L’appello al senso di responsabilità rischia di diventare una sorta di topos letterario, come l’esaltazione delle virtù della donna amata nella poesia dei trovatori. Oggi si è esercitato Mattarella e sappiamo che nei prossimi giorni si susseguiranno gli inviti, le prese di posizione accorate, le richieste più o meno ultimative, rivolte alle forze politiche affinché queste mettano da parte i propri interessi a favore del bene del paese.
Chissà come è nata questa bizzarra idea di democrazia secondo la quale gli eletti dovrebbero essere migliori dei loro elettori, i rappresentanti dovrebbero essere più responsabili dei rappresentati?
Quante volte ciascuno di noi nel nostro ambiente di lavoro, dovendo scegliere tra il proprio interesse – anche una cosa piccola, come un permesso – e quello generale dell’azienda ha preferito il secondo? No, non voglio che mi rispondiate, so che sareste costretti a mentire, so che tutti rispondereste che avete rinunciato a tante cose per il bene dell’azienda, o magari per aiutare un vostro collega. Balle. Se una volta l’avete davvero fatto, ve ne siete subito pentiti e siete tornati a fare quello che fanno tutti, ossia gli affari propri.
Quante volte avete rinunciato a qualcosa sapendo che quella vostra rinuncia sarebbe andata a vantaggio degli altri? Anche qui non siete obbligati a rispondere. Ovviamente non vale quando questa rinuncia è andata a vantaggio di un vostro familiare o di qualcuno che poi sarebbe stato nella condizione di dovervi fare un favore ancora più grande.
Quelli che eleggiamo sono egoisti, ipocriti, gretti, perché noi siamo così. Così come non possiamo sperare che nasca una società non più maschilista, dal momento che ciascuno di noi lo è. Mettere insieme tanti vizi non significa fare una virtù, al di là di quello che fingiamo, al di là di come amiamo rappresentarci.
E allora perché mai una forza politica – che è fatta da persone come noi – dovrebbe comportarsi diversamente da noi? Perché dovrebbe rinunciare a un beneficio certo per sé, a favore di qualcosa che c’è il rischio concreto che potrebbe favorire i propri avversari. E’ verosimile che non nascerà un governo a seguito di queste elezioni perché nessuna delle forze politiche, sia quelle che hanno vinto sia quelle che hanno perso, hanno interesse a farlo nascere. Anche se poi le forze politiche non esistono, mentre esistono quelli che noi abbiamo eletto e immagino che ciascuno di loro ci penserà due volte prima di segare il ramo su cui si sta per sedere comodamente e su cui potrebbe stare per ben cinque anni. Se un governo nascerà è perché l’istinto di conservazione del migliaio di persone che abbiamo eletto – e delle loro famiglie – sarà più forte dei calcoli delle forze politiche.
E per favore non facciamo quelli che ci scandalizziamo. Non firmiamo appelli invocando di volta in volta il loro senso di responsabilità o il vincolo di mandato, non chiediamo loro di far nascere un governo o di non farlo nascere: noi non siamo meglio di loro. Anzi.

 

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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