di Maurizio Guccione

Farebbe molto bene a tutti coloro che vogliono ancora oggi una società diversa – e siamo tanti – rileggere le pagine di una storia recente che nell’arco di un decennio – dal 1967 al 1977 – ha cambiato molte cose nel nostro Paese e non solo. Ho letto recentemente il saggio di Enrico Deaglio (E.Deaglio Patria 1967-1977, Serie Bianca Feltrinelli, pagg.637) che con minuziosa cronologia, narra gli eventi che hanno di fatto mutato la nostra società, in un periodo sì breve ma altrettanto stimolante.

Non si tratta solo della rievocazione di fatti legati alle conquiste sociali e politiche in uno dei periodi più bui che ha attraversato l’Italia, bensì di un punto di vista che consente, attraverso la lucidità della cronaca degli eventi, di capire e rileggere – io dico con entusiasmo – tutto quello che studenti, politici, sindacalisti, operai – sono riusciti a rendere evidente attraverso lotte faticose e, principalmente, con la consapevolezza di voler uscire, ribellandosi ai soprusi e dai lacci di uno Stato che continuava, attraverso una buona parte della Democrazia Cristiana, a governare con il piglio del dominio, reprimendo anche con la forza azioni di rivendicazione da parte della società nascente. Non è mia intenzione, ovviamente, narrare lo spaccato storico che Deaglio propone mirabilmente, perché quel libro raccoglie una quantità di fonti cronologiche che tracciano le potenzialità delle forze positive della società e danno anche il limite – per le implicazioni politiche “istituzionali” – di ciò che il Sessantotto ha rappresentato quale molla che mirava al cambiamento morale, etico, direi pedagogico – di una società che per molti versi era ancora vicina e comunque contaminata dal fascismo, seppur in assenza di un dittatore. Gli uomini politici di quegli anni, ma anche altri pezzi dello Stato, erano gli stessi che avevano collaborato con gli apparati del governo fascista e che si erano formati in quell’ambito.

Il merito del libro di Deaglio è quello di far rivivere i tantissimi cambiamenti, sia nello scenario italiano che nell’ambito internazionale; lascia il tempo grazie alla brevità della descrizione dei singoli eventi, di poterli incastrare uno ad uno con scioltezza, rendendo la fotografia reale di quella che è stata una affascinante opportunità e che continua a rimanere – seppur in mezzo a mille distinguo e dubbi – una bellissima pagina che una fetta corposa della società ha deciso di mettere in atto. Quel periodo, al contrario di oggi, è stato l’esatto opposto della rassegnazione data da troppi anni di una politica bolsa e incolore, che in qualche misura ha spento il desiderio di manifestare, protestare, scontrasi pur di guardare con ottimismo il futuro di tutti noi. Se oggi fatichiamo a ritrovare un certo entusiasmo, forse è perché – a cinquant’anni da quel decennio –  è proprio perché qualcosa/qualcuno ci ha reso meno attivi: allora bisognerebbe ripartire da lì, da quel desiderio di riscossa, da quella dignità di saper dire NO! E con le forme della politica che bussa alle case degli esodati, dei disoccupati, dei precari, far giungere il messaggio della politica che si occupa della gente: ci vorrebbe il coraggio, dunque.

La Resistenza si è materializzata perché qualcuno ha avuto coraggio. Il Sessantotto, di fatto, ha avuto il coraggio di rappresentare la voglia di cambiare.

Di Maurizio Guccione

Ha svolto attività sindacale nella Cgil negli anni Novanta, nel comparto sanità. Ne è uscito volontariamente perché sostiene che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e quel mare si stava intorbidendo. E’ stato iscritto al Pci, Rifondazione Comunista e al PdCI: rimane fedele a quelle idee, mantenendo quale stella polare Antonio Gramsci, la Resistenza e la Costituzione anche in assenza di una tessera in tasca. Giornalista pubblicista , ha collaborato con i quotidiani toscani, una tv privata e con la rivista dell’Università di Pisa “Scienza e Pace”. Ha scritto quattro raccolte di poesie e altre ne pubblicherà se le giornate saranno meno frenetiche (“…nemmeno dentro il cesso possiedo un mio momento…” di F. Guccini). Lavora nella sanità pubblica, ormai sempre meno pubblica e giusta.

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