E’ un vecchio tema, sollevato già ai tempi del Club di Roma: le risorse naturali non riproducibiliandranno verso l’esaurimento e costituiscono un oggettivo limite per lo sviluppo indefinito del modo di produzione in cui viviamo (il capitalismo, insomma). Peggio ancora: l’esaurimento certodi quelle risorse (più incerta è ovviamente la data) rischia di mettere in discussione anche la possibilità di far proseguire l’evoluzione dell’umanità con altri modi di produzione (diciamolo con un termine mainstream per farci capire: più sostenibili), senza passare per un immenso bagno di sangue in cui il numero degli esseri umani si adegua malthusianamente alle risorse residue.
Di tutte le risorse non riproducibili il petrolio è certamente il re. Con il petrolio facciamo quasi tutto (dai carburanti alla plastica, dai fertilizzanti ai grassi minerali, ai medicinali), ma soprattutto copre la quota largamente maggioritaria del fabbisogno di energia
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