La complessa architettura della Bosnia-Erzegovina potrebbe avere vita breve con il riacutizzarsi delle tensioni interetniche. Ma le elezioni del 2 ottobre hanno dato un chiaro segnale contro i nazionalismi, anche di fronte al “golpe illiberale” dell’Alto rappresentante Christian Schmidt.

L’organizzazione politica della Bosnia ed Erzegovina nasce in seguito al sanguinoso conflitto jugoslavo, che portò alla nascita della nuova entità. Il Paese fu allora suddiviso, secondo una logica federale, tra la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, comprendente le comunità bosniaco-musulmana e croata, e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (o Republika Srpska), abitata dalla comunità serba. Nel 2000, a seguito di lunghe dispute, fu poi istituito il distretto di Brčko, appartenente ad entrambe le entità federate, per permettere la continuità territoriale della Republika Srpska.

Dagli accordi Dayton, che posero fine al conflitto interno, si istituì inoltre una triplice presidenza, con ognuna delle tre comunità (bosniaco-musulmana, croata e serba) che ha il diritto di eleggere un proprio rappresentante come capo di Stato: gli elettori della Republika Srpska si esprimono sul rappresentante dell’etnia serba, mentre nella Federazione di Bosnia ed Erzegovina vengono votati il candidato croato e quello bosniaco-musulmano. I tre presidenti eletti, poi, si alternano nel corso del mandato per l’esercizio effettivo della funzione.

Per quanto riguarda il parlamento unicamerale, i 42 deputati vengono eletti con un metodo proporzionale, venendo così suddivisi: 28 nella Federazione di Bosnia ed Erzegovina e 14 nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.

Il 2 ottobre, i cittadini bosniaci sono stati chiamati alle urne per le elezioni generali, in un momento in cui la complessa architettura dell’ex repubblica jugoslava sembra traballare sempre più a causa del riacutizzarsi delle tensioni tra i gruppi etnici. Come se non bastasse, nel corso delle elezioni ha avuto luogo quello che Jasmin Mujanović, esperto di Balcani, ha definito su Al Jazeera come un “golpe illiberale”, per via di un cambiamento repentino della legge elettorale, a chiaro vantaggio dei nazionalisti croati.

La politica bosniaca del dopoguerra è stata dominata da una cricca di partiti nazionalisti che hanno mantenuto il potere fomentando divisioni settarie, mentre presiedevano vaste reti clientelari che hanno contribuito a cementare ulteriormente la loro presa sulla popolazione”, ha commentato Mujanović in un articolo pubblicato sulla testata con sede in Qatar. “Ma dopo quasi tre decenni di crescente stagnazione e decadimento sociale ed economico, gli elettori bosniaci hanno chiaramente consegnato mandati a coalizioni disparate di attori riformisti”.

Ma queste scoperte democratiche da parte degli elettori bosniaci sono state viziate dall’inspiegabile decisione del principale inviato internazionale del Paese, l’Alto rappresentante Christian Schmidt, di imporre emendamenti di ampia portata alla legge elettorale bosniaca solo pochi minuti dopo la chiusura delle urne domenica”, ha proseguito Mujanović. “In tal modo, Schmidt ha contribuito a fornire uno straordinario monopolio del potere a uno dei partiti nazionalisti che compongono l’oligarchia al potere”.

Osservando con attenzione i risultati elettorali, spicca la pesante sconfitta di Bakir Izetbegović, presidente uscente e leader del Partito di Azione Democratica (Stranka demokratske akcije, SDA), principale partito nazionalista bosniaco, che ha ottenuto solamente il 37,48% delle preferenze, battuto da Denis Bećirović del Partito Socialdemocratico (Socijaldemokratska partija Bosne i Hercegovine, SDP-BiH), che ha raggiunto il 57,29% dei consensi.

Per quanto riguarda la componente etnica croata, Željko Komšić ha ottenuto la riconferma con il 54,59% dei consensi. Il candidato del Fronte Democratico (Demokratska fronta, DF) ha sconfitto Borjana Krišto, che si è fermata al 45,41% in rappresentanza del principale partito nazionalista croato, l’Unione Democratica Croata della Bosnia-Erzegovina (Hrvatska demokratska zajednica Bosne i HercegovineHDZ-BiH). Le vittorie congiunte di Bećirović e Komšić significano che per la prima volta nella storia la maggioranza dell’esecutivo bosniaco sarà composta da membri di sinistra e antinazionalisti.

Diverso il discorso per la componente serba, dove lo scontro era tutto tra partiti nazionalisti. A vincere è stata comunque la più moderata Željka Cvijanović dell’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (Savez nezavisnih socijaldemokrata, SNSD), la formazione che governa la Republika Srpska dal 2006. Cvijanović, che succede alla presidenza a Milorad Dodik, altro esponente della SNSD, ha ottenuto il 52,57% delle preferenze, superando il separatista intransigente Mirko Šarović (36,05%), leader del Partito Democratico Serbo (Srpska demokratska stranka, SDS).

Tuttavia, come anticipato, la decisione dell’Alto rappresentante Christian Schmidt di modificare la legge elettorale a elezioni in corso ha fortemente minato il già fragile processo democratico nel Paese, indebolito anche dalla bassissima affluenza alle urne (pari a circa il 35% degli aventi diritto). Secondo gli accordi di Dayton, l’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR) esiste per salvaguardare l’accordo, nonché la sovranità e l’integrità territoriale del Paese. Secondo gli osservatori, Schmidt avrebbe abusato dei suoi poteri, modificando la formula per la nomina dei delegati alla camera alta dell’ente parlamentare della Federazione, la Camera dei Popoli.

Sebbene il suo intervento sia stato promosso come un cambiamento che darebbe alle minoranze più diritti di essere rappresentate, di fatto ha consegnato un monopolio permanente all’HDZ nel caucus croato della camera, e quindi l’intera camera, poiché sono richiesti solo due terzi di un caucus per invocare un veto”, ha spiegato ancora Jasmin Mujanović. In pratica, i nazionalisti croati, pur avendo perso le elezioni, avranno un potere spropositato nel parlamento di Sarajevo, e tutto questo grazie all’intervento di Schmidt, che non mina solo il processo democratico, ma dimostra anche come la Bosnia-Erzegovina resti ancora oggi un Paese a sovranità limitata.

Con solamente il 15% dei voti al proprio attivo, i nazionalisti croati dell’HDZ avranno il diritto di veto su qualsiasi legge e risulteranno determinanti nella formazione del nuovo governo. La mossa di Schmidt, inoltre, è stata fortemente voluta dal governo di Zagabria, che sostiene i nazionalisti croati in Bosnia. La decisione dell’Alto Rappresentante rischia dunque di provocare rinnovate tensioni tra i gruppi etnici all’interno della Bosnia-Erzegovina, venendo meno alla sua funzione di garante dell’unità nazionale.

Secondo molti osservatori internazionali, le tensioni interetniche in Bosnia-Erzegovina non sono mai state così forti dalla fine della guerra. Sia nella componente serba che in quella croata ci sono molte spinte centrifughe che, a lungo termine, potrebbero portare ad una scissione definitiva del Paese, con conseguente nascita di nuovi Stati o annessione di alcuni territori da parte di Serbia e Croazia.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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