Il summit degli uomini ultraricchi e ultraliberisti che vogliono disegnare il futuro di tutte e tutti noi

C’è poca neve quest’anno a Davos. E a mancare sono anche gli oligarchi russi. La guerra in Ucraina, infatti, ridisegna la geografia della ricchezza all’annuale appuntamento del World Economic Forum (WEF) che si svolge nella località elvetica. Un incontro a inviti in cui un pugno di ricchissimi e/o potentissimi (e il maschile non è un caso) discutono dei temi all’ordine del giorno dell’agenda globale. 

Cos’è il World Economic Forum

Nato nel 1971 per iniziativa dell’economista ed accademico Klaus Schwab, il World Economic Forum è una fondazione senza scopo di lucro che, si legge nel sito dell’organizzazione, è «Committed to improving the state of the world». Impegnata a migliorare lo stato del mondo. Partito come European Management Symposium sotto il patrocinio della Commissione europea e di alcune associazioni industriali del Vecchio Continente, aveva come scopo quello di introdurre le aziende europee alle pratiche di management statunitensi.

Dal 1974 gli inviti all’evento annuale sono stati estesi anche a capi di Stato e di governo, allargando sempre più i campi di interesse a questioni economiche e sociali. Anche per rispondere e adattarsi ai grandi cambiamenti che avvenivano, come per esempio il crollo del meccanismo dei tassi di cambio fissi di Bretton Woods o la guerra dello Yom Kippur. E dal 1987 il Simposio ha adottato il nome con cui è noto oggi: World Economic Forum. Puntando a presentarsi come una piattaforma per la risoluzione dei conflitti internazionali.

Davos, località sciistica nelle Alpi svizzere, nel Cantone dei Grigioni, è stata scelta da subito come sede dell’appuntamento che si tiene ogni anno a fine gennaio. Per decenni Davos è stato il luogo in cui artefici e manovratori della globalizzazione neoliberista si riunivano. Ma è stato anche il luogo in cui si sono incontrati Nelson Mandela e Frederick de KlerkYasser Arafat e Simon Peres, Henry Kissinger e ex-dirigenti dell’Unione Sovietica. Davos ha accolto nel 2017 il leader cinese Xi Jinping in un tentativo, da molti osservatori letto come maldestro, di normalizzare l’esperienza cinese riconducendola all’interno della cornice neoliberista occidentale che al World Economic Forum trova la sua summa.

Chi è il “Davos man”

La fondazione organizzatrice del meeting di fine gennaio è finanziata da un migliaio circa di aziende associate. Si tratta, perlopiù, di multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro. E per questo i partecipanti al forum sono principalmente uomini, CEO delle più grandi aziende del Pianeta, ricchissimi.

Il “Davos man”, espressione coniata nel 2004 dal politologo di Harvard Samuel Huntington è un “colletto d’oro”. Membro di una élite. Per alcuni una guida illuminata. «Il vero eroe del 2020». E voi che pensavate a medici e infermieri. Nel suo “Davos Man: how the billionaires devoured the world” pubblicato a gennaio 2022, il giornalista del New York Times Peter S. Goodman disegna un preciso ritratto dei membri di questa classe di miliardari. Si tratta di «persone (per lo più uomini) la cui ricchezza e potere sono così vasti da essere in grado di scrivere le regole per il resto di noi», scrive Goodman.

Un esempio è Marc Benioff, presidente e CEO di Salesforce.com, una società di cloud computing aziendale. È lui che ritiene i CEO i veri eroi del 2020. E come dargli torto? Salesforce.com, nel 2020, ha visto un boom di vendite dei propri prodotti. Portando nelle tasche di Benioff 10 miliardi di dollari da aggiungere alla sua già notevole ricchezza personale.

Numeri e storie che non stupiscono, soprattutto alla luce dell’ultimo rapporto pubblicato da Oxfam International proprio alla vigilia dell’appuntamento di Davos di quest’anno. Dal quale emerge che la disuguaglianze globali si sono acuite, con l’1% più ricco che si è accaparrato quasi due terzi dei 42mila miliardi di dollari di ricchezza creati dal 2020. I patrimoni dei miliardari sono cresciuti al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno.

World Economic Forum 2023: come cambia il Davos man

Sono 116 le persone iscritte a partecipare all’evento di Davos quest’anno. Il 40% in più di 10 anni fa. Specchio di un mondo in cui alla povertà estrema che aumenta corrisponde un aumento della ricchezza estrema.

Mancano gli oligarchi russi, dicevamo. Perché sebbene le tendenze autoritarie e l’avversione alla democrazia di Putin fossero fatti noti da tempo è servita l’invasione russa dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio per porre distanze tra l’Occidente e la Russia, per interrompere (seppure parzialmente) l’acquisto di petrolio e gas. Ma non di uranio.

Mancano i cinesi. Con il Paese alle prese con un’ondata di Covid e dopo che il crollo del mercato azionario nel 2022 ha cancellato 224 miliardi di dollari dalle fortune delle persone più ricche del Paese. I filippini iscritti sono pochi, ma nessuno ha patrimoni con meno di 10 cifre. Aumentano i miliardari provenienti dai Paesi del Golfo, grazie all’impennata dei prezzi del petrolio. E 13 sono i partecipanti provenienti dall’India. Tra di essi Gautam Adani, attualmente la terza persona più ricca del mondo, secondo il Bloomberg Billionaires Index. La sua ricchezza è aumentata di 44 miliardi di dollari l’anno scorso.

Gli americani sono, come sempre, i più numerosi: ben 33. E Wall Street è ben rappresentata, con l’amministratore delegato di JPMorgan Chase Jamie Dimon, Larry Fink di BlackRock e Steve Schwarzman di Blackstone. Dall’Europa partecipano “solo” 18 miliardari. Gli unici partecipanti dal Regno Unito sono indiani: Lakshmi Mittal, del gigante dell’acciaio ArcelorMittal, che ha sede a Londra, e i suoi figli.

world economic forum donne davos 2023 © world economic forum Faruk Pinjo flickr
Il World Economic Forum resta un evento a forte prevalenza maschile © World Economic Forum/Faruk Pinjo/Flickr

Emerge la Davos woman?

A latitare, poi, sono le donne. Solo il 27% delle persone delegate è composto da donne. Si chiama Davos man non per caso, insomma. Anche se un’analisi del maggio 2022 dei ricercatori Shawn Pope e Patricia Bromley evidenzia come negli ultimi otto anni la presenza femminile sia lentamente, ma costantemente aumentata. Parallelamente, è aumentata l’attenzione a temi come l’inclusione sociale e l’ambiente al posto di crescita e sviluppo. Almeno nei comunicati stampa degli ultimi anni pubblicati dall’organizzazione e analizzati da Pope e Bromley.

«Sebbene venga resuscitato dai media ogni anno, l’uomo di Davos dei primi anni Duemila sta diventando un anacronismo», scrivono i due ricercatori. «I cambiamenti, a dire il vero, sono ancora in corso e rimangono molte contraddizioni. Senza dubbio, il nuovo uomo di Davos continuerà a predicare l’uguaglianza, anche se la sua conferenza rimane uno degli eventi più esclusivi dell’anno».

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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