Le grandi compagnie petrolifere e del gas spendono decine di milioni di dollari per promuovere il loro impegno ambientale, mentre solo circa un decimo dei loro investimenti è destinato realmente allo sviluppo di nuove produzioni di energia a basse emissioni di carbonio. A dirlo è un recente studio di InfluenceMap, un thinktank indipendente che si occupa di finanza climatica e che ha analizzato la comunicazione pubblica di cinque aziende del settore petrolifero e del gas: BP, Chevron, ExxonMobil, Shell e TotalEnergiesSecondo il report, il 60% della comunicazione pubblica delle cinque aziende nel corso del 2021 riporta almeno un’affermazione sulle loro azioni a favore della sostenibilità ambientale. In media, però, le società hanno dedicato solo il 12% della spesa in conto capitale ad attività a basse emissioni di carbonio. ​​Le attività nel settore dei combustibili fossili, invece, sarebbero citate in meno di un quarto del materiale pubblicitario preso in analisi da InfluenceMap. Così le aziende spendono quasi tutto il loro budget in comunicazioni che puntano ad accrescere la loro credibilità in campo climatico: 750 milioni di dollari all’anno, complessivamente, per sembrare “green”. 

A questi dati manca anche una fetta enorme da studiare: infatti InfuenceMap ha analizzato 3.421 contenuti tra articoli e post sui siti web aziendali, comunicati stampa, relazioni, discorsi e account sui social media di aziende e CEO, mentre non sono stati esaminati gli annunci pubblicitari, dal momento che non è stato possibile ottenere i dati sulla pubblicità globale di ogni azienda. Il risultato, anche senza l’analisi degli annunci promozionali, sembra evidente. «In sostanza, abbiamo scoperto che le grandi compagnie petrolifere spendono milioni di dollari in pubbliche relazioni ecologiche, con una campagna davvero sistematica per presentarsi come favorevoli al clima», ha dichiarato Faye Holder, responsabile del programma di InfluenceMap. «Ma allo stesso tempo, continuano a fare pressioni per mantenere i combustibili fossili e investire in un futuro energetico davvero insostenibile, con alti livelli di petrolio e gas e una spesa molto bassa per attività a basso contenuto di carbonio».

Per dare qualche altro elemento emerso dallo studio, la dichiarazioni più ricorrente, in comune a tutte le compagnie, riguarda gli sforzi per una “transizione del mix energetico” e, ancora, nessuna delle pagine “Chi siamo” sui siti web delle aziende le descrive come compagnie petrolifere e del gas. «Il miglior esempio, a mio avviso, –  ha spiegato Holder – è stato quello della BP: nella loro pagina “Chi siamo”, menzionano la parola “petrolio” solo due volte. Ed è in fondo alla pagina, in una sezione chiamata ‘La nostra storia’, dove si descrive come l’azienda sia sempre stata un’azienda energetica in transizione, dal carbone al petrolio, al gas, fino a questo futuro a basse emissioni di carbonio». Appare chiaro come nella presentazione al pubblico l’intenzione sia di dissociarsi dal petrolio e dal gas e associarsi, invece, al clima e al futuro.

Cumulativamente, sono 750 i milioni di dollari investiti all’anno per questo scopo: comunicare le attività aziendali a favore del clima. Questa cifra, inoltre, non include i costi delle agenzie pubblicitarie o di PR esterne ma considera solo i costi della comunicazione interna alle aziende. L’importo reale per una comunicazione green è probabilmente molto più alto.

Secondo il rapporto di InfluenceMap, Shell ha fatto il maggior numero di dichiarazioni ecologiche, con il 70% delle comunicazioni pubbliche che sottolineavano le attività a favore dell’ambiente, mentre solo il 10% della spesa in conto capitale è stato investito in basse emissioni di carbonio, seguita da ExxonMobil con un rapporto simile (65% – 8%), e da TotalEnergies, con il 62% e 25%. 

Shell ha contestato i risultati, affermando che InfluenceMap non ha tenuto conto delle attività a basse emissioni di carbonio incluse nella sua divisione marketing, come ad esempio la ricarica dei veicoli elettrici, i carburanti a basse emissioni di carbonio e una joint venture in Brasile. «Per contribuire a modificare il mix di energia che Shell vende, dobbiamo far crescere rapidamente queste nuove attività» ha dichiarato un portavoce della compagnia. «Ciò significa far sapere ai nostri clienti, attraverso la pubblicità o i social media, quali sono le soluzioni a basse emissioni di carbonio che offriamo ora o che stiamo sviluppando, in modo che possano cambiare quando è il momento giusto per loro». Tuttavia, dall’analisi della spesa in conto capitale delle cinque società, è emerso che tutte le compagnie hanno previsto un aumento della produzione di petrolio e gas nei prossimi cinque anni, ad eccezione di BP, che nel 2026 dovrebbe avere livelli simili a quelli del 2021. Inoltre, InfluenceMap ha anche notato che queste cinque aziende, in particolare negli Stati Uniti, svolgono continue pressioni sui politici. Il report rileva che ci sono «prove del fatto che ogni azienda, ad eccezione di TotalEnergies, si è impegnata direttamente con i politici per sostenere le politiche che incoraggiano lo sviluppo di nuovo petrolio e gas nel 2021-22».

Secondo il portavoce di Shell gli investimenti in questi combustibili sono necessari perché il mondo avrà ancora bisogno di petrolio e gas per molto tempo e «solo questi ci garantiranno di poter fornire l’energia su cui le persone dovranno ancora contare, mentre le alternative a più basso contenuto di carbonio vengono potenziate».

[di Sara Tonini]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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