Lorenzo Villani 

Nel corso degli ultimi decenni le nostre società sono state attraversate da una sequenza di cambiamenti rilevanti. In questa evoluzione va evidenziato come, al di là del susseguirsi delle varie fasi e innovazioni tecnologiche, permanga costantemente uno strato della popolazione escluso da tale avanzamento. È da questi presupposti che prende le mosse il fenomeno del digital divide, il quale si articola in una pluralità di ramificazioni e indica il sistema di limitazioni che una percentuale più o meno ampia di individui incontrano nell’avere accesso a internet e ai dispositivi elettronici. Trattasi quindi di ostacoli che vanno dall’impossibilità di accedere alla rete all’assenza di dispositivi che ne consentano l’utilizzo.

Occorre tuttavia superare la riflessione improntata unicamente sulle condizioni tecniche che determinano le differenze che intercorrono fra gli utenti al fine di comprendere un ulteriore settore nel quale le disparità digitali si manifestano: le capacità di utilizzo e di comprensione dei processi di innovazione. Nel contesto italiano basta consultare i dati Istat più recenti per comprendere come il panorama sia mutato nel corso degli ultimi decenni. Sono infatti molteplici i rapporti che evidenziano come, oggi, le famiglie prive di un computer nelle proprie abitazioni rappresentino ormai una percentuale minoritaria. Parallelamente a tale fenomeno si assiste anche a un abbassamento dei costi dei dispositivi, della connettività e degli strumenti digitali che favorisce una loro più facile acquisizione sul mercato da parte dei consumatori. Tale ridimensionamento consente di evidenziare la rapidità dei mutamenti emersi negli ultimi anni, la quale dà vita ad un paradosso: l’accesso alle nuove tecnologie sembra infatti aver subito una variazione che lo ha trasformato da un privilegio esclusivo riservato ad un pubblico ristretto a un requisito necessario ai fini dell’esercizio della cittadinanza digitale.

Tuttavia occorre considerare che il raggiungimento di elevate possibilità di accesso tra la popolazione non esaurisce il costante pericolo del manifestarsi delle diseguaglianze digitali. Al contrario, il superamento dell’accesso fisico dà vita ad un’inedita dimensione delle disparità. Per comprendere questa ulteriore area del fenomeno è quindi necessario distinguere tra due livelli di analisi: il livello dell’accesso materiale e il livello delle competenze d’uso.
Questo secondo livello è caratterizzato dalla presenza di due poli: da un lato coloro che dispongono delle capacità e degli strumenti cognitivi volti alla comprensione dell’attuale universo della conoscenza, dall’altro coloro che risultano relegati in una dimensione di analfabetismo che inibisce loro la possibilità di intervento e di comprensione di tale universo. Al netto di tale carenza, i destinatari di questa inedita forma di diseguaglianza si trovano immersi in una condizione di arretramento che impedisce qualsiasi forma di intervento nell’ambito della conoscenza; oppure, laddove vi siano margini di coinvolgimento, essi risultano ineguali fra i due poli.

Quella dell’utilizzo si presenta quindi come una barriera immateriale che concorre alla realizzazione di una suddivisione degli utenti all’interno della dimensione digitale. Tale barriera è da intendersi come il coronamento di un processo evolutivo che il digital divide ha sviluppato nel corso della sua evoluzione.

Il livello delle competenze d’utilizzo e le forme di stratificazione al suo interno

