Si è denunciato spesso e con molto rumore l’effetto disastroso sull’economia degli Stati Uniti di una catena supereconomica come Walmart, che ha provocato la chiusura di molte grandi catene concorrenti e polverizzato la piccola economia locale, ma si trascura la crescente pervasività di Amazon nel commercio online, e non solo. Questo articolo di The Next Web mostra come la struttura ad ampia rete di Amazon, attiva su molti settori del mercato ma non prevalente in alcuno, le consenta di sfuggire alle regole antitrust, anche se in effetti globalmente ha conquistato una posizione di enorme forza, da cui può controllare i concorrenti e in prospettiva l’intero sistema commerciale.

di Bryan Clark, 

Quando Walmart aprì un punto vendita in una piccola città della Virginia dell’Ovest, Foodland, una catena di alimentari di circa 30 negozi diffusi in ampie aeree del Sud e Sud-est, cedette all’urto. “Tutto è successo da un giorno all’altro, neppure i dipendenti l’hanno vista arrivare “, commentò Pat McKenzie, direttore della Camera di Commercio di Richwood. Quello che era il perno del quartiere chiuse le sue porte nel giro di poche settimane dall’arrivo di Walmart. Piggly Wiggly, una catena più grande di oltre 500 punti vendita, seguì subito dopo.

 

Walmart non è una minaccia che sfugge ai radar. Si avventa sulle città, facendo squillare la tromba, e sbaraglia qualsiasi opposizione debba affrontare. Se i dipendenti di Foodland non l’avevano vista arrivare, significa che non stavano molto attenti.

 

Walmart è la minaccia che conosciamo, ma Amazon è quella a cui dobbiamo prestare attenzione. Invece di annientare totalmente la concorrenza, Amazon segue un approccio più sistematico. I suoi concorrenti non vengono uccisi; sono invece costretti a unirsi ai ranghi di Amazon, una strategia che rende il gigante online più potente per ogni azienda che diventa sua vittima.

 

Amazon è stata fondata da Jeff Bezos come modesta libreria online. Ma negli anni successivi si è rapidamente trasformata nella versione web di Walmart, solo su scala molto più ampia. Ora ci si possono trovare in vendita quasi mezzo miliardo di prodotti, dai generi alimentari alle scarpe da ginnastica. E, come ci si poteva aspettare, ha lasciato vittime lungo la sua strada. Originariamente Amazon era stata considerata una minaccia mortale solo per le librerie indipendenti, quindi anche per le enormi catene come Borders, che buttò fuori dal mercato nel 2011.

 

Poi c’è stata anche Circuit City, nel cui smantellamento Amazon ha giocato una parte importante, dopo averla sostanzialmente trasformata nel proprio showroom. Si potevano toccare e provare i prodotti alla Circuit City, per poi comprarli online, e in genere con uno sconto significativo, su Amazon. In totale Circuit City ha chiuso 567 negozi, soprattutto per la concorrenza dei rivenditori online.

 

Amazon non ha fatto piazza pulita. Ci sono ancora Good Guys, Tower Records e innumerevoli altri rivenditori indipendenti, di cui probabilmente non avete mai sentito parlare.

 

Ma non è un singolo concorrente che spinge fuori dal mercato un gigante del commercio al dettaglio. Come ha affermato una volta Larry Chiagouris, professore di marketing presso la Lubin School of Business della Pace University:

 

Nessun business chiude a causa di un solo concorrente. Di solito la causa è da ricercare in una combinazione di fattori. Ma il fattore Amazon è diventato la causa principale della graduale scomparsa di interi settori, dalle librerie ai negozi di dischi, ai negozi di elettronica; è un killer di categorie.

 

Amazon potrebbe essere l’eccezione a questa regola. I suoi effetti si fanno sentire su tutti: su Levi’s, Sears, Nike e, sì, perfino su Walmart – che quest’anno prevede di chiudere 269 punti vendita.

Chiunque si preoccupa per Walmart, dovrebbero piuttosto perdere il sonno su Amazon.

 

Quanto è cattiva?

 

Amazon è una forza dirompente volta al dominio globale, un business il cui obiettivo è, come ha affermato  Motherboard, “cercare di controllare le infrastrutture sottostanti alla nostra economia”.

E sta facendo un buon lavoro.

Con 480 milioni di prodotti, è difficile anche solo immaginare la dimensione dell’operazione. Il 52 per cento di tutte le vendite di libri ha luogo su Amazon, il 43 per cento di tutto il commercio online passa attraverso questa piattaforma, e Amazon possiede il 45 per cento del mercato del cloud computing.

Di ogni due dollari spesi online, quasi uno viene speso su Amazon. E quel che è peggio, secondo Bloomreach, società di consulenze di mercato, gli acquirenti spendono questo denaro senza mai visitare un altro sito.

 

Questa attività massiccia potrebbe diventare ancora più grande nei prossimi anni. Amazon ha già manifestato interesse per vendere automobili , offrire prestiti , fornire farmaci con ricetta e gestire il tuo conto in banca.

