Cronaca in presa diretta dall’assemblea nazionale di Potere al Popolo nello stesso teatro dove tutto ha avuto inizio solo quattro mesi fa
di Checchino Antonini
«Mi sembra che siano uscite queste indicazioni», dice Viola Carofalo, portavoce di PaP, in fondo a cinquanta interventi che per cinque ore hanno scandito la prima assemblea nazionale di Potere al popolo dopo le elezioni. Lì dov’era iniziato quattro mesi fa, al teatro Italia di Roma. «L’assemblea è il luogo più importante, se questo teatro oggi s’è riempito è perché ci siamo guardati in faccia e questo non si sostituisce con facebook. La richiesta di democraticizzazione comunque va affrontata con cura perché non dobbiamo disperdere nessuno. Altra parola chiave: radicamento, facciamo crescere le case del popolo, nuove o in sedi che già esistono, anche nelle case private come noi ai primi tempi dell’ex Opg. Oppure in una piazza come i compagni di Catania. Magari non a Bolzano dove fa più freddo. Dove ci sono assemblee territoriali ci siano anche degli spazi per il mutualismo, per moltiplicarci. Queste elezioni hanno confermato le ipotesi per cui dove fossimo radicati anche il risultato elettorale ci sarebbe stato. Sulle campagne bisogna avere la giusta elasticità: Lip scuola, trattati europei, accoglienza, lavoro, reddito sono nazionali. Altre sono territoriali. Questi piani si devono integrare. Chi contrappone i piani non ha compreso la connessione. Antirazzismo e antifascismo, Afrin, la questione curda, la guerra sono punti centrali e per nulla slegati dal resto dei temi sociali. Dobbiamo riprenderci le lotte e le parole anche quelle che abbiamo dato in prestito ai cinquestelle e all’astensione».
La cronaca a caldo di un’assemblea che registra un fatto inedito e alcuni nodi da sciogliere, magari senza strappi. Il fatto nuovo è che non era mai accaduto che una coalizione che avesse preso una tramvata alle elezioni si rincontrasse così presto e così entusiasta. Perché forse i numeri danno ragione dello smottamento a destra del paese ma non delle potenzialità di un soggetto nuovo e davvero alternativo a sinistra. I nodi da sciogliere, che sono stati abbastanza sottotraccia nell’assemblea, sono su come rompere con l’Europa, sulla questione sindacale, i riferimenti internazionali e come darsi forma uscendo dall’emergenza (sul nodo della comunicazione, ad esempio, finora concentrata in una sola delle componenti di PaP) che ha caratterizzato i tempi rapidi della campagna elettorale. Come democratizzarsi? Come radicarsi? Dai cinquanta interventi sono comunque venuti spunti interessantissimi. Potere al Popolo c’è e continuerà ad esserci. Ecco gli appunti, nudi e crudi.
«Da qui si esce per condurre campagne e continuare a mettere in rete vertenze e conflitti», dice Viola Carofalo, introducendo l’assemblea nazionale nell’entusiasmo generale. Il teatro Italia, dove tutto ebbe inizio quattro mesi fa, è di nuovo strapieno: «Ridere è un altro modo di mostrare i denti», dice in conclusione la portavoce nazionale di Pap. Dopo di lei, dalla presidenza, Rosa Rinaldi legge la lettera del primo eletto, Sergio Triglia, candidato in un municipio del centro-ovest genovese in cui sono svolte elezioni suppletive in parallelo con le politiche del 4 marzo. Interverranno i comitati europei di Pap, vecchie e nuove migrazioni che non hanno potuto raccogliere le firme per via di norme farraginose e antidemocratiche. Però anche le 15 assemblee popolari in varie città europee andranno avanti a costruire PaP. Nicoletta Dosio, storica figura no tav, decostruisce la narrazione sul voto utile che, proprio nella sua Valle, ha premiato i 5stelle ma, a poche ore dalle urne chiuse, ha visto quel partito sbracare alla prova delle Olimpiadi con la discesa in campo della sindaca Appendino e del fondatore Grillo in favore dell’ennesimo grande e devastante evento. Si alternano sul palco figure o messaggi dal mondo della cultura (da Vauro a Paolo Pietrangeli), messaggi della comunità kurda da Afrin sotto l’attacco turco e le voci delle assemblee territoriali, a cominciare da quelle dove il risultato è stato migliore. Dalla Val d’Aosta (miglior risultato regionale), che chiede a Pap di «democratizzarsi e studiare» a Livorno che racconta il suo 4,4% conseguito in città con punte del 9-10% nei quartieri di maggiore radicamento. Un risultato che, all’indomani del voto, ha visto l’assemblea successiva ancora più partecipata di quelle iniziali. Indietro non si torna, è il titolo dell’evento, davvero, e il senso di ciascuno degli interventi.
