ByPaolo Desogus

Secondo la scienza politica la stabilità consiste nell’assetto durevole di un sistema politico, o di una formula o di una compagine di governo. In pratica si traduce in un sistema che garantisce il primato dei mercati finanziari sull’autonomia della politica.

Il mantra della “stabilità”

La parola d’ordine è ora stabilità. Secondo il coro dei media Mattarella garantirebbe la “stabilità” delle istituzioni. Dopo la sua elezione il governo sarebbe più “stabile”.

Anche Draghi è “stabilmente” contento. Mentre la sinistra è “stabilmente” inesistente.

“Stabili” sono poi i mercati, così come “stabili” sarebbero i rapporti internazionali con l’UE e con gli USA, che però non si sa dove ci vogliono trascinare con l’affare ucraino.

A me pare che di stabile ci sia solo il declino del paese, stabilmente in mano a un’oligarchia che non sa a che santo votarsi pur di controllare le istituzioni democratiche. Vediamo che razza di legge elettorale verrà varata nei prossimi mesi.

Ad ogni modo avremmo bisogno di instabilità, di discontinuità, insomma di cambiamento.

La frattura tra paese reale e istituzioni è sempre più ampia e non è da escludere che l’urgenza di una trasformazione non sorga dal basso, in forme poco piacevoli, poco educate e persino irrazionali se la politica continuerà a starsene in altre faccende affaccendata.

A un certo punto bisognerà però anche sottrarsi dal riflesso condizionato che porta a bollare come fascismo, sovranismo o altro qualsiasi domanda di trasformazione.

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Foto di Falco Ranuli

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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