 

E questa è solo la punta dell’iceberg. Con più di 80 milioni di utenti di Prime negli Stati Uniti – una cifra che è raddoppiata in soli due anni – Amazon sta silenziosamente attirando l’intero paese all’interno del suo ecosistema. Dash Buttons, Alexa, e la spedizione gratuita in due giorni sono l’esca e noi siamo i pesci ingenui che non vedono l’ora di abboccare.

 

Una volta che siamo nell’ecosistema, i giochi sono fatti.

 

Con un grande potere c’è una grande responsabilità

 

A chi è già rassegnato all’ idea che questo non sia poi così terribile perché si tratta semplicemente di una piattaforma di vendita, e non di un’operazione di vendita al dettaglio, vorrei ricordare di Amazon Basics.

 

Prendiamo ad esempio il venditore medio di Amazon. Magari è il fondatore di una piccola società di tre persone che sfrutta la sua capacità di fabbricare oggetti. Crea un negozio online utilizzando la piattaforma Amazon, che propone i suoi prodotti a milioni di acquirenti online. Con il passare del tempo, chi scrive recensioni canta le sue lodi (come pure quelle del suo prodotto) e le vendite vanno alle stelle – costringendola a raddoppiare le sue capacità produttive, a trasferirsi in una sede più grande e assumere altro personale.

Allora Amazon cala il martello.

Il giorno dopo il venditore accede alla piattaforma e scopre che il suo prodotto più venduto è ora sepolto nella ricerca sul sito, sostituito dallo stesso prodotto con il logo Amazon Basics.

Secondo uno studio di The Capitol Forum, questo nella linea Amazon Basics è abbastanza comune. Un altro studio rivela che bastano appena tre settimane ad Amazon per cannibalizzare altri prodotti dei venditori, schiaffarci sopra il suo marchio e utilizzare la sua forza per spostare la propria linea al top dei risultati di ricerca – il tutto facendo un prezzo più basso degli altri venditori.

 

Chi pensa che questo riguardi solo i piccoli commercianti, si sbaglia.

 

Prendiamo Nike. Amazon ha sostanzialmente costretto l’azienda a un accordo online, promettendo di rimuovere i prodotti contraffatti dalla sua piattaforma. Questo, da notare, è qualcosa che Amazon – se avesse un’integrità come piattaforma di vendita online – avrebbe già dovuto fare. Tuttavia, Nike ha accettato e ora Amazon fa il protettore dell’abbigliamento sportivo di marca. Amazon ha raggiunto un simile accordo con i jeans Levi’s.

 

E per coloro che non si adeguano, c’è l’ammonimento di Hachette, una delle case editrici più grandi di New York. L’editore vanta una serie di autori di spicco, tra cui James Patterson, Stephen Colbert, Malcom Gladwell e JD Salinger. Ma anche la sua statura nell’industria editoriale non ha retto la partita con Amazon durante una controversia nel 2014.

 

Dopo non essere riuscita a ottenere condizioni di acquisto più favorevoli, Amazon ha sostanzialmente fatto sparire migliaia di libri dai suoi algoritmi di raccomandazione. Ha anche dissuaso chi cercava dall’acquisto, visualizzando messaggi che avvertivano di due o quattro settimane di attesa per la spedizione.

 

In un battere di ciglio, Amazon – un’azienda responsabile di oltre il 50 per cento delle vendite di libri – ha fatto scomparire uno dei più grandi editori del mondo.

Poi c’è il caso Macmillan. Nel 2010 Amazon ha rimosso il pulsante “buy” da tutta la libreria durante una disputa simile.

Due anni dopo ha fatto lo stesso con oltre 4.000 titoli dell’ Independent Publisher Group.

 

Ma è un monopolio?

 

Nonostante la fusione tra i mondi del commercio on-line e offline, i due sono ancora considerati come settori separati dai vari organismi regolatori. Mentre Amazon sta facendo un (relativamente) rapido lavoro sui rivenditori online, è difficile attribuire la chiusura di negozi su strada – come Borders e Circuit City – a un’unica azienda e non a un cambiamento nel comportamento di acquisto dei consumatori.

 

E poiché la sua ultima acquisizione (a uno sguardo superficiale) non aumenta il suo dominio nello spazio online, sostenere una violazione delle regole antitrust diventa un po’ più confuso.

 

La sua acquisizione di entità non online, come Whole Foods, non è trattata con lo stesso rigore quanto lo sarebbe l’acquisizione, per fare un esempio, di eBay o Craigslist. In poche parole, Whole Foods è un’azienda offline in un mondo dove, a prima vista, Amazon non diventa più forte. È un settore in cui Amazon non aveva precedentemente una posizione significativa e pieno di altre grandi catene: Kroger, Walmart, Trader Joe’s ecc.

 

Ma questo solo a uno  sguardo superficiale – che è purtroppo però lo sguardo che i casi soggetti all’antitrust ottengono.

 

La realtà è che la mossa fa diventare Amazon più forte, rafforzando la sua presenza nel mondo offline – procurandole nuovi sistemi per tracciare gli utenti non in linea, ampliando la sua già impressionante rete di distribuzione, e facilitando le consegne sull’ultimo miglio – il che la rende più forte anche nel mondo online.