Salvatore di Bagnoli dove il risultato è stato ben al di sopra del dato nazionale e dello stesso dato napoletano: «C’è bisogno di innovazione per andare avanti, neomunicipalismo, mutualismo, nuovi spazi di democrazia. Ripartiamo dai territori, non pensiamo che basti un piccolo gruppo ristretto a guidare il processo».
Macerata è stata la prima città in cui PaP è sceso in piazza dopo l’attentato terrorista di Traini, il fascioleghista che voleva uccidere migranti, e quindici giorni dopo la Lega ha fatto il pieno: «Sono venute fuori questioni paradigmatiche in quei giorni, due livelli di barbarie, l’attentato e il clima con un collassare della convivenza diffuso, razzismo e qualcosa di più che dobbiamo capire, il secondo livello è il silenzio del sindaco della città e dell’”antifascismo tradizionale”. Le istituzioni sono state parte di un meccanismo di legittimazione del razzismo e della trasversalità delle politiche razziste. Si sta palesando la barbarie ma sta slittando il discorso politico. Macerata racconta l’urgenza di parlare a tutti: è fallito l’antifascismo tradizionale e forse non è sufficiente l’antifascismo militante. Istruiamoci e organizziamoci anche su questo».
Francesco Piobbichi: «Siamo in guerra. Nella crisi sono stati ribaltati i significati. La solidarietà è criminalizzata alla frontiera come nelle città e nei luoghi di lavoro. Però “abbiamo rimesso insieme la banda” – dice citando una chiacchierata con Sergio Triglia – la solidarietà è resistenza concreta più che etica, l’antifascismo sarà sociale e basato sulle pratiche. Ricostruiamo una rete di mutuo soccorso in tutte le città per politicizzare il fiume di solidarietà che altrimenti resta liquida. Servono forme di confederalità sociale. Il mutualismo è solo un modo di difesa ma serve, uno per tutti, tutti per uno».
Tony Della Pia, avellinese, tornava a casa dal lavoro, durante la campagna elettorale, è stato fermato e pestato a sangue dai carabinieri. Quando s’è rialzato da terra ha fatto diventare quel fatto di cronaca un fatto politico. Ora è stato denunciato a sua volta per resistenza ma, a sentire lui, ha la fortuna di «militare nel posto giusto: ho capito cosa significa vivere in un collettivo solidale».
L’assemblea di Bologna chiede un «passaggio di strutturazione, uno sforzo di fantasia per tener dentro tutta questa diversità, dove i territori possano esprimersi», «l’approfondimento di alcuni temi a partire dal lavoro e fare chiarezza su Nato e Ue, intervenire sulla questione delle spese militari, siamo vessati da una serie di dispositivi imposti da Ue, dobbiamo essere all’altezza della sfida: rompere con l’Ue da una posizione internazionalista.
Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione: «La prima sfida è vinta: non siamo solo una lista e non siamo scomparsi dopo il voto. PaP è l’inizio della costruzione di un movimento popolare anticapitalista e antiliberista capace di costruire un’alternativa. I veri sconfitti sono quelli che hanno distrutto la sinistra e non piangiamo le stesse lacrime di chi ha gestito vent’anni di politiche neoliberiste. Dobbiamo inventare modalità democratiche e partecipative anche per allargare a chi non è ancora con noi a costruire l’autodifesa popolare. Nelle prossime settimane centinaia di banchetti per chiedere l’abrogazione del pareggio di bilancio in Costituzione e per la legge di iniziativa popolare alternativa alla “buona scuola”. E ancora moltiplicare iniziative per la difesa di Afrin».
Nicco dell’assemblea di Roma annuncia la formazione di gruppi di lavoro e azione tematici sui settori: «mutualismo contro esclusione sociale, diritto alla casa, giovani e diritto al trasporto pubblico contro il referendum proposto dai radicali per la privatizzazione del servizio pubblico dell’Atac. Siamo gli unici – ricorda – a favore del servizio pubblico e contro la trappola del debito». Anche Bergamo racconta di come la partecipazione alle assemblee popolari sia raddoppiata dopo le elezioni: «In città, durante l’emergenza freddo, abbiamo agito il controllo popolare, per dare solidarietà concreta ma anche per obbligare le istituzioni a curare chi ha più bisogno. Sviluppiamo i contenuti ma prendiamoci tempo per pensare il contenitore, guardiamo ai modelli sudamericani».
