Linea dura di Israele in campagna elettorale, gara della repressione a destra di Netanyahu, e in Cisgiordania è quasi guerra civile, segnala Michele Giorgio su ‘Pagine Esteri’. Numerose vittime per diversi bersagli politici in casa palestinese. Per Israele in Cisgiordania, è già il ‘dopo Abu Mazen’. Il punto di Remocontro*.

Pugno di ferro di Israele e crollo dell’Anp di Abu Mazen. Cisgiordania in fiamme

Gli eroi da troppa repressione

«Martedì, mentre nella notte una calma carica di tensione regnava lungo le linee tra Israele e Gaza, l’esercito israeliano di fatto trasformava Ibrahim Nabulsi, 26 anni, in un eroe nazionale palestinese», nel racconto di Michele Giorgio. Le unità scelte dell’esercito che hanno circondato il suo rifugio nella casbah di Nablus, in Cisgiordania. Ma il giovane palestinese, ricercato da Israele, ha scelto di non arrendersi. Ha resistito, risposto al fuoco, poi ha capito che per lui era finita e prima di essere ucciso, è riuscito a registrare un messaggio vocale su WhatsApp e l’ha inviato alla madre, per salutarla e per spiegare la sua decisione di non arrendersi.

La tragedia del martirio

Pochi secondi dopo i militari israeliani hanno lanciato un razzo contro l’edificio in cui Ibrahim Nabulsi, si era barricato. L’esplosione ha ucciso tutti quelli che erano all’interno. Oltre a Nabulsi, sono morti altri due palestinesi, Islam Sabbouh, e un adolescente di 17 anni. Ma l’audio del figlio alla madre e l’esortazione ai compagni di lotta a resistere all’occupazione è poi finito su tutta la rete, più esplosivo di qualsiasi ordigno. E in una infernale sequenza di fatti, la notizia che anche il bilancio dei palestinesi uccisi nei giorni scorsi dai bombardamenti a Gaza era salito a 49.

Da terrorista a leggenda

E Nabulsi, considerato dagli israeliani un ‘pericoloso terrorista’, in poche ore è diventato una figura leggendaria. Sui social e i giornali palestinesi sono state ricordate ed esaltata le tante volte in cui era sfuggito alla cattura da parte dell’intelligence israeliana – l’ultima due settimane fa – usando rifugi diversi e gallerie sotterranee.

Il mito dove manca la speranza

«Proprio come fece il leader palestinese Yasser Arafat nel 1967 nelle settimane successive all’occupazione israeliana della Cisgiordania prima di rifugiarsi in Giordania», ci ricorda Pagine Esteri. O come Ahmad Tabouk, il ‘Robin Hood’ della casbah di Nablus, che combatteva l’occupazione ed estorceva denaro alla borghesia ricca della città per distribuirlo alle famiglie povere di Nablus. Arrestato dall’Anp e riabilitato come agente di polizia, fu ucciso dall’esercito israeliano durante la seconda Intifada.

Simboli a unire e quelli a dividere

«Nabulsi non è un simbolo unificante per i palestinesi come la giornalista Shireen Abu Akleh, uccisa a Jenin lo scorso maggio», segnala Michele Giorgio per aiutarci a capire. Nabulsi, militante e combattente schierato, e denunciare assieme, repressione israeliane e fratture politiche interne palestinesi. «In Israele cambiano i governi ma non le politiche nei confronti dei palestinesi – commenta Nasser Abul Hadi, un giornalista cisgiordano – Israele usa solo la forza, non analizza i cambiamenti che avvengono nella società palestinese, sul terreno, e non bada alle conseguenze dell’occupazione militare che dura da 55 anni».

Nuovi martiri a perpetuare l’odio

I proiettili che sparano i soldati, aggiunge Nasser Abul Hadi, «stanno creando nuovi eroi per milioni di persone stanche dell’occupazione. I giovani palestinesi non accettano di vivere in queste condizioni e non pochi fra loro si uniscono alle organizzazioni armate, specie nei campi profughi di Jenin e Nablus».

Quest’anno non meno di 1.720 persone sono state arrestate, sia palestinesi che cittadini arabi di Israele. Sessantasei palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania da gennaio a giugno, rispetto agli 81 dell’intero 2021. La scorsa primavera, in attacchi armati palestinesi, 19 persone a Tel Aviv e altre città.

Qualche occhio ebraico più attento

Anche sulla stampa in lingua ebraica, c’è chi sottolinea che qualcosa di rilevante sta avvenendo in Cisgiordania. E non solo per la crescente influenza di Hamas. La leadership dell’Anp di Abu Mazen sta progressivamente perdendo il controllo. A dimostrarlo sono i continui raid israeliani anche nelle aree A (il 14% della Cisgiordania) che ufficialmente ricadono sotto la piena autorità del governo palestinese. Il quotidiano Haaretz in un articolo di qualche giorno fa lasciava intendere che Tel Aviv non crede più alle possibilità dell’Anp di svolgere azioni di «antiterrorismo». Perciò preferisce lanciare raid in Cisgiordania, scontrandosi spesso con i combattenti palestinesi ed effettuando decine di arresti ogni settimana.

Già il dopo Abu Mazen

Secondo Haaretz, le previsioni fatte dal governo israeliano su cosa accadrà il giorno dopo la morte di Abu Mazen sono già superate: il cambiamento in Cisgiordania è già avvenuto mentre l’anziano rais è ancora al potere.

Remocontro

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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