 

Sulla sola infrastruttura, Amazon è ora in linea con FedEx o UPS – uno sviluppo che potremmo presto vedere come finisce, ora che i concorrenti sono costretti a utilizzare la piattaforma Amazon, e quindi la sua infrastruttura, per facilitare gli acquisti online. Qualsiasi ulteriore indebolimento delle due maggiori compagnie di spedizione negli Stati Uniti offre ad Amazon un forte pretesto per occuparsene, alle proprie condizioni.

 

Mentre è facile dire, per esempio, che un’azienda di telecomunicazioni esercita un potere troppo ampio tagliando le gambe ai nuovi concorrenti e controllando le infrastrutture chiave, l’ampio ventaglio di attività di Amazon potrebbe essere il suo vantaggio più grande. In altre parole, l’ampio approccio a rete di Amazon le ha evitato, finora, di essere abbastanza grande da creare preoccupazioni in un singolo segmento di mercato.

 

Anche uno dei suoi maggiori investimenti, Amazon Web Services (AWS), controlla ancora “solo” il 45% del mercato. E anche nell’e-commerce; Amazon, per quanto grande, controlla ancora “solo” circa il 43 per cento delle vendite online.

 

Secondo il FTC:

 

I tribunali esaminano la quota di mercato dell’azienda, ma in genere non decretano che c’è monopolio se l’impresa (o il gruppo di imprese unite) ha meno del 50 per cento delle vendite di un particolare prodotto o servizio in una determinata area geografica. Alcuni tribunali hanno richiesto percentuali molto più alte.

… La valutazione del comportamento di un presunto monopolista richiede un’analisi approfondita del mercato e dei mezzi utilizzati per raggiungere o mantenere il monopolio. Ottenere un monopolio grazie a prodotti migliori, innovazione o capacità aziendale è legale; tuttavia, lo stesso risultato ottenuto da atti di esclusione o predatori può suscitare preoccupazioni antitrust.

… Ad esempio, il monopolista può competere sui meriti in un modo che aiuta i consumatori grazie una maggiore efficienza o un insieme unico di prodotti o servizi.

 

Stando a questa definizione, Amazon non sembra qualificarsi come monopolio – sebbene la clausola “atti di esclusione o predatori” sembri essere degna almeno di un’indagine. E vale la pena di notare che le leggi antitrust attuali sono state scritte molto prima dell’alba dei venditori online.

 

Alla fine, comunque, la classificazione di Amazon come monopolio (o no) è irrilevante. I suoi poteri monopolistici continueranno a sconvolgere il commercio, indipendentemente da come decidiamo di chiamarlo.

 

Dove si ferma?

 

Dove si ferma non è chiaro, ma Jeff Bezos spera che la comodità aggiunta ci impedisca, come consumatori, di notare quanto si sono allargate le radici di Amazon. Questo è problematico per molte ragioni, ma il potere che crea questo tipo di dominio è sufficiente per azzoppare più segmenti dell’economia statunitense, se non l’intera economia – se lasciato indisturbato.

 

Usare le maniere forti con gli editori è una cosa, ma il potere di Amazon non si limita a mitigare le perdite provocate da accordi che ritiene sfavorevoli.

 

Prendi ancora una volta l’affare Whole Foods. La statura immensa di Amazon, secondo quanto viene riferito, le ha permesso di non competere con nessuno nell’acquisizione – Amazon ha minacciato di ritirarsi se Whole Foods avesse valutato altre offerte.

 

E alla fine, l’acquisizione di 13,7 miliardi di dollari è risultata essenzialmente gratuita, considerando l’aumento del prezzo delle azioni – 13,4 miliardi di dollari entrati nelle casse dell’azienda – dopo che la notizia si è sparsa.

 

Ma forse niente di tutto questo conta. Forse tutto ciò che conta è che Amazon ha costruito un’impresa che offre convenienza senza precedenti, buoni prezzi e il salto più grande in avanti nel commercio dall’avvento della moneta fiat. Per il consumatore, quasi tutto il resto è secondario.

 

Ma con tutti i discorsi su come Walmart distrugge le economie locali, è strano che non stiamo facendo lo stesso rumore per una società che è sulla strada di dominare il commercio globale nel prossimo decennio.

 

Per chi cerca una soluzione facile, non sono sicuro che esista. Come consumatori digitali, abbiamo abbracciato l’età della mega-corporation e tutta la convenienza che comporta, grazie a prezzi più bassi e a un’efficienza superiore. Ma Amazon non agisce in una bolla. Stiamo rapidamente consegnando un’enorme quantità di controllo alle più grandi aziende del mondo e con questo dovremo accettare le conseguenze economiche che ne derivano.

 

Oppure, forse possiamo iniziare a trattare queste imprese come se fossero le loro controparti di mattoni e malta: come un monopolio.

 

http://vocidallestero.it/2017/10/03/amazon-sta-monopolizzando-il-commercio-ma-nessuno-se-ne-preoccupa/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Un pensiero su “Amazon sta monopolizzando il commercio – ma nessuno se ne preoccupa”

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