Ferdinando Pastore

Nel video in cui un sommo esponente del PD romano urla, minaccia, ricatta, non preoccupano gli eventuali risvolti penali ma  il metodo e il linguaggio che cristallizzano una mentalità da capo-mandamento.

Il PD romano e i bravi ragazzi della competenza amministrativa

Dagli squali della finanza agli squali della politica. Da quando la politica si è fatta attrezzatura per il mercato tanto da non assegnarsi alcuna finalità morale, ideale o etica, sgorgano epiteti da teppismo di strada.

Pseudonimi da latitanti coraggiosi. Rambo, Rocky, corsari e mammasantissime. Il mercimonio di tessere, voti, incarichi è avvolto da atmosfere romanzesche.

Impreziosito dall’equivalenza con la competenza, con la buona gestione amministrativa, con il piglio di chi ci sa fare, di chi la politica la conosce nei suoi reticolati più angusti. La politica del fare che fabbrica il vuoto. Un vuoto asfittico di raggelante terrore.

Il tecno-fascismo della competenza, della meritocrazia individuale ha una sua derivata antropologica che può venire allo scoperto in qualsiasi circostanza. Chi “merita”, chi “si è fatto da solo”, possiede il potere di vita e di morte sui ranghi inferiori.

Poco importa se le caste basse non siano preconfezionate dal censo ereditario o dalla razza. Lo squadrismo dell’umiliazione corporale, psicologica riscopre la sua grammatica fascista nel rapportarsi ai vassalli.

Nel video in cui un sommo esponente del Partito Democratico (Albino Ruberti) urla, minaccia, ricatta (verso i fratelli Vladimiro e Francesco De Angelis) non preoccupano tanto eventuali risvolti penali della controversia. Poco importa l’antefatto.

Più pungenti e significativi il metodo e il linguaggio che cristallizzano una mentalità da capo-mandamento. Dall’inginocchiamento all’incaprettamento il passo è breve.

L’immaginario, i riferimenti culturali sono presi in prestito dalla retorica delle baby gang adolescenziali. Viene introiettato lo spirito di concorrenza in una dinamica di ferocia compulsiva. Codice morale della prevaricazione.

Così le consorterie dell’ideologia privatistica, chiamate impropriamente partiti, si aggirano losche, guardinghe, dietro la patina immaginifica dell’impegno civile. Le squadracce d’assalto nascondono i manganelli dietro i sipari delle associazioni sociali, culturali, filantropiche.

Con arie da pedagoghi i suoi miliziani impartiscono lezioni sulla prevaricazione sorridente e appagante. Sulla compostezza moralistica da mostrare in pubblico quando nelle segrete stanze le lame dei ricatti, degli agguati, delle minacce diventano discorsività comune.

A Roma questo sottobosco di passione culturale per la criminalità inonda la città con il susseguirsi di eventi immancabili. Le dedizione amministrativa è accessoriata da kermesse musicali, circoletti Arci, centri sociali occupati, teatri o cinema riqualificati, fiumi di progetti artistico/imprenditoriali, sensibilità robotizzata per le minoranze.

In questa giungla d’asfalto i clan di sinistra e di destra, entrambi appassionati di libero mercato, stringono patti d’acciaio, rotti o ricomposti a seconda delle spartizioni concordate o disattese. E fanno fronte comune contro chi prova a rompere quel faticoso equilibrio frutto di anni e anni di summit al vertice.

Nei quali per rispetto ci si presenta disarmati. Armi semmai da rispolverare in casi straordinari. Come la pioggia di “proiettili” scaricata giornalmente sul sindaco uscente. Forse poco incline nell’inchino ossequioso agli uomini e alle donne d’onore. Chi si sottrae all’inginocchiamento è di per sé inaffidabile. O incompetente.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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