A Mark 82 500-pound general-purpose bomb hangs from a pylon beneath the wing of a Strike Fighter Squadron 87 (VFA-87) F/A-18A Hornet aircraft aboard the nuclear-powered aircraft carrier USS THEODORE ROOSEVELT (CVN-71) during Operation Desert Storm.

RWM Domusnovas: Sardegna vittima e complice di politiche di guerra

di Maurizio Guccione
Tratto dalla rivista quindicinale online manifestosardo.org, un’ interessante presa di posizione – non l’unica nè la prima in Sardegna – da parte di chi da tempo chiede la riconversione della “micidiale” fabbrica che esporta le proprie armi. Una riflessione che, al momento, incontra però ostilità e indifferenza anche da parte della Regione Sardegna. La questione degli armamenti e delle basi militari in Sardegna ha, purtroppo, una sua lunga e tormentata storia. L’Isola, da sola, conta oltre il 60% del demanio militare nazionale.
Buona lettura.
[Arnaldo Scarpa, Cinzia Guaita] Tratto da Il manifesto sardo, rivista online quindicinale.

Ci sentiamo anche noi responsabili e non possiamo far finta di nulla di fronte alle immagini del massacro che avviene oggi in tante zone del mondo, spesso le più povere e sfruttate, anelli deboli di una economia mondiale ingiusta e di rapina le cui conseguenze noi conosciamo bene anche nel nostro territorio. La consapevolezza di ciò che sta avvenendo ci costringe a non stare indifferenti di fronte ai bambini morti nello Yemen con bombe costruite da noi, nella fabbrica RWM di Domusnovas/Iglesias e commercializzate al di fuori di una legge, la 185/90, che proibisce la vendita di armi a paesi in guerra come l’Arabia Saudita.

Ci siamo detti che senza pace non c’è futuro, non c’è lavoro, e non tutti i lavori sono uguali: quelli che provocano la morte di altri non sono accettabili. Non è solo un principio etico, ma di giustizia e di umanità. Il lavoro deve dare vita e non morte, il lavoro deve essere riscatto e non ricatto. Non va dimenticato che l’art. 41 della Costituzione, nel garantire la libertà di iniziativa economica, ne dispone anche i limiti: «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana». E ancor prima, l’art. 2 Cost. richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, così che persona e mercato si ricongiungano in una visione unitaria.

La Sardegna si mostra così vittima e complice di politiche di guerra. Una regione così ricca di opportunità potrebbe avere uno sviluppo armonico, coordinato fra i vari settori, sufficiente per i propri abitanti e per trattenere i giovano che emigrano: accetta invece di essere la terra che prepara la guerra con le sue basi e le sue fabbriche di armi. Per questo ci siamo costituiti in Comitato per la Riconversione della RWM e per la pace ed il lavoro sostenibile il 15 maggio scorso ad Iglesias, attualmente composto da oltre 20 aggregazioni locali, nazionali ed internazionali accomunate dallo scopo di promuovere la riconversione al civile di tutti i posti di lavoro dello stabilimento RWM sito tra i territori di Iglesias e Domusnovas. Desideriamo creare i presupposti per uno sviluppo del territorio che sia pacifico e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, come segno di volontà di pace dal basso che possa costituire uno stimolo alla cittadinanza attiva e alla politica, necessario in questo clima di “guerra mondiale a pezzi”.

Sappiamo bene che i conflitti, le violenze si alimentano con la povertà, il controllo delle risorse naturali, soprattutto di quelle energetiche, ma anche con l’avidità e l’egoismo umano e la nostra battaglia deve essere per una società più giusta e più equa. Siamo consapevoli che una società evoluta affronta e risolve i conflitti interni ed esterni con metodi nonviolenti, i soli capaci di garantire una pace duratura. La storia ci dà in tal senso esempi efficaci, da San Francesco, a Gandhi, a Mandela, a Martin Luther King. Constatiamo che se vogliamo sostenere una economia di pace, dobbiamo ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali, dobbiamo modificare profondamente i nostri stili di vita sperimentando quotidianamente una sobrietà e una semplicità che assicuri il soddisfacimento dei bisogni umani fondamentali minimi per tutti. La scelta volontaria della semplicità favorisce l’autorealizzazione nella cura, nella ricerca della bellezza e nella ricchezza delle relazioni.

Noi pensiamo che tutti in fondo vogliano realizzare cose belle per sé e per gli altri. Anche gli operai che costruiscono armi, anche i soldati che sganciano le bombe! Dobbiamo creare una solidarietà attiva dove riconvertirci a livello interiore, riconvertire l’economia, la cultura, la politica, le coscienze. Dobbiamo istruirci, ricercare la verità e ribellarci per essere più liberi, dal pregiudizio, dalla menzogna, dall’angoscia dell’incertezza, dall’indifferenza, dall’egoismo, dal razzismo e dall’intolleranza. Le sfide di questo momento storico ci obbligano a mettere in gioco il nostro potere personale in modo che possa diventare il potere di tutti. Nessuno deve scegliere per noi. Se decidiamo di stare dalla parte della fratellanza, della cooperazione, della commozione, della giustizia, del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” e se questa parte di umanità avrà forza e fiducia, ma soprattutto coerenza e azione, crediamo che possiamo aprire una strada di transizione per una nuova rinascita, trovando percorsi nuovi, ma anche imparando dal passato.

Infatti anche la nostra Comunità in altri tempi non molto lontani ha conosciuto la guerra e chi, ormai molto anziano/a, la racconta, esprime sempre il rifiuto totale della violenza, dell’inumanità, del dolore, della mancanza di senso che rappresenta. Sappiamo bene che dalla sofferenza della seconda guerra mondiale e dalla lotta antifascista è nata la nostra Costituzione, con il ripudio totale della guerra per la risoluzione dei conflitti. Anche la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 ha origine dalla drammaticità della guerra e pone alla base della convivenza “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, i lori diritti, uguali ed inalienabili, fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. “Tutti gli esseri umani devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” viene scritto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Chiediamo un confronto aperto e sincero con tutti per trovare insieme il coraggio e sostenere insieme percorsi nuovi che costruiscano pace e dignità nel lavoro per noi e per chi paga sulla propria pelle le scelte della nostra “civiltà”.

Siamo impegnati a sollecitare Enti, Istituzioni, privati perché siano garanti della legge e delle risoluzioni del Parlamento europeo e ricerchino e progettino tutte le possibili condizioni politiche ed economiche per la riconversione della RWM. E per questo ci impegnamo nella ricerca di alleanze e di convergenze con tutti i soggetti sociali e politici (sindacati, partiti, singoli cittadini) ed in particolare i lavoratori della fabbrica RWM.

Di Maurizio Guccione

Ha svolto attività sindacale nella Cgil negli anni Novanta, nel comparto sanità. Ne è uscito volontariamente perché sostiene che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e quel mare si stava intorbidendo. E’ stato iscritto al Pci, Rifondazione Comunista e al PdCI: rimane fedele a quelle idee, mantenendo quale stella polare Antonio Gramsci, la Resistenza e la Costituzione anche in assenza di una tessera in tasca. Giornalista pubblicista , ha collaborato con i quotidiani toscani, una tv privata e con la rivista dell’Università di Pisa “Scienza e Pace”. Ha scritto quattro raccolte di poesie e altre ne pubblicherà se le giornate saranno meno frenetiche (“…nemmeno dentro il cesso possiedo un mio momento…” di F. Guccini). Lavora nella sanità pubblica, ormai sempre meno pubblica e giusta.

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