Paolo Desogus

L’industria europea rischia di pagare un prezzo salatissimo con l’attuazione dell’Inflation Reduction Act negli USA, un provvedimento protezionistico, fondato sul sostegno dell’economia nazionale statunitense.

L’Inflation Reduction Act e la debolezza europea

In pochi in Italia hanno preso sul serio il programma statunitense chiamato Inflation Reduction Act (IRA), che consiste in un gigantesco piano di finanziamento dell’industria americana con lo scopo di favorire la transizione ecologica e, allo stesso tempo, di proteggere l’economia USA.

Questo programma è sommamente inviso dall’UE che teme di essere tagliata fuori dal mercato americano. Soprattutto l’industria dell’auto europea rischia di pagare un prezzo salatissimo per questo provvedimento sostanzialmente protezionistico, fondato sul sostegno dell’economia nazionale statunitense.

In Italia non se ne parla, il dibattito è concentrato sulle solite idiozie. L’adesione piatta e acritica del nostro paese al sostegno militare dell’Ucraina segnala del resto la totale dipendenza della nostra politica verso Washington.

Non sono da meno però nemmeno Francia e Germania, i cui ministri dell’economia si sono però organizzati per correre ai ripari con un viaggio congiunto negli Stati Uniti per tentare un accordo separato che salvi le loro rispettive industrie. L’Italia di Giorgia Meloni non è stata invitata a partecipare. Diversamente da Francia e Germania noi sottostiamo alle direttive militari americani senza contropartite.

Da quello che si apprende dai giornali l’obiettivo dei governi di Parigi e Berlino è quello di tornare agli aiuti di stato, dove per stato si intende lo stato nazionale, non l’UE. Una misura del genere metterebbe a rischio la tenuta del mercato unico europeo e dunque la stessa UE.

Inutile dire che a pagarne le spese sarebbe soprattutto l’Italia, che non ha certo le risorse della Germania e neanche della Francia per sostenere l’economia interna. Molte industrie italiane rischiano dunque di non poter stare più sul mercato e di chiudere. Bel risultato: anni e anni di privatizzazioni per ritrovarsi con le pezze al culo proprio nel momento in cui si torna all’economia guidata dallo stato.

Germania e Francia pensano insomma di salvare solo se stesse. Oltre al viaggio congiunto negli USA dei loro ministri, un indizio che sia questa lo loro scelta è dato dalle esternazioni del primo ministro olandese Rutte, che come da tradizione fa da megafono alle posizioni che la Germania non può esprimere apertamente per ragioni diplomatiche. Rutte si è detto contrario a un nuovo pacchetto di debito europeo per aiutare l’economia UE.
Ognuno fa per sé.

L’Italia con un manico di incapaci al governo, un’opposizione in preda alla cretineria (Bonaccini“è il privato che crea il lavoro“) e una comunità politica e intellettuale sostanzialmente marcia non mi pare abbia davanti a sé un grande futuro radioso

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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