…e sostiene finanziariamente la Francia per € 2,3 miliardi, tenendo a suo carico la maggioranza dei costi del progetto

Maurizio Crozza ha così commentato il 26 gennaio a Che tempo che fa (https://vimeo.com/257751686): “Noi italiani siamo famosi nel mondo per la capacità di pianificazione. Prendi la TAV Torino-Lione, pianificata da più di trent’anni. Oggi da un documento ufficiale della Presidenza del Consiglio è venuto fuori che non serve a niente. Il traffico merci previsto è dieci volte inferiore a quello che ci si aspettava. Si pensava che servissero centinaia di treni, e invece per portare le merci a Lione bastava una Fiat Doblò ogni quindici giorni. In trent’anni non abbiamo costruito un metro di ferrovia, ma in compenso abbiamo speso un miliardo di euro solo per fare incazzare quelli della Val di Susa. È l’incazzatura più costosa della storia da quando hanno inventato il nervosismo.

E ora che abbiamo scoperto che la TAV non serve a una mazza, come minimo mi aspetto che cambino il nome alla Valle. Anzi, abituiamoci già a chiamarla: Val di Scusa!”

Ma cosa ha spinto Maurizio Crozza a commentare con intelligente ironia le recenti affermazioni del Governo sulla Torino-Lione?

In un documento pubblicato con tre mesi di ritardo sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Osservatorio per il Collegamento Ferroviario Torino-Lione [1], è scritto, tra l’altro [2], che “Non c’è dubbio che molte previsioni fatte 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti”. Questo riconoscimento pubblico di una Istituzione governativa è certo il risultato degli argomenti dell’opposizione dei cittadini alla Grande Opera Inutile e Imposta, sostenuti da analisi economiche e trasportistiche di qualità.

Per collocare correttamente questa notizia, che potrà consigliare al Presidente Gentiloni, al Ministro Delrio e ai loro successori l’abbandono di un progetto devastante per le finanze pubbliche e per la natura, occorre ricordare anche che il Tunnel della Torino-Lione di 57 km è Italiano per il 21% e Francese per il 79% (12 km in Italia e 45 in Francia). La corretta ripartizione dell’investimento dovrebbe essere fatta in base alla percentuale della proprietà del terreno sul quale è scavato il tunnel (Art. 11 dell’Accordo di Roma del 30.1.2012).

Ma la Francia ottenne da un’Italia consenziente che i costi della Torino-Lione avrebbero dovuto essere ingiustamente ripartiti (cfr. Art. 18 dell’Accordo di Roma 30.1.2012) al 58% per l’Italia e al 42% per la Francia. È la Francia che avrebbe ingannato l’Italia? Oppure è l’Italia che ha consigliato alla Francia di realizzare una Grande Opera Inutile? Quale danno sta già provocando al nostro Paese questo imbroglio?

Tra l’altro nel dossier di Inchiesta pubblica francese del 2006, preliminare alla Dichiarazione di Utilità pubblica della parte francese del tunnel, la Francia, è scritto: “L’operazione è positiva per la Francia a causa dell’assunzione della maggior parte dell’investimento da parte dell’Italia”.

Per valutare appieno il risultato di questa asimmetria dell’addebito dei costi, sempre sollecitata e mai contestata dai Governi e Ministri italiani che si sono succeduti dall’Accordo di Torino del 2001 ad oggi, occorre conoscere anche l’ammontare degli investimenti per l’Italia e per la Francia.

Il costo di questo tunnel di 57,2 km, accettato dal Ministero delle Infrastrutture italiano e riportato a pagina 9 della Delibera CIPE n. 67/2017, è di € 9,6 miliardi, mentre i due soci, al netto del dono dell’Unione Europea di € 3,4 miliardi, devono così contribuire:

– Italia    € 3,6 Mld. ossia € 293,5 milioni al km,

– Francia € 2,6 Mld. ossia € 57,9 milioni al km (costo al km inferiore di 5 volte).

Rimediare a questa “assurda asimmetria” sarebbe facile: Italia e Francia sottoscrivono un altro Accordo per la Torino-Lione per stabilire la nuova ripartizione dell’investimento in base ai km. di proprietà. La Francia dovrebbe aumentare la sua quota di €2,3 Mld., quasi raddoppiando il suo contributo da € 2,6 Mld. a € 4,9 Mld., l’Italia ridurrebbe la sua quota dello stesso importo.

Questo risultato creerebbe una situazione talmente insostenibile per le casse della Francia, da farle abbandonare il progetto, come auspicato da tutte le persone di buon senso in Italia e in Francia. O l’Italia deve soccorrere le finanze francesi?

Tra l’altro la Francia dovrà decidere nei prossimi mesi se realizzare quattro Grandi Opere (tra le quali la Lyon-Turin) per le quali è previsto un finanziamento francese di €45,8 Mld [3]. Secondo quanto ribadito dal COI – Consiglio per l’Orientamento delle Infrastrutture, “è necessaria prudenza in quanto esse pesano anche in termini di spesa pubblica a titolo del trattato di Maastricht.”

PresidioEuropa Movimento No TAV

 

[1] http://presidenza.governo.it/osservatorio_torino_lione/osservatorio.html  L’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione  Istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2006 con la decisione assunta dal Tavolo istituzionale di Palazzo Chigi del 10 dicembre 2005, è la sede tecnica di confronto di tutte le istanze interessate alla realizzazione della Nuova Linea Torino Lione (NLTL), con l’analisi delle criticità e l’istruzione di soluzioni per i decisori politico-istituzionali.

[2] Cfr. pagina 58 del documento “Verifica del modello di Esercizio per la tratta nazionale lato Italia – Fase 1 – 2030”, predisposto dal Gruppo di Lavoro Modello di Esercizio dell’Osservatorio per l’Asse Ferroviario Torino-Lione, è stato approvato dall’Osservatorio nella seduta  n.  260 del 25/9/2017.

[3] Lyon-Turin € 2,6 Mld (Tunnel ferroviario), Grand Paris Express € 38,5 Mld (Linea Ferroviaria intorno a Parigi, che potrebbe essere parzialmente in esercizio per le Olimpiadi 2024),  Charles de Gaulle – Express € 2,0 Mld (Linea ferroviaria Gare de l’Est-Aeroporto di Roissy), Canal Seine Nord Europe € 2,7 Mld (canale di 107 km da Compiègne verso nord)

http://www.sinistraineuropa.it/italia/tav-torino-lione-il-governo-ammettere-gli-errori-di-valutazione/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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