Quando c’era lui… è ormai una frase che ci sentiamo ripetere sempre più spesso, e non solo da alcuni vecchi nostalgici. Infatti questa frase – variamente articolata e variamente espressa – è diventata una sorta di refrain che possiamo ascoltare da persone delle più diverse provenienze politiche, tutti quelli che vogliono spiegarci che Mussolini e i fascisti hanno fatto anche cose buone.
Dal punto di vista della storiografia, è la scoperta dell’acqua calda: è ovvio che quel regime ha compiuto azioni politiche positive per la crescita sociale ed economica di questo paese. Il fascismo è durato vent’anni e ha avuto un consenso – sincero – molto ampio; non basta la forza della propaganda per spiegare le ragioni di questa convinta adesione. Il regime fascista ha avviato un vasto programma di opere pubbliche che ha dato lavoro a migliaia e migliaia di persone e che ha cambiato il paese, ha creato un sistema di welfare, migliorando le condizioni di vita di tantissime famiglie. Questi sono dati di fatto facilmente dimostrabili, anche senza fidarsi della memoria dei nostri vecchi, che ovviamente tendono a ricordare con indulgenza l’età in cui erano bambini. Lo facciamo tutti.
Riconoscere questi risultati e anche ammirare alcune delle cose che quel regime ci ha lasciato – ad esempio io ho sempre trovato l’Eur molto bello – non significa essere fascisti o nostalgici. Significa soltanto aver studiato un po’ di storia. Cosa che non hanno fatto quelli che in questi anni si sono ritrovati a parlare delle “cose buone” fatte dal fascismo.
L’aspetto preoccupante di queste frasi, a volte buttate lì senza molto rifletterci e spesso usate in maniera spericolata per agguantare qualche voto nei circoli del fascismo più estremo, non è tanto quello che dicono – che è anche vero – ma quello che non dicono, o meglio quello da cui nascono queste parole in libertà. Quando la politica diventa sempre più una tecnica, apparentemente neutra, e sempre meno un sistema di valori – come è avvenuto e come continua ad avvenire – allora è naturale guardare solo ai risultati. E quei risultati sono numeri. Quanti bambini grazie alle colonie volute dal regime hanno potuto fare le vacanze? Moltissimi; e allora chi non sa altro applaude Mussolini. Ma la politica è un’altra cosa, è appunto un insieme di valori, un progetto ideale, anche un’utopia per molti di noi. Quel sistema di welfare dedicato all’infanzia era finalizzato a creare consenso, a plasmare l’educazione delle italiane e degli italiani. E ci riusciva, con un certo successo.
Credo ricorderete Una giornata particolare, il più bel film di Ettore Scola e certamente uno dei più significativi per capire il fascismo. Antonietta, il personaggio interpretato con dolorosa rassegnazione da Sophia Loren, non è fascista, eppure ha il suo album di ritagli con le foto di Mussolini e con gli slogan del fascismo. Antonietta è fascista perché il mondo attorno a lei è tutto fascista e perché il fascismo riempie la sua vita. Il fascismo le ha permesso anche di vivere meglio dei suoi genitori, di abitare in un appartamento con la luce elettrica, per quanto modesto. Permette ai suoi figli di andare a scuola. E Antonietta è fascista e fatica persino a capire perché Gabriele, l’annunciatore Eiar a cui presta il suo volto malinconico Marcello Mastroianni, non lo sia. Il fascismo era l’indottrinamento in cui Antonietta viveva e stava crescendo i suoi figli, era quel sistema di valori così onnipresente, grazie anche alla forza del sistema della comunicazione radiofonica. E allora quando parliamo delle “cose buone” del fascismo non possiamo separare questi due aspetti: per questo si dice regime totalitario, perché un regime così tende a plasmare tutta una società, mettendo ai margini gli irregolari, i diversi, quelli incapaci di adeguarsi, come Gabriele.
A me preoccupa non tanto la nuova insorgenza del fascismo, con quelle caratteristiche di violenza che sappiamo grazie ai libri di storia – che pure è un fenomeno che esiste e che va tenuto sotto controllo – ma il fatto che tanti non capiscano la differenza e che per tanti quel governo fu un governo come come gli altri, che fece cose giuste e cose sbagliate. Mi preoccupa che per tanti – per la maggioranza temo – la politica non sia più un sistema di valori, ma una sorta di grande abaco con le sue palline colorate: le cose buone da una parte e quelle cattive dall’altra, poi si contano e si sceglie. E’ la logica che sta dietro ai governi dei “tecnici”, ai governi delle “larghe intese”, ai governi per tutte le stagioni, perché qualcosa di buono fanno tutti, anche per sbaglio. Ma ognuna di quelle palline colorate non è solo un numero, ma è una persona.
A me fa paura un nuovo fascismo che si sta facendo sempre più forte – quello imposto dal capitale -che tende a omologare tutto, a nascondere le differenze e i conflitti, che ci dice che c’è un’unica ricetta. E’ un fascismo che non ci vuole in divisa, apparentemente non ci vuole tutti uguali, ma ci omologa, perché ci considera solo un numero, una statistica, un dato nei fatturati, perché esistiamo quando consumiamo e quando compriamo. Ed è un fascismo da cui sarà molto difficile liberarci, molto più difficile di quanto sia stato togliere di mezzo quel regime che fece anche “cose buone”.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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