“I nostri torturatori sono al vertice della polizia, lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno drammatiche. I nostri torturatori, o meglio chi ha coperto i torturatori, come dicono le sentenze della Corte di Strasburgo, sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?”. Sono le parole del Pubblico Ministero della corte d’appello di Genova Enrico Zucca pronunciate ieri in occasione di un dibattito sul caso Regeni.
Scoppia il caso. Una verità banale, suffragata da sentenze e disposizioni d’ufficio – Zucca in effetti non è che un magistrato – viene considerata una frase shock. Scatta l’indagine. Anzi, le ispezioni incrociate. “Dichiarazione inappropriata” secondo il presidente del CSM Legnini, “parole oltraggiose” per il capo della polizia Gabrielli. Nel frattempo il ministero della Giustizia tramite il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio annuncia l’acquisizione di elementi probanti per disporre un procedimento disciplinare. Si aspetta solo la punizione, insomma.
Oggi Zucca corregge il tiro: “la rimozione del funzionario condannato è una disposizione convenzionale, non una scelta politica”. Sarà, ma peggiora la sua situazione il candido magistrato. Non bastano i fatti a quanto pare per concludere che i responsabili degli abusi sui manifestanti durante il G8 di Genova 2001 si trovino ora ai vertici della polizia. Non basta, ad esempio constatare che Gilberto Caldarozzi, uno dei principali condannati del processo Diaz in cui Zucca figurava come giudice, sia stato di recente promosso al ruolo di vice direttore della Dia. I fatti non bastano, allora chi copre chi? Un pezzo qualificato della magistratura italiana copre i vertici della polizia o i poliziotti coprono i magistrati? Un bel dilemma. Ma forse non occorre sforzarsi troppo nel cercare una soluzione al rebus dell’omertà istituzionale. In fondo chiunque sia informato delle cronache politiche e sociali di questo paese ben sa quanto efficiente sia il tandem procure-questure d’Italia nel difendere se stesse e il proprio privilegio e arbitrio nell’amministrazione dei poteri pubblici.
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