«Si va avanti – dice anche Giorgio Cremaschi, leader di Eurostop – dobbiamo aprirci ma con chiarezza, PaP non è l’anticamera di altre cose. Le elezioni hanno distrutto un quadro politico. Le catastrofi di Pd e Berlusconi sono atti liberatori ma la protesta operaia è andata altrove. Questa deviazione è colpa della “sinistra” ufficiale che per 25 anni ha avvelenato il campo. Compresi i gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Uil che hanno educato alla resa la classe operaia. Se vogliamo ricostruire. Siamo il popolo della sinistra ma non c’entriamo niente con la sinistra ufficiale. Dobbiamo approfondire il senso di quello che intendiamo con rottura dell’Ue e della Nato».
Marina Boscaino rilancia le ragioni della “scuola della Costituzione”, della cancellazione di vincoli di bilancio e della proposta della Lip per una scuola, laica, pluralista, inclusiva, antifascista, strumento per l’emancipazione e di costruzione di sapere critico e cittadinanza consapevole, per distruggere i processi di aziendalizzazione che hanno smantellato intenzionalmente la scuola pubblica.
Per l’assemblea di Catania parla Damiano anche a nome di tutta la Sicilia e dopo di lui Chiara dell’ex Opg: «Per noi è fondamentale essere riusciti a prendere voti nei quartieri popolari senza ricorrere ai temi populisti. A Napoli abbiamo occupato una chiesa per dare rifugio a chi è senza tetto. Uno dei senza fissa dimora, senza dirci niente, ha fatto la tessera elettorale apposta per votare noi. Ora ricostruiamo le reti territoriali, apriamo una fase di discussione sui temi, sul sito verrà aperta una piattaforma per approfondire i temi». Anche Parma e Perugia raccontano di partecipazione sempre crescente, poi Prima le persone (una costola dell’Altra Europa) avanza la proposta di forme di partecipazione anche digitale.
Franco Turigliatto, della direzione nazionale di Sinistra Anticapitalista, ricorda con affetto Marielle Franco, barbaramente uccisa in Brasile dagli squadroni della morte della polizia militare: «Se non avessimo fatto PaP, alle sconfitte si aggiungerebbe il vuoto politico. Ora passiamo alla costruzione delle campagne politiche e alla ricostruzione delle strutture sociali e sindacali, in forme complesse. C’è un atomizzazione a cui dobbiamo reagire, di fronte all’attrazione delle destre e di M5s, abbiamo bisogno di quel tessuto connettivo perché i lavoratori si riconoscano, si difendano collettivamente. Questo significa potere al popolo, che i lavoratori possono avere fiducia solo in loro stessi. Ora si apre il congresso Cgil il cui gruppo dirigente ha enormi responsabilità, noi dobbiamo usare quel fatto per porre complessivamente la riorganizzazione di un movimento sindacale conflittuale».
Parte Costituente è quel settore di dirigenti e militanti di Sinistra Italiana uscito dopo la disintegrazione del Brancaccio e il parto di Leu. Un suo rappresentante legge un messaggio con cui si appella ai senza tessera, ai senza rappresentanza e avanza l’idea di un soggetto politico basato su adesioni individuali a cui poter aderire.
Eleonora Forenza, eurodeputata del Gue: «Abbiamo chiuso la fase 1, quella della connessione sentimentale, e abbiamo chiuso il ciclo dell’unità politicista. Abbiamo riconnesso politico e sociale, ora inizia la fase 2, non meno difficile: abbiamo unito le lotte ora dobbiamo moltiplicarle, costruire orizzontalmente, senza confondere la democrazia con i clic su una piattaforma privata, aprire 10-100-1000 case del popolo, radicarci tra chi non abbiamo saputo ancora parlare».
La compagna di Firenze spiega come il Pd abbia travasato il 9% di consensi alla Lega e il primo frutto visibile sia stato, il giorno dopo il voto, l’omicidio di un senegalese da parte di un uomo che aveva deciso di andare in galera e ha sfogato il proprio rancore. «Se siamo la sinistra popolare – dice – dobbiamo ascoltare il popolo, leggendo Teresa Noce o Evangelisti abbiamo riscoperto le case del popolo come luogo in cui si costruivano gli strumenti per la difesa della classe, dobbiamo riprendercele».
