Di CJ Polychroniou
Esattamente cento anni fa oggi, la sera del 25 ottobre 1917, il Palazzo d’inverno a Petrograd (la San Pietroburgo di oggi) fu preso d’assalto. Questo avvenimento segnò l’inizio della Grande Rivoluzione di Ottobre, uno dei più significativi avvenimenti politici del ventesimo secolo che modellò il corso della storia per decenni a venire.
Prima degli eventi del 25 ottobre, c’era stata un’altra rivoluzione alla fine di febbraio del 1917 che portò al potere un gruppo di leader dei partiti politici borghesi che formarono un governo provvisorio guidato inizialmente da Georgy Lvov, un riformatore liberale, e poi da Aleksander Kerensky, un socialista. All’inizio di marzo di quell’anno, lo Zar Nicola II che governava la Russia dal 1894, abdicò. Cinque mesi dopo, la Russia fu dichiarata una repubblica.
Anche se il governo provvisorio introdusse alcune riforme sul fronte politico, spingendo anche il leader bolscevico Vladimir Lenin a dichiarare la Russia, nell’aprile 1917, “il paese più libero del mondo”, fu la Rivoluzione dell’ Ottobre Rosso che capovolse completamente il vecchio ordine, introducendo un regime socialista e facendo del comunismo di stile sovietico una forza ideologica e politica globale durata fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e il successivo collasso dell’Unione Sovietica alla fine del 1991.
Tuttavia, 100 anni dopo, l’ascesa dei Bolscevichi al potere continua a dividere gli studiosi, le classi intellettuali signorili, e perfino il pubblico istruito. Ci sono vari argomenti che sono particolarmente controversi come: la Rivoluzione di Ottobre è stata un’insurrezione popolare o essenzialmente un colpo di stato? Lo Stalinismo si è evoluto naturalmente dai suoi principi fondamentali e dalle strategie politiche di Lenin, oppure è stato un sviluppo inaspettato?
Analogamente, c’è ancora molta ambiguità, disaccordo e confusione circa la natura del regime che fiorì nell’Unione Sovietica dopo la morte di Lenin, nel 1924. Per esempio, l’Unione Sovietica rappresentava una “vera società socialista”, uno “stato operaio degenerato” o semplicemente “un’economia di stato totalitario” in cui l’ideologia comunista funzionava come un puro strumento di legittimizzazione politica e di dominio imperiale?
Quando si è verificata, la Grande Rivoluzione di Ottobre ha prodotto un isterismo globale, un entusiasmo prorompente e la speranza di una possibilità della creazione del cielo sulla terra (una nuova utopia) in uguale misura. Dovunque, per le classi borghesi, il varo del sistema sovietico fu una maledizione per i valori fondamentali della “civiltà occidentale”, mentre per i radicali e i comunisti significò il culmine naturale della marcia inevitabile della storia verso la libertà umana e u ordine sociale senza sfruttamento.
Non c’è spazio per il lutto o per i festeggiamenti
Nel centenario della Grande Rivoluzione di Ottobre, una valutazione obiettiva del socialismo e dell’eredità del comunismo sovietico, non lascia spazio al lutto o ai festeggiamenti. E’ stata essenzialmente la storia epica di un sogno impossibile che si è trasformato a tempo debito in incubo politico e storico a causa dell’interazione di una vasta gamma di fattori che comprendevano condizioni socioeconomiche “arretrate”, intervento esterno, l’assenza di tradizioni democratiche e nozioni fraintese sul socialismo e la democrazia. Per questo, mentre si può facilmente fare i romantici riguardo alla Rivoluzione di Ottobre, la fredda realtà della storia vi dà uno schiaffo in faccia.
Per i principianti dirò che la Grande Rivoluzione di Ottobre era diversa dalla Rivoluzione di Febbraio che esplose come conseguenza di un’azione spontanea da parte di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici affamati e arrabbiati e di truppe militanti. Quello che accadde nell’Ottobre 1917 è stato il risultato di una strategia ben progettata da parte del leader (Lenin) di un partito di minoranza (i Bolscevichi) per strappare il controllo al governo provvisorio a causa di una forte avversione ideologica verso la “democrazia borghese” e del desiderio di potere. Prevedibilmente l’appello di Lenin per “tutto il potere ai Sovietici” ha finito per essere qualcosa di completamente diverso: tutto il potere è andato al partito e al suo politburo (l’ufficio politico).
La Rivoluzione di Ottobre non è stata di per sé una sollevazione popolare che godeva del tipo di appoggio di massa che ebbe la Rivoluzione di Febbraio. Infatti, soltanto nell’autunno del 1917, che lo slogan di Lenin “Terra, pace, pane” fu accolto da alcuni lavoratori a San Pietroburgo e a Mosca.
Tuttavia, anche questo non significa che il programma bolscevico e le idee di Lenin di governo venissero accettate dalla maggioranza del popolo russo. Nelle elezioni del novembre 1917, la prima elezione veramente libera nella storia russa, il partito di Lenin ricevette soltanto un quarto dei voti, mentre i Rivoluzionari Sociali riuscirono a ottenere oltre il 60%.
