisti seduti sul banco degli imputati durante i processi di Norimberga.
“Chi crede che questi siano fatti ormai passati sbaglia. Hanno a che fare più che mai con il futuro, con la necessità di avere aziende impegnate nei diritti umani quando fanno affari”, chiarisce.

“Il prossimo passo, è portare questa multinazionale in giudizio. Questa sentenza è contro due persone fisiche, contro due ex dirigenti. Purtroppo a causa di restrizioni legali non siamo ancora stati in grado di citare in giudizio la società. Ci stiamo preparando per questo. I manager rappresentavano questa azienda. Cosa ha da dire Ford a riguardo? Questo è ciò che vogliamo scoprire. La cosa buona di questa sentenza è che ci regala un’altra battaglia legale”, sottolinea.

Dopo la sentenza del tribunale, il segretario per i Diritti Umani argentino, Horacio Pietragalla Corti, ha invitato la multinazionale a “fare un passo istituzionale” su questo oscuro passato. “E’ una buona opportunità per l’azienda Ford iniziare istituzionalmente a contribuire al processo di Memoria, Verità e Giustizia che il nostro Paese sta conducendo”, ha affermato.

traduzione Rete solidarietà rivoluzione bolivariana

https://www.elsaltodiario.com/argentina/directivos-ford-condenados-lesa-humanidad-dictadura

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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