La Camera dei Deputati ha approvato la messa in stato di accusa del capo dello Stato per il caso Pandora Papers. Ora passa al Senato, in caso di approvazione, sarà destituito dalle sue funzioni. Un deputato ha parlato 15 ore durante il dibattito per riuscire a far passare la mozione

Con 78 voti a favore, 67 contrari e 3 astenuti, la Camera dei Deputati e delle Deputate del Cile ha approvato la messa in stato di accusa del presidente Sebastián Piñera. L’iter giudiziario stabilisce che ora la mozione passerà al vaglio del Senato. Se verrà approvata, comincerà un processo costituzionale che implicherà la destituzione del presidente dalla sua carica, con un anticipo di quattro mesi dallo scadere del suo mandato. Nel caso in cui la procedura arrivi a termine, la Costituzione stabilisce che l’incarico debba passare al ministro degli Interni e della Sicurezza pubblica, e in questa eventualità Rodrigo Delgado diventerebbe il nuovo capo dello Stato.

UN DISCORSO RECORD PER RAGGIUNGERE I VOTI NECESSARI

Un fatto sorprendente legato al voto è stato l’intervento durato quindici ore del deputato Jaime Naranjo, del Partito socialista (PS), che è risultato essere parte di una strategia per riuscire a ottenere i numeri necessari a far passare l’impeachement alla Camera bassa.

Infatti, per raggiungere i 78 voti favorevoli mancava quello di un deputato del Frente amplio, Giorgio Jackson. Quest’ultimo non ha potuto assistere alla sessione dell’8 novembre perché si trovava in quarantena dopo aver avuto un contatto ravvicinato con una persona positiva al Covid-19. Ciò gli ha impedito di partecipare alla votazione, valida solo se l’eletto è presente in aula.

Il periodo di isolamento terminava a mezzanotte [di lunedì 8 novembre, ndt.], e il deputato è potuto tornare a votare in presenza già a partire da martedì. Per questa ragione Naranjo ha tenuto un discorso di 1300 pagine, che è durato quindici ore, il tempo necessario a dare la possibilità a Jackson di andare a votare.

La Camera dei Deputati e delle Deputate del Cile (foto da Flickr)

COME HA AVUTO ORIGINE LA RICHIESTA DI MESSA IN STATO DI ACCUSA?

La procedura di impeachment nei confronti di Piñera è stata avviata a seguito dell’apparizione del suo nome nei Pandora papers – resi pubblici dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (la sigla inglese è ICIJ) – un’inchiesta che coinvolge personaggi politici di alto livello di ogni parte del mondo che detengono enormi somme di denaro in paradisi fiscali. Per questo, a ottobre la Procura del Cile ha aperto un’inchiesta penale nei confronti del presidente, indagato per «corruzione, concussione ed evasione fiscale» nel caso riguardante la compravendita dell’azienda Minera Dominga.

Questo progetto coinvolge la famiglia del presidente Piñera e l’imprenditore Carlos Alberto Délano.
Nei documenti diffusi tramite i Panama papers, si è venuto a sapere che i figli di Piñera possedevano il 33,3% del progetto minerario Dominga.

Nel dicembre del 2010, quando Piñera era al governo da appena nove mesi, durante il suo primo mandato, sono state utilizzate due aziende fantasma delle Isole Vergini Britanniche per vendere le azioni all’imprenditore Carlos Alberto Délano, amico di Piñera.

Inoltre l’operazione è stata vincolata alla condizione che la miniera non sarebbe stata scavata in una zona di protezione ambientale o in una riserva naturale, così da non ostacolare l’operatività del progetto.

ALTRI LEADER REGIONALI COINVOLTI NELL’INCHIESTA

Oltre Piñera, nei Pandora papers appaiono i nomi di altri due presidenti della regione: Guillermo Lasso, dell’Ecuador, e Luis Abinader, della Repubblica Dominicana.

Guillermo Lasso, presidente dell’Ecuador (foto di Hugo Ortíz da Flickr)

Nel caso ecuadoregno, il presidente ha creato due trust in Sud Dakota nel dicembre del 2017, tre mesi dopo la promulgazione da parte del congresso della legge che proibisce ai funzionari pubblici di possedere beni in paradisi fiscali. Analogamente, Abinader, imprenditore e politico più ricco della Repubblica Dominicana con un patrimonio di 70 milioni di dollari, è proprietario di almeno due aziende basate a Panama. Queste sono state create nel 2011 (Littlecot Inc.) e nel 2014 (Padreso S.A.), quando l’attuale capo di Stato era direttore generale del Grupo Abicor.

La lista include anche gli ex-presidenti colombiani César Gaviria e Andrés Pastrana; il peruviano Pedro Pablo Kuczynski; il paraguayano Horacio Cartes; l’honduregno Porfirio Lobo; i salvadoregni Alfredo Cristiani e Francisco Flores; e tre panamensi: Carlos Varela, Ricardo Martinelli y Ernesto Pérez Balladares. Appaiono anche figure collegate a diversi politici e dirigenti latinoamericani. Il caso più clamoroso è quello del consulente politico Jaime Durán Barba, conosciuto in Argentina per essere il “guru” del governo di Mauricio Macri.

Articolo apparso originariamente su Notas Periodismo Popular. Traduzione per DINAMOpress a cura di Milos Skakal.

In copertina Sebastián Piñera (foto da Flickr).

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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