Francesco Cecchini

Nell’aprile 2018, In Paraguay vi saranno le settime elezioni presidenziali dalla caduta della dittatura di Alfredo Stroessner (1954-89). A poco più di tre mesi vi è un confronto tra l’Alianza Ganar, composta tra il PLRA, candidato presidente Efraín Alegre e il Fronte Guasú, candidato vicepresidente Leo Rubín e il Partito Colorado, il cui capolista è Mario Abdo Benitez. Il prossimo 22 aprile l’Alianza Ganar, come nel 2008, ha possibilità di vincere con un programma basato su otto punti: giustizia, ambiente, salute, istruzione e cultura, equità fiscale, sovranità idroelettrica, popoli indigeni e stato di diritto. La realizzazione di questo programma richiederà una serie di riforme costituzionali. Fronte Guasú è formato dal Partido de la Participación Ciudadana (PPC), Partido Popular Tekojoja (PPT), Partido País Solidario (PPS), Partido Frente Amplio (PFA), Partido Convergencia Popular Socialista (PCPS),Partido de la Unidad Popular (PUP) e dal Partido del Movimiento Patriótico y Popular (PMPP). Inoltre vi è il Partido Comunista Paraguayo (PCP), con una storia gloriosa contro varie dittature paraguaiane e una presenza attuale,militante e attiva.  Il Partito Comunista Paraguaiano è stato fondato il 19 febbraio 1928. Primo segretario generale del PCP fu Lucas Ibarrola, che già nel 1926 era andato a Mosca in rappresentanza del Paraguay nel VI Congresso dell’Internazionale Comunista. Immediatamente fu lanciato un giornale, Comuneros. Anni prima della guerra del Chaco War, un conflitto di confine tra Bolivia e Paraguay tra il 1932 e il 1935, il PCP organizzò un “Comitato contro la guerra” guidato da Obdulio Barthe e Perfecto Ibarra, il cui scopo era quello di diffndere il concetto che la guerra che stava per accadere era inutile. Tra l’agosto del 1946 e il gennaio del 1947, quando si verificò un altro colpo di stato da parte del movimento dei “Guiones Rojos”, movimento interno del Partido Colorado di connotazioni fasciste. In questa fase PCP svolse un’azione antifascista portò a termine un’intensa campagna di affiliazione, raggiungendo 10.000 iscritti. Si scatenò allora una guerra civile con 30000 morti. Molti comunisti se ne andarono in esilio. Durante la dittatura di Alfredo Stroessner, che durò dal 1954 al 1989, i militanti del PCP furono perseguitati, torturati e uccisi in molti casi. Nel febbraio del 1989 la dittatura cade e il PCP esce dalla clandestinità e lentamente si riorganizza dopo quattro decenni di peresecuzioni. Nel 2008, il PCP, parte del Frente Guasu, presentò il suo storico leader Ananías Maidana come candidato a deputato, e per la presidenza, ha sostenuto Fernando Lugo, che vinse le elezioni presidenziali. Nello stesso anno, il PCP celebrò i suoi 80 anni di esistenza con attività culturali e tributi ai militanti che combatterono contro la dittatura di Stroessner. Il 18 e 19 dicembre 2010, il Comitato Centrale del PCP si riunì e decise di ritirare il “supporto critico” al governo di Fernando Lugo aver collaborato con Alvaro Uribe, allora presidente della Colombia, e con gli Stati Uniti, attraverso il Plan Umbral tra altre cose. Nonostante la rottura con il governo, il PCP rimase nel Fronte Guasu. Per la sua attività militante il 18 novembre 2017 fascisti rimasti sconosciuti attaccarono la sede del PCP, scrivendo alle pareti frasi offensive. In occasione delle prossime elezioni il PSC ha indirizzato al popolo paraguaiano un importante messaggio che ha un valore generale non solo per il Paraguay, ma per l’America Latina e per il mondo intero e anche per l’Italia.                                         POTERE AL POPOLO CONTRO LA FALSA DEMOCRAZIA.                                                      Abbracciamo il popolo lavoratore, ogni famiglia, ogni donna, ogni uomo, ragazza, ragazzo, adolescente, giovane, che durante quest’anno hanno fatto sforzi per generare incontro, unità, solidarietà, scambio di idee, per risolvere collettivamente i problemi. Abbracciamo convinti del potere che l’unità e la solidarietà hanno quando si espandono, sfruttando le esperienze, con creatività, disciplina, organizzazione e pianificazione. Durante questo 2017, come persone abbiamo dimostrato una grande capacità di combattimento per difendere i nostri posti di lavoro, le conquiste del lavoro; per difendere le nostre terre e la nostra produzione diversificata e agroecologica contro gli sfratti ingiusti e illegali delle comunità contadine, urbane e indigene, prodotti dal modello agro-esportazione e narcomafoso; per difendere il nostro diritto all’istruzione pubblica, gratuito e di qualità, la trasparenza nella gestione educativa e la partecipazione di protagonisti di studenti e insegnanti nella gestione di college e università; per difendere la nostra organizzazione per migliorare i nostri quartieri e comunità; per esigere il rispetto del diritto alla salute, una pensione dignitosa. Durante questo difficile 2017, siamo riusciti a riconfermare che la violenza, il terrore e la brutalità dei datori di lavoro, dei proprietari terrieri e dei banchieri sono il prodotto della grande crisi che esiste nel nostro paese e nel mondo, crisi che elimina le debolezze e l’impotenza di questi settori al momento dell’esecuzione di un progetto produttivo in grado di includere e migliorare la qualità della vita delle maggioranze lavorative della campagna e della città. Le minacce, le persecuzioni, i saccheggi, la violenza e il terrore sono esempi che le minoranze non devono continuare a dominare come prima. Hanno paura che ci organizziamo e la loro avidità è insaziabile, ecco perché minacciano, imprigionano, uccidono con i proiettili e con la fame.  