La discesa in campo di Elly Schlein per un ‘civatismo’ moderato

Elly Schlein si candida a guidare il Partito Democratico per una sinistra perfettamente compatibile con l’impianto ‘americano’ e liberale, senza alcuna abiura. Siamo nel fatuo regno dello pseudo-carisma apocrifo e femmineo da contrapporre alla Meloni.

Fine corsa: la discesa in campo di Elly Schlein

Di Fausto Anderlini*

Ho ascoltato l’instagram della discesa in campo di Elly Schlein e ad esso vorrei stare evitando ogni altra considerazione. Salvo un accenno a una bella parlata che si differenzia da quella altrettanto elegante di Cuperlo solo per l’assenza di citazioni erudite.

Ambiente, diritti civili, lotta alle disuguaglianze e al lavoro precario, reti comunitarie. Un processo costituente inteso in una chiave enfaticamente ‘costruttiva’, senza abiure, autocritiche di sorta. Senza analisi storica e ricerca intorno al patrimonio genetico

Dulcis in primis la rivendicazione della sua autonomia personale. Questo il succo.
Volessi trarne una sintesi direi un veltronismo in salsa radicale. Cioè un civatismo moderato. Una sinistra ‘democrat’ perfettamente compatibile con l’impianto ‘americano’ e liberale del Pd, senza dovere peraltro ricorrere alla retorica ulivista delle origini.

Perfettamente interfacciata con quella socialdemocrazia ondivaga e degenerata come saragattismo modernista incarnata da Bonaccini. Con la Confindustria hig-teck al posto del lavoro povero e precario, questa. E le cinture industriali e imprenditoriali al posto della ztl e dei ceti riflessivi.

Rimanessero davvero in campo come unici antagonisti essi disegnerebbero, nella loro combinazione/contrapposizione, qualcosa di assolutamente conforme al profilo evolutivo che la visione veltroniana aveva posto al centro del Pd. Sebbene un veltronismo senza Veltroni e altri padri nobili. Tutti consegnati al dimenticatoio post-renziano.

Entrambi i volti possono attrarre flussi di identificazione e amalgamarsi in una narrazione democrat che però rimane distonica rispetto alla fase storica e al paese reale. Che a contendersi possano essere il Presidente dell’Emilia Romagna e la sua Vice-presidente la dice lunga su una pasta fatta in casa che segnala anche una palese distonia geo-politica che porrà seri problemi, malgrado il soccorso arbitrale dei media amici-interessati.

Le posizioni politiche, ma anche e soprattutto quelle identitarie, non si misurano su valori e sensibilità genericamente professati, ma sulle grandi ‘fratture’ che attraversano il corpo sociale e lo spazio politico.

E non è affatto per caso che nel discorso della Schlein neppure un cenno sia stato dedicato a due fratture fondamentali: quella internazionale (la guerra, fedeltà atlantica e modi di interpretarla) e quella nazionale Nord/Sud (tema dell’autonomia differenziata).

Solo per caso le due fratture che hanno determinato l’esito elettorale. Sicchè se nel discorso Schlen manca la storia, anche l’attualità non abbonda. E va da sè che anche il tema delle alleanze e il sistema politico restano tabu.

Per come si configura l’autocandidatura di Elly Schlein è, obiettivamente, un elemento divisivo rispetto alla sinistra. Ne diluisce la forza critica e depista una parte di aderenti nel fatuo regno dello pseudo-carisma apocrifo e femmineo da contrapporre alla Meloni.

Inutile girare intorno alla questione con insistite giaculatorie. Il gioco è questo e qui si corre il rischio di ripetere l’errore del Pd alla prova della vituperata legge elettorale: giocare a calcio su un campo da basket.

Nell’epoca della personalizzazione non esiste un programma politico che non si incarni in una leadership. È sempre stato così, anche se nel passato i congressi con le tesi facevano da tritacarne, mentre qui i nomi, le facce, sono portatori di programmi che neanche vengono scritti.

Un casting foto-telegenetico piuttosto che una lotta egemonica di idee schierate. Nel ‘congresso’ Pd non sono previste tesi, ma primarie. Per quanto il percorso possa essere allungato non si parlerà d’altro che di ciò che si sarebbe voluto evitare. Cioè di nomi.

E allora sarebbe il caso che la ‘sinistra’ che ha aderito alla costituente dopo le tante interviste rilasciate sul dover essere le stili lei le sue tesi, complete in ogni parte, con al centro le ‘fratture’ da ricomporre, radicali perchè vanno davvero alla radice. Ne faccia materia di discussione tirando fuori nel contempo un leader che le rappresenti.

Così avremmo tutti le idee più chiare su come combattere la battaglia politica e su come trarne le conseguenze. Dopo tanti appuntamenti mancati sarebbe il caso di prendere il tram se davvero si intende evitare che una forza popolare di carattere autenticamente socialista e cristiano sociale sia rimossa dalla storia nazionale, qualcosa di nuovo, oltre il Pd ma anche oltre i DS, è l’ultima corsa.
Sono un romantico. Penso a Lenin, a quel treno che corre nella notte dell’Europa, alle tesi di Aprile…

* Grazie a Fausto Anderlini 

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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