Ai fini di un’adeguata misurazione della sfera delle competenze d’uso vi sono diverse categorie di analisi che mirano a rilevarne le caratteristiche. Si ricorre all’utilizzo di strumenti quali le conoscenze digitali, le abilità informatiche o alla più generale alfabetizzazione funzionale.
La complessità del livello delle competenze si traduce nella capacità di uscire dalla visione polarizzata e dicotomica tesa unicamente a distinguere gli haves dagli have nots e raggiunge livelli di disparità che necessitano di essere misurati alla luce delle loro gradazioni. Non è più sufficiente, quindi, individuare la linea di demarcazione che separa coloro che godono dei benefici della conoscenza da coloro che risiedono ai margini di tale dimensione. La sfera delle competenze di utilizzo, per essere compresa, richiede uno sguardo che sappia distinguere le differenze e i livelli di intensità che la compongono. Ai fini della comprensione del livello delle competenze d’uso degli utenti è necessario prendere in esame una serie di fattori che si collocano alla base dell’utilizzo delle ICT. Fra tali fattori risultano rilevanti la frequenza con cui si accede a internet, il livello di istruzione e il reddito. Queste tre variabili si intersecano con ulteriori aspetti che regolano la permanenza in rete degli utenti e vanno dunque intese come tre macroaree da cui è possibile osservare la dimensione delle competenze e il loro rapporto con il digital divide.

Secondo le rilevazioni Istat del 2021 è possibile osservare le disparità presenti in ambito di frequenza di utilizzo che intercorrono tra gli utenti aventi differenti livelli di istruzione. In particolare, si registra come gli utenti di sesso maschile aventi la sola licenza di scuola elementare o non aventi alcun titolo di studio tendano a utilizzare internet in misura nettamente inferiore (49,6%) rispetto agli utenti laureati (94,3%). Disparità, quest’ultima, che persiste anche sul versante della frequenza di utilizzo quotidiana, secondo cui solo il 32,5% della prima categoria utilizza internet quotidianamente a fronte dell’86,3% della seconda categoria cui abbiamo fatto riferimento[1]. Le risorse legate al livello di istruzione, alle conoscenze pregresse e alla preparazione culturale determinano in misura rilevante le modalità di utilizzo della rete e delle attività che vengono svolte al suo interno, oltre a rappresentare un elemento rilevante in tema di frequenza di utilizzo.

Ulteriore area in cui si registra un principio di diseguaglianza si riscontra in materia di disparità di genere. La rilevanza di tale dinamica risiede nella presenza dei divari digitali anche all’interno della stessa categoria. In particolare, se si analizza il gruppo di utenti aventi una licenza di scuola elementare o nessun titolo di studio che utilizzano internet, è possibile rilevare la disparità che separa le donne (36,5%) dagli uomini (49,6%). Va poi osservato come tali percentuali tendano a variare negativamente sul versante della frequenza di utilizzo quotidiano, secondo cui la categoria maschile presenta percentuali ben più elevate (32,5%) rispetto a quella femminile (23,1%)[2], pur avendo lo stesso livello di istruzione. La distanza che si inserisce tra le due categorie in questione non può quindi essere spiegata facendo riferimento unicamente a variabili relative a fattori tecnici o economici. Al contrario, su tale versante si entra in un ambito che affianca le tradizionali diseguaglianze di genere come, ad esempio, quelle legate al reddito. Le diseguaglianze di genere in materia di frequenza di utilizzo vanno quindi intese come il compimento di un percorso che attraversa anche l’ambito sociale e culturale.

  • Tab 3.2: Frequenza con cui ci si collega ad Internet secondo genere e titolo di studio nel 2021 (per 100 utilizzatori di Internet).
<strong>Le disuguaglianze digitali generano nuove forme di emarginazione sociale</strong>
Fonte: Elaborazione su dati Istat per l’anno 2021.

In relazione alle diseguaglianze relative al reddito è necessario innanzitutto evidenziare come tale ambito rappresenti una costante all’interno delle diseguaglianze della conoscenza, divenendo il principale parametro d’analisi nella valutazione delle disparità in ambito culturale. Nella situazione odierna un aspetto interessante che emerge dalle rilevazioni estratte nel 2021, risiede nella distanza che separa in materia di semplice utilizzo di internet la categoria di coloro che hanno un lavoro (90,4%) da coloro che sono disoccupati o che risultano alla ricerca di un nuovo impiego (80,5%)[3]. Trattasi di un’osservazione che evidenzia come la stabilità economica di un individuo possa operare in maniera positiva nella direzione di una maggiore attivazione e di un maggior coinvolgimento nella dimensione informativa e culturale. Parallelamente, coloro che sono esclusi dal mondo del lavoro, e che dunque risultano economicamente svantaggiati, tenderanno a percepire la propria condizione di emarginazione anche in ambito digitale, riflettendo le preesistenti diseguaglianze economiche e sociali anche nella dimensione virtuale.