Anche il Pci è stato fra i promotori di PaP, il suo segretario, Mauro Alboresi dice che ci sarà uno scontro tra gli euroscettici come Lega e M5s e chi, come PaP, vuole rompere da sinistra con l’Ue. Sulla questione organizzativa «non c’è bisogno di scorciatoie, abbiamo bisogno di un fronte senza chiedere a nessuno di rinunciare alla propria identità». Enzo Di Salvatore, abruzzese, esponente del movimento No Triv, unisce difesa del lavoro e difesa dell’ambiente: la logica del liberalismo ha preso il sopravvento soffocando uomo e natura con liberalizzazioni, sblocca Italia, dismissioni, privatizzazioni, salvataggi delle banche. Di Salvatore elenca i punti nevralgici di questo attacco – Ilva, Tempa Rossa, le trivelle nell’Adriatico, Tav, piattaforme marine, centrale di compressione a gas a Sulmona o San Benedetto.
Antonia Romano, da Trento: «Occorre offrire occasioni di partecipazione a persone che non sono iscritte ad alcun partito. L’organizzazione non sia verticistica e permetta a tutti di partecipare ai processi decisionali». Dai territori (come riferisce Ancona) arriva anche la restituzione di un paesaggio sociale devastato dalla perdita di posti di lavoro ma anche dove il risultato elettorale è stato meno incoraggiante si è riusciti a «stanare» energie. Come in Sardegna dove c’è stato l’en plein dei cinquestelle e un successo della Lega dovuto alla saldatura con il PsdAz.
Francesco Campolongo, cosentino, solidarizza con Mimmo Lucano, sindaco di Riace indagato per la sua solidarietà ai migranti: «Assieme all’organizzazione dobbiamo parlare di campagne replicabili sui territori per disinnescare la guerra fra poveri, anche sul terreno dell’antifascismo e del senso comune. La comunicazione deve vedere uno sforzo collettivo per costruire un percorso che vuole vincere».
Molfetta, «piccolo collegio dell’oscuro Sud» ha visto un risultato sopra la media perché l’unità a sinistra è stata finalmente declinata in maniera diversa: «chi ha gestito le politiche liberiste non può stare insieme a chi le ha combattute nelle strade. Ora pensiamo a una struttura federale, le cellule dovranno essere le assemblee territoriali. Solo così la sinistra rinasce». A Salerno le inchieste sul sistema De Luca hanno caratterizzato la campagna elettorale in un territorio devastato dalla crisi: «Ci siano dati i tempi per costruire l’organizzazione e una campagna di adesioni».
Franco Bartolomei di Risorgimento socialista: «La partita nostra comincia ora per un’ipotesi di trasformazione socialista che riparta dalla Costituzione». I Clash City Workers di Firenze: «Se strutture servono, dovranno essere utili a intervenire su un mercato del lavoro frammentato, dobbiamo diventare la voce di tutti gli sfruttati». Per Democrazia Atea parla Carla Corsetti e ricorda la centralità del principio di laicità anche nel programma di PaP: «Ripartire dalla scuola, ma declericalizzata, cancellare i privilegi clericali, diocesi e parrocchie sono centri di clientelismo». Seguono i mantovani, il Partito del Sud (meridionlisti progressisti): «Prepariamoci a intercettare i sentimenti di rivolta di chi sarà deluso dalle promesse demagogiche di chi oggi ha vinto le elezioni»; la Rete dei Comunisti con Emanuela Grifoni, candidata a Pisa (3,38% in un feudo di Pd e Leu): «Siamo riusciti a dire a brutto muso alla ministra Fedeli che l’alternanza scuola lavoro è un’infamia e che la precarizzazione della ricerca è un abominio. Anche su Pisa confrontiamoci per le amministrative di fine maggio». Poi l’Ex Canapificio di Caserta: «Due le tracce di lavoro che emergono: l’immigrazione e il reddito, ossia quello che, da un punto di vista diametralmente opposto, ha consentito a Lega e 5s di vincere le elezioni. Noi fuori dal coro, all’inizio non siamo stati in PaP ma oggi siamo qua. La rete, ma anche i temi».
Poi Sandra Berardi legge una lettera di un gruppo di detenuti che hanno letto “da dentro” il risultato elettorale: «Ricostruire comunità tra le marginalità sociali contro lo stato autoritario, emergenzialista, la certezza dei diritti viene prima della certezza della pena».
E Giacomo Marchetti da Genova mette tre punti sul piatto: «Abbiamo capito che Leu sarebbe stata polverizzata: su questo non possiamo fare un passo indietro. Il Def taglierà ancora il welfare e su questo dobbiamo fare battaglia subito. Per le europee (riferito a Varoufakis e De Magistris) non dovrà esserci spazio per chi vuole prendersi il campo politico che abbiamo arato». Chiudono la lunga lista di interventi l’assemblea di Palermo, un candidato di Corigliano Calabro. Tutti i documenti arrivati alla presidenza saranno pubblicati sul sito.
Potere al Popolo c’è. Viola: «Riprendiamoci le lotte e le parole»