Fabio Falchi

Il pericolo che si deve evitare è che il crollo o la “progressiva degenerazione” del neoliberalismo equivalga ad una “catastrofe globale”.

Neoliberalismo e geopolitica

Allorché si discute di neoliberalismo è necessario intendersi non solo sulla differenza tra neoliberalismo e liberalismo ma anche e soprattutto sulla differenza tra ciò che si può definire come liberalismo antico (in particolare dei Greci) e liberalismo moderno.

Scopo principale del liberalismo antico, infatti, era quello di cercare di risolvere la questione politica per eccellenza, vale a dire come conciliare un ordine politico che non sia oppressione con una concezione della libertà che non sia né arbitrio né licenza (il fatto che storicamente questa conciliazione non ci sia mai stata o ci sia stata solo in forme più o meno imperfette conta poco sotto il profilo metapolitico).

In particolare, per il liberalismo antico decisiva era l’antropologia politica giacché l'(auto)formazione spirituale dei membri della polis era considerata la condizione necessaria perché vi fosse una polis “rettamente ordinata” sotto il profilo politico.

Scrive Leo Strauss: “L’educazione liberale è l’antidoto contro la cultura di massa, i suoi effetti corrosivi e la sua tendenza intrinseca a non produrre altro che ‘specialisti senza spirito di discernimento ed epicurei senza cuore’. L’educazione liberale è la scala con cui cerchiamo di salire dalla democrazia di massa alla concezione della democrazia nel suo senso originario. È lo sforzo necessario per fondare un’aristocrazia nell’ambito della società democratica di massa. L’educazione liberale ricorda la grandezza umana ai membri della democrazia di massa che hanno orecchie per intendere.”

(Strauss sapeva bene, del resto, che lo Stato omogeneo e universale, che è lo scopo politico “ultimo” del neoliberalismo, sarebbe stato il trionfo del conformismo e la fine della “filosofia” – intesa come espressione della intelligenza critica non sottomessa al potere – ovverosia la dittatura “perfetta”. Criticando l’ordine politico delineato da Kojève, scrive infatti Strauss: “Kojève […] conferma la concezione classica secondo cui il progresso tecnologico illimitato […], inteso come condizione indispensabile per la creazione dello Stato universale e omogeneo, è distruttivo dell’umanità dell’uomo”).

In questo senso, non solo il liberalismo dei moderni è nettamente diverso da quello antico, come sostiene Strauss, ma il neoliberalismo è l’esatto contrario del liberalismo antico.

Tuttavia, non vi è errore peggiore che credere che per combattere il neoliberalismo sia necessario un ordine politico “illiberale”, non solo perché un ordine politico fondato sull’oppressione (in cui cioè l’uso della forza – che pure talvolta è indubbiamente necessario – sia “metodo di regno”) non si può certo considerare “migliore” di un regime neoliberale (anche questa è appunto una lezione del liberalismo antico, ma soprattutto perché sarebbe una strategia politica errata, considerando che il regime neoliberale – in quanto si configura come un sistema capitalistico fondato su una volontà di potenza e una bramosia di possesso “illimitate” – ben difficilmente può non rivolgere la propria “punta distruttiva” contro sé medesimo.

Pertanto, il pericolo che si deve evitare è che il crollo o la “progressiva degenerazione” del regime neoliberale equivalga ad una “catastrofe globale”. E questo rileva in specie sotto il profilo geopolitico, perlomeno nella misura in cui il multipolarismo (che, si badi, è un processo storico non una ideologia) può davvero essere un “freno” alla pre-potenza dell‘Occidente neoliberale.

Al riguardo, ci si dovrebbe chiedere se e quanto siano significative sotto il profilo geopolitico le caratteristiche di una determinata formazione politica e sociale, dato che gli Stati non sono come delle astronavi che si muovono nel vuoto cosmico, ma “creature” storiche che agiscono nella storia, come prova il fatto stesso che il conflitto sociale e politico, benché anch’esso possa essere un conflitto tra élites, non “si riduce” solo al conflitto tra élites dominanti.

In definitiva, se l’analisi geopolitica, come insegna la teoria delle relazioni internazionali, deve necessariamente tener conto delle “costanti” che contraddistinguono il conflitto tra diverse “potenze” (e in specie tra “grandi potenze”), non può nemmeno prescindere da un’analisi delle caratteristiche politiche e sociali delle singole “potenze” in lotta tra di loro, come ha dimostrato la stessa storia del secolo scorso.

Sostieni Kulturjam

Kulturjam.it è un quotidiano indipendente senza finanziamenti, completamente gratuito.

I nostri articoli sono gratuiti e lo saranno sempre. Nessun abbonamento.
Se vuoi sostenerci e aiutarci a crescere, nessuna donazione, ma puoi acquistare i nostri gadget.

Sostieni Kulturjam, sostieni l’informazione libera e indipendente.

VAI AL LINK – Kulturjam Shop

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy