di Ivana FABRIS – Coordinatrice Nazionale Responsabile Movimento Essere Sinistra MovES

 

Dinnanzi alla malattia tutti diventiamo vulnerabili ma non tutti siamo uguali, come ben sappiamo da sempre, solo che oggi, quando si tratta di curarsi, lo sappiamo meglio. A nostre spese.
Quella verso la salute e al benessere è l’altra tra le più vili e incostituzionali violazioni di un diritto fondamentale.

I tempi d’attesa sono a dir poco biblici e sappiamo che la media nazionale è fatta di un nord in cui ancora si sopravvive anche alla tempistica del SSN e di un sud che invece sprofonda nell’abbandono più totale.

Chi può ancora permetterselo, ricorre alle prestazioni presso il privato. Chi non può, non si cura.
Pertanto è destinato vivere peggio e a crepare prima.

La vulgata, però, parla ancora di malcostume degli italiani nell’abusare delle prestazioni del SSN che, per carità, ci saranno anche state, ma il fatto che balza all’occhio è che in ogni contesto che riguardi lo Stato, quindi il pubblico, la narrazione è quella di 40/50 anni fa, ossia che per definizione il pubblico in Italia non funziona e che gli italiani sono un popolo di lazzaroni furbi e profittatori levantini.

Peccato che le cose non stiano così, poichè quello che ha fatto crollare su se stessa la sanità pubblica, negli ultimi 7-8 anni, sono stati i tagli imposti dalle politiche dell’austerità europee.
Tagli, persino inutile ricordarlo, che sono serviti a mandare parecchie risorse in UE e per sanare la piaga del debito pubblico creata dall’euro e dall’altrettanto famosa messa in sicurezza di quei pozzi senza fondo che sono le banche d’affari.

In Grecia accadde la stessa cosa: per la propaganda UE, quel popolo era composto di cicale ed era un popolo che non faceva bene i famigerati compiti.
E ci sono cascati in moltissimi, non solo in Italia, in questa messa in scena creata ad arte da chi doveva poi macellare i greci, tanto che sin dal 2015 e ancora oggi la frase che “se si sperpera il denaro prestato, poi i debiti si devono pagare” è tristemente ancora in auge.

A questo proposito, nel MovES ci rendiamo conto che parlare di euro fa paura e un po’ stufa, ma se non vogliamo ricorrere a San Gennaro (o a chi per esso) nella speranza che ci protegga da quella che ormai è considerata come la sfiga di ammalarsi, bisognerà che cominciamo a parlare un po’ più spesso e un po’ più seriamente dell’euro, rispetto a come fa chi propone riforme che poi non potrà mai attuare non avendo la possibilità di stampare denaro e di investirlo per i bisogni degli italiani.

La malattia è una condizione umana dell’esistenza e uno Stato degno di definirsi tale, non può prescindere dal diritto alla salute, quindi anche al vivere sani, e al dare a tutti la possibilità di curarsi.

Soprattutto tenuto conto che, data la scarsità di mezzi economici delle famiglie, il modo di alimentarsi è ulteriormente scaduto e che questo avrà delle pesanti conseguenze per le quali vedremo un numeroso aumento di patologie e quindi anche di costi sociali, per giunta in un paese con un altissimo numero di anziani rispetto a giovani e nuovi nati, per le cause che conosciamo tutti.

Quindi, se non vogliamo che il diritto alla cura diventi uno dei premi in palio alla Lotteria Italia del 6 gennaio, quando voteremo non solo ci toccherà capire bene le ragioni per cui l’incidenza delle malattie non piove dal cielo come una tegola che cade da un cornicione, ma soprattutto capire chi davvero avrà la possibilità di garantirlo.

Perchè a dire “vogliamo applicare la Costituzione e garantire il diritto alla salute” siamo capaci tutti, ma farlo sapendo come fare e dove trovare le risorse, è parecchio più difficile, specie quando si devono raccogliere voti.
A meno che, appunto, anche in questo caso si abbia una linea telefonica diretta con San Gennaro.

http://www.movimentoesseresinistra.it/blog-movimento/argomenti/2018/01/24/lusso-curarsi-la-sfiga-ammalarsi/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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