In questi giorni gli scioperi dei lavoratori del settore petrolifero stanno paralizzando la Francia e mettendo in scacco il governo Macron. La mobilitazione mostra inoltre la via contro il carovita e l’importanza dei settori strategici della classe lavoratrice per il movimento ecologista, laddove la sinistra neo-riformista punta tutto sulla mediatizzazione di alcune proposte fiscali. “Fare come in Francia” deve essere lo slogan in Italia, ma perché questo avvenga i movimenti devono fare un salto di qualità politico.


Da oltre tre settimane le raffinerie francesi sono coinvolte da un’ondata di scioperi motivata dalla richiesta di aumenti salariali, di fronte agli enormi profitti macinati dalle aziende energetiche nel quadro delle speculazioni legate alla guerra in Ucraina. L’estensione del movimento a una serie di impianti chiave di Total e EXXON durante l’ultima settimana ha letteralmente paralizzato la circolazione su ruota nel paese transalpino, a causa del blocco dei rifornimenti di benzina in buona parte delle stazioni di servizio. Di fronte al crescente impatto dello sciopero, mercoledì 12 ottobre il governo Macron inviava la polizia a casa di alcuni gruppi di operai dello stabilimento EXXON di Saint Jerome in Normandia per costringerli a recarsi a lavoro, invocando il diritto di precettazione per le attività di pubblica utilità.

La mossa sembra però essere stata controproducente: ieri, infatti, ha incrociato le braccia anche la raffineria di Donges (nel dipartimento della Loira) la quale nei giorni scorsi aveva ripreso regolarmente la produzione. Nel frattempo, i ferrovieri di un centro di manutenzione a Parigi hanno dichiarato di voler scioperare in sostegno alla mobilitazione, mentre la federazione dei chimici CGT (Confederation Generale du Travail – principale sindacato francese, legato storicamente al PCF) ha promesso azioni nei prossimi giorni. In realtà la vertenza era già riuscita ad avere un impatto politico al di là delle rivendicazioni salariali dei raffineurs. Sull’onda dello sciopero, infatti, i vertici della CGT  hanno deciso di ritirarsi dal “dialogo sociale” impostato con il governo per discutere la riforma delle pensioni. Il picco della mobilitazione raggiunto in questi giorni e la repressione governativa hanno inoltre obbligato a solidarizzare con i lavoratori del settore petrolifero anche Melenchon e il suo partito (NUPES – Nouvelle Unione Populaire Economique et Sociale).

Il 16 ottobre la forza risultata egemone a sinistra nelle ultime elezioni ha in programma una marcia contro il caro-vita e l’inazione da parte dell’establishment sui temi ambientali, entrambe questioni che si collegano alla lotta degli operai delle raffinerie. Questa lotta infatti non mostra solo una via per contrastare l’inflazione, ma – nella misura in cui riduce il traffico automobilistico – ha anche un impatto ecologico positivo (corroborato dai risultati di uno studio effettuato su uno sciopero simile, ma di minor portata, avvenuto nel 2010). Tuttavia, solo in questi giorni – ovvero dopo ben tre settimane dall’inizio della lotta – Melenchon si è accorto degli scioperi. Così, invece di collegare la battaglia generale contro l’inflazione e la crisi ambientale alla lotta operaia, egli ha puntato tutto sulla mediatizzazione di proposte come la tassazione degli extra-profitti. La manifestazione di questo sabato conferma l’impostazione, dato che non è associata a nessuna sfida nei confronti della CGT a lanciare uno sciopero generale in solidarietà ai raffineurs, contro gli aumenti di prezzi, e per chiudere qualsiasi porta alla riforma delle pensioni.   

Questa è invece la posizione che stanno portando avanti i compagni della nostra organizzazione sorella Revolution Permanente, in prima linea nel coordinamento lavoratori Total, i cui rappresentanti hanno trovato spazio proprio sul sito di Revolution Permanente, quando ancora i media mainstream facevano di tutto per invisibilizzare la vertenza. La compagna Elsa Marcel sta inoltre operando come avvocato del coordinamento e in questa veste, ieri, è stata interpellata dalla televisione pubblica per spiegare l’illegittimità della precettazione imposta dal governo contro i raffineurs

Le mobilitazioni in Francia, ancora una volta, mostrano come la forza materiale della classe lavoratrice – in particolare dei suoi settori strategici – possa avere un ruolo politico determinante; una realtà che in Italia non appare così evidente. Qualcosa a dire il vero si è mosso in questo senso: si pensi all’adesione da parte del movimento ecologista alla “convergenza” lanciata dal collettivo GKN, in parallelo a una crescente comprensione del rapporto inscindibile tra lotta al cambiamento climatico e temi del lavoro. Il circolo vizioso tra sconfitte e passivizzazione, e il peso di una burocrazia sindacale ben più forte che oltralpe, impone però uno sforzo ulteriore se si vuole davvero “fare come in Francia”. Non ci si può permettere semplicemente di convergere in alcune date di piazza. L’intervento attivo tra i lavoratori per favorirne l’organizzazione e la mobilitazione deve diventare un orientamento e una pratica quotidiana da parte dei movimenti e della sinistra radicale, sulla sfondo di rivendicazioni come la scala mobile sui salari e la nazionalizzazione del settore energetico e automotive sotto i controllo di lavoratori e utenti per la riconversione ecologica.

Django Renato

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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