Lenin non ha avuto il coraggio per la democrazia parlamentare, né di condividere il potere con qualsiasi altra organizzazione politica. Il suo incrollabile intento di fondare il socialismo in Russia, indipendentemente dalla maturità delle condizioni sociali ed economiche, e dalla sua ferma convinzione che soltanto i Bolscevichi rappresentavano i veri interessi dei lavoratori, lo avrebbero costretto ad adottare strategie e politiche che presto avrebbero privato la Rivoluzione di qualunque potenziale aveva avuto in origine per la creazione di un nuovo ordine sociale basato sul controllo dei mezzi di produzione dei lavoratori e sulla democrazia che, abbastanza tristemente, Lenin associava alla “dittatura del proletariato”).
Di fatto, non molto tempo dopo le elezioni di novembre, Lenin avrebbe messo al bando vari giornali dell’opposizione e avrebbe scatenato una campagna di “Terrore Rosso” contro tutti i nemici di classe (i Rivoluzionari Sociali ne furono le prime vittime in seguito alla loro rivolta a Mosca all’inizio di luglio 1918). L’orchestrazione
del “Terrore Rosso” che durò fino alla fine della guerra civile russa, è stata attribuita
alla ChekA (un’organizzazione poliziesca che riferiva a Lenin stesso tutte le attività anti-comuniste), in tal modo gettando le fondamenta della comparsa di uno stato di polizia completamente sviluppato, durante lo Stalinismo.
La dimostrazione più chiara di quanto a “destra” i Bolscevichi si erano spostati in seguito alla Rivoluzione di Ottobre, è la brutale repressione della ribellione di Kronstadt (una cittadina-fortezza sull’Isola di Kotlin, n.d.t.) nel 1921, compiuta dalle truppe dell’Armata Rossa. Scoraggiata dalle tendenze dittatoriali dei Bolscevichi, una guarnigione della fortezza strategica di Kronstadt si ribellò nel marzo 1921 contro il governo comunista e le idee del “comunismo di guerra”, anche se i marinai di Kronstadt erano stati, nel 1917, tra i più forti sostenitori della Rivoluzione di Ottobre e dell’idea del “Potere Sovietico”. Sicuramente fino ad allora, erano stati, nelle parole stesse di Lev Trotsky, “l’orgoglio e la gioia della rivoluzione”.
Con la soppressione della ribellione di Kronstadt, divenne chiaro che il concetto di Lenin del “partito di avanguardia” e della sua idea della “dittatura del proletariato”, non permetteva il dissenso di nessun genere e che un ordine politico socialista doveva essere basato sul governo di un solo partito.
In quanto al “comunismo di guerra” *, esso si concluse in un completo disastro. Lo stesso Lenin lo ammise in un discorso del 17 ottobre 1921, quando disse: “Abbiamo fatto l’errore di decidere di passare direttamente alla produzione e alla distribuzione su basi comuniste”.
Questo, non significava, però, che tutti i Bolscevichi condividessero le idee di Lenin sul “comunismo di guerra” o che accettassero la politica che fu seguita negli anni ’20 da un parziale ritorno al sistema di mercato basato sulla produzione e sulla distribuzione. Colui che presto sarebbe stato il “nuovo Zar”, Joseph Visarionovich Stalin, considerava la Nuova Politica Economica come il tradimento della Rivoluzione di Ottobre. La sua rivoluzione “dall’alto”, lanciata nel 1928 con la politica della collettivizzazione e della “dekulakizzazione” * (una campagna di repressioni politiche, compresi arresti, deportazioni e uccisioni di milioni dei contadini più benestanti), riaprirono le porte dell’inferno e trasformarono il socialismo sovietico una volta per tutte in un regime barbaro e assassino.
Lo stalinismo non formalizzò semplicemente i peggiori aspetti del leninismo, ma divenne, in realtà, un reale ostacolo per la transizione al socialismo, sia all’interno dell’Unione Sovietica che in tutto il resto del mondo, dove le idee di giustizia e di uguaglianza sociale continuavano a toccare le menti e i cuori di milioni di persone rispettabili.
Ne deriva che la fine dello Stalinismo e il crollo del comunismo sovietico (nel corso dei suoi 74 anni è riuscito a trasformare un paese “arretrato” in una nazione industrializzata che è stata in grado di sconfiggere il nazismo e di fare innegabili progressi su vari fronti economici, culturali e sociali), segano semplicemente la fine di un sogno trasformatosi in un incubo.
In questo contesto, l’eredità della Rivoluzione Russa non obbliga né a festeggiamenti né al lutto. I sogni sono certamente rinnovabili, e un nuovo mondo aspetta di nascere, ma le possibilità in grado di creare una società ugualitaria, giusta per la società, ecologicamente sostenibile e una società decente, sono al di fuori delle idee, delle pratiche e delle politiche della Rivoluzione di Ottobre.
*https://it.wikipedia.org/wiki/Comunismo_di_guerra
*http://www.memorialitalia.it/archivio_mem/gulag/w2d3/v3/view/feltrinelli/gulag/cronologia/cronache–52/dettaglio9324.html?from_crono=true&pagina=6C J Polychroniou è uno studioso di economia politica e di scienze politiche. Ha insegnato e lavorato in Europa e negli Stati Uniti.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-failed-dream-of-a-russian-revolution
Originale: Aljazeera
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
bell’articolo anticomunista