A fine del 2017 la crisi dei tre poteri dello Stato, principalmente della Giustizia che favorisce gli interessi dei ricchi e della mafia, ci mostra la verità certezza della nostra dichiarazione, quando mesi fa, insieme alle organizzazioni e ai membri del Congresso Democratico del Popolo abbiamo detto: i tre poteri dello Stato sono sequestrati dalla narcopolitica.  Viviamo in una falsa democrazia in una democrazia giocattolo che è anche molto pericolosa perché genera diseredati, disoccupati, malattie, abbandono e morte, giustificati sotto le spoglie di un sistema elettorale dominato da denaro e imbrogli. Per citare la poetessa Carmen Soler, nel nostro paese i ricchi hanno diritti, i poveri doveri.  L’esistenza di prigioniere e prigionieri politici è uno dei segni più offensivi del carattere violento e repressivo del progetto “produttivo” che oggi dirige i destini del nostro paese, perché criminalizza la dissidenza politica e la protesta sociale applicando il Terrorismo di Stato. Noi eleggiamo Potere al Popolo, che è la nostra proposta per l’anno 2018. Il sistema elettorale paraguaiano è fraudolento e il denaro gioca un ruolo determinante. Sebbene alcune organizzazioni di base abbiano compiuto notevoli progressi nella riorganizzazione della classe operaia, dei contadini, degli studenti e di settori della nostra società, lo sviluppo del tessuto e l’alleanza sociale e politica sono ancora insufficienti per affrontare elettoralmente la classe sfruttatrice e narcomafiosa, affrontandoristiche del sistema elettorale dominato da loro. Le candidature presidenziali, sia quella di Abdo Benítez che di Alegre, sono a favore del capitale transnazionale e dei suoi operatori locali, quindi con politiche contrarie alla maggioranza della nostra popolazione. Né si può fare molto dal parlamento quando la maggioranza di coloro che lo compongono saranno esponenti della vecchia politica asservita a interessi stranieri, sfruttatori e corrotti.  Solo una grande unità sociale e politica può imporre un programma che garantisca lavoro, stabilità del lavoro, sicurezza sociale, adeguamento e aumento salariale per recuperare e migliorare il potere d’acquisto, il recupero della terra per la produzione diversificata, agroecologica, un piano di industrializzazione ecologicamente sostenibile, rivendicazioni della nostra ricca storia, salute gratuita, un’istruzione di qualità al servizio di un progetto di sviluppo nazionale, nell’ambito del processo e della punizione di torturatori e saccheggiatori, dai tempi di Stroessner ad oggi.  Ciò ci permetterà di avanzare verso un progetto politico di Nuova Patria. Per questi motivi insistiamo sul fatto che la scelta migliore della classe operaia della campagna e della città, dei piccoli commercianti, produttori e uomini d’affari, è quella di scegliere il Potere del Popolo e ribellarsi contro la politica e le illusioni che nei periodi elettorali sono propogandati. Ribellarsi contro le minoranze sfruttatrici e contro coloro che imbrogliano con promesse che non realizzeranno, per unirsi e organizzarsi in fabbriche, aziende e imprese, sia in sindacati che in comitati; nelle aziende, nei quartieri e nelle comunità; nelle scuole, e nelle università, per risolvere problemi specifici e unire le diverse lotte scambiando esperienze, informazioni e riflessioni sul modo in cui dovremmo guidare il nostro paese. I tre principali problemi strutturali che abbiamo come paese continuano ad essere la dipendenza dall’estero, il latifondo e il rachitismo industriale. La soluzione è una Rivoluzione Democratica Agraria e Antimperialista orientata verso il socialismo.  A questa pericolosa e criminale falsa democrazia, che è il prodotto della resa e del saccheggio al servizio di interessi stranieri imperialisti, proponiamo che si opponga il  POTERE AL POPOLO, organizzato dal basso, con umiltà, unità e fiducia nella forza delle maggioranze.   

Congratulazioni ai lavoratori che si uniscono per combattere!                                                                    Contro la democrazia e la falsa politica!                                    Per la libertà delle prigioniere e dei prigionieri politici!                                                                        Questo 2018 scegliamo POTERE AL POPOLO!Commissione politica – Partito comunista paraguaiano.                                                                         30 dicembre 2017              

 

 

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¡Felicitaciones al pueblo trabajador que se une para luchar!

 

 

 

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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