Ieri è stata la giornata delle manifestazioni ‘parallele’ per la pace a Milano e Roma, ma che proprio come le rette non potranno mai incontrarsi. Se non nelle acrobazie programmatiche dei democratici. E infatti sono arrivati i prevedibili fischi a Letta…
Il flop di Calenda a Milano, i fischi a Letta
Per brevità di sintesi iniziale diremo che a Roma si è sfilato per la pace e la ripresa delle trattative, a Milano per il sostegno all’Ucraina senza mettere in discussione l’invio di armi. Ma le differenze sono in realtà ancor più profonde, anche all’interno delle stesse manifestazioni.
La manifestazione di Roma è stata grande, ricca, partecipata, come non se ne vedevano da tempo. Piazza del Popolo era piena. Si è parlato di centomila partecipanti verosimilmente. Ed è stata un successo non malgrado ma proprio in quanto c’erano posizioni diverse e perfino contraddittorie. Che però avevano un denominatore comune, unica sintesi possibile, nonostante i distinguo e qualche polemica inevitabile- ovvero che la pace non è il risultato ma la precondizione della giustizia, nonché della politica.
Com’era prevedibile, la tensione è scoppiata alla comparsa del segretario democratico Enrico Letta, subissato di fischi e contumelie.
Un manifestante gli urla “fascista! Vai via, dopo l’invio delle armi, cosa ci stai a fare qui?”. Prima che riesca a raggiungere la piazza, giungono altri fischi. Poi le transenne del servizio d’ordine si aprono e lui si “salva” dalle contestazioni. “Dentro, sotto il palco, il segretario parlotta un po’ col sindaco Gualtieri. Poi con Laura Locri. Ma resta in un angolo, come un corpo estraneo”, ha scritto Buccini sul Corriere della sera
“Abbiamo messo in conto i fischi, ma la nostra posizione è giusta e in linea con la storia della sinistra italiana”, il commento dal Nazareno
La difesa d’ufficio, imbarazzante, ancor più perchè ammantata dal tono della sacralità oratoria dogmatica dell’autore, arriva la sera da Ezio Mauro a In Onda su La7. “Ma perché la piazza ha fischiato Letta?“: chiede Concita De Gregorio all’ex direttore di repubblica. Aggiungendo: “Sono il segno della distanza di quella piazza dal PD?”
E arriva la contorsione dialettica di Mauro che ripropone sotto diversa veste la visione binaria del conflitto, lo scontro di valori tra un “noi” e un “loro”: “La piazza non ha risolto i problemi con l’Occidente. Sono in gioco i valori della democrazia e dell’Occidente, ciò che noi siamo”.
Capito? Secondo don Mauro, Letta è stato fischiato perché la ‘sinistra in piazza ha un problema con l’Occidente’. Siamo alla propaganda da anni ‘50. Redbaiting
E veniamo alla piazza di Milano, e qui le cose diventano ancora più surreali. All‘Arco della pace la manifestazione pro Ucraina organizzata da Italia viva e Azione non si vede nessuna bandiera della pace ma tanti vessilli dell’Ucraina e dell’Unione europea.
L’area è desolatamente semi-vuota. Per gli organizzatosi sono presenti circa 5mila persone. Più realisticamente i ‘bollettini’ parlano di un migliaio scarso di persone. Nonostante questo i media si danno un gran da fare per pomparla. Interviste , collegamenti, parallelismi con l’altra manifestazione (Il tg5 riesce ad accorpare le due manifestazioni con un unico titolo: migliaia di manifestanti a Milano e Roma). I buoni uffici di Calenda verso i grandi media continuano a dare i loro frutti.
Nella piazza milanese ci sono tanti striscioni “contro l’aggressione russa” e a favore delle sanzioni europee. La manifestazione sarebbe per il popolo ucraino ma gli organizzatori hanno parlato soprattutto dell’altra iniziativa, quella di Roma. La parola pace viene citata poche volte. Si sentono più spesso le parole “libertà“, “resistenza“, “armi“.
Il senso dell’iniziativa di Calenda e soci è riassumibile in: “Non può esistere una pace senza giustizia, serve la vittoria militare dell’Ucraina“.
Ettore Rosato, il padre della nostra funesta legge elettorale, ha scritto su twitter: “A nessuno piace mandare armi. Lo facciamo perché il popolo ucraino è vittima di un’aggressione ingiustificabile. Solo gli amici di Putin, i codardi e gli opportunisti si voltano dall’altra parte”,
Dunque a Milano c’è una piazza (una piazzetta diciamo) arringata da Carlo Calenda che vuole la pace ma non la nomina mai, attacca gli avversari politici e dichiara apertamente di puntare alla vittoria militare dell’Ucraina come condizione della pace, cioè continuare il conflitto senza neanche tentare la via diplomatica.
È mancato solo l’afflato retorico, la celebrazione personalistica del suo avvento in piazza come epopea. Per il resto, parole simili, credo si siano sentite solo nel 1914 dopo che spararono all’arciduca Francesco Ferdinando. E come sapete tutti non portarono nulla di buono…