Ulteriore disparità, anch’essa di analoghe dimensioni, la si può evidenziare in ambito di utilizzo quotidiano di internet in relazione alla differenza che intercorre tra la categoria composta da dirigenti, imprenditori, liberi professionisti (86,5%) e quella composta da operai e apprendisti (67,4%)[4]. Anche su tale versante si evidenzia come una frequenza di utilizzo quotidiana registri percentuali maggiori all’interno di quelle categorie che risultano già socialmente ed economicamente avvantaggiate.

Tab 3.3: Frequenza con cui ci si collega ad Internet secondo la condizione occupazionale nel 2021 (per 100 utilizzatori di Internet)

<strong>Le disuguaglianze digitali generano nuove forme di emarginazione sociale</strong>
Fonte: Elaborazioni su dati Istat per l’anno 2021.

Secondo l’istituto di indagini statistiche Nielsen, nel 2019 le piattaforme maggiormente utilizzate a livello mondiale risultano essere Google e Facebook, ed è proprio verso questi due grandi attori che si dirige la maggioranza degli introiti pubblicitari.  Internet, nonché l’apice del sogno di decentralizzazione, ha condotto al più grande monopolio della storia della conoscenza umana. L’analisi del report stilato da Nielsen consente di evidenziare il paradosso consistente nella capacità di una rete many to many di favorire in maniera così radicale un duopolio privato, generando l’effetto contrario agli obiettivi di democratizzazione della conoscenza che fin dalle origini avevano motivato la sua stessa esistenza. Tale considerazione porta inevitabilmente a sostenere che l’enorme sforzo rivoluzionario da sempre associato a internet, come strumento capace di divulgare la conoscenza a chiunque, è in realtà fallito nel corso del suo sviluppo.

Sulla base di tali osservazioni è necessario domandarsi in quale direzione si stia orientando il web: verso la democratizzazione del sapere o verso la riproposizione di tradizionali rapporti di potere da sempre presenti nell’universo della conoscenza? Nella situazione odierna, le aziende che operano all’interno dell’industria culturale tendono ad individuare nel profitto un primato indiscusso, improntando la propria attività sulla sola vendita di beni e servizi e trascurando, di conseguenza, la consapevolezza e le competenze d’uso degli utenti. Se questa priorità ha contribuito al superamento del limite delle diseguaglianze in materia di accesso materiale, essa oggi rappresenta il principale ostacolo in materia di comprensione dell’universo della conoscenza in quanto, pur rendendo disponibili sul mercato gli strumenti necessari ai fini di un coinvolgimento nella dimensione virtuale, concorre a relegare quote rilevanti di utenti in una condizione di analfabetismo digitale. In tal modo si assiste alla riduzione dell’individuo alla sola figura di consumatore di contenuti multimediali, il quale, in assenza dei livelli di competenza d’uso richiesti per un utilizzo consapevole, viene esonerato dalle attività di fruizione e divulgazione della conoscenza e risulta maggiormente vulnerabile alle tendenze degenerative derivanti da competenze d’uso ineguali.

In conclusione, nonostante la portata epocale dei cambiamenti intervenuti negli ultimi anni, è necessario evidenziare come all’interno delle nostre società persistano delle contraddizioni che assumono un carattere immutabile. Proprio in tale quadro di ambivalenze si inseriscono le diseguaglianze digitali. Trattasi di un fattore che, rappresentando l’evoluzione e la trasposizione in ambito digitale delle originarie diseguaglianze della conoscenza da sempre presenti in ambito culturale, testimonia il livello di intensità delle asimmetrie presenti nella dimensione virtuale. Al netto di tali considerazioni è possibile affermare che le diseguaglianze rappresentino una variabile che non ha mai conosciuto una netta neutralizzazione

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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