I gruppi sostenuti dagli Stati Uniti in Siria spesso sostengono gli estremisti con le loro armi. Per questo la decisione recente del Pentagono di spendere altri 300 milioni circa per addestrare e equipaggiare un esercito di 60.000 uomini in Siria desta allarme in molti analisti statunitensi.
La mossa non ha nulla a che fare con la lotta al terrorismo, perché al contrario le armi e gli aiuti statunitensi potrebbero finire facilmente, come nel recente passato, nelle mani degli estremisti islamici. Questo è quello che ha dichiarato ad esempio Edmund Ghareeb, uno studioso della American University di Washington a RT. “In passato, alcuni dei gruppi che ricevevano gli aiuti degli Stati Uniti hanno finito per unirsi agli estremisti e portare con sé quelle armi”.
Un altro esperto, Nicolas J.S. Davies, l’autore di “Blood On Our Hands: the American Invasion and Destruction of Iraq”, ha dichiarato poi che una formazione armata aiuterà Washington a stringere la presa sulle parti della Siria controllate dai ribelli, sottolineando al contempo che la “presenza militare degli Stati Uniti in Siria” non ha basi legali. “Vogliono creare le condizioni perché la Siria continui ad essere ancora un paese diviso. Il record degli Stati Uniti e delle operazioni della CIA in Siria è che hanno sempre sostenuto gli estremisti”. Secondo Davies il Dipartimento di Stato e il Pentagono “vogliono chiaramente portare avanti un piano per mantenere fondamentalmente le forze sotto il loro controllo al comando di tutto il territorio siriano a est del fiume Eufrate”.
Mentre gli Stati Uniti giustificano la loro presenza in Siria con le accuse di combattere i terroristi, l’unica area dove sopravvivono i terroristi dell’Isis “è quella sotto il controllo americano e dei suoi alleati”, sostiene Daoud Khairallah, professore di diritto internazionale alla Georgetown University. “Ci si potrebbe chiedere se stanno ricevendo assistenza dagli americani per la loro sopravvivenza”, ha detto Khairallah sempre a RT.