Per la seconda volta in poche settimane, il Capo della Polizia Franco Gabrielli commenta le vicende del luglio 2001 facendo di nuovo quadrato attorno ai suoi uomini e al comparto della Pubblica Sicurezza e difendendo il reintegro e le promozioni dei condannati per il g8

In risposta ad un articolo comparso sabato sul “Manifesto” del Comitato Verità e Giustizia per Genova, Gabrielli torna di nuovo – mediante una lettera al quotidiano stesso – a parlare del G8, difendendo la legittimità delle promozioni di Caldarozzi e Troiani, condannati per la “macelleria messicana” perpetrata alla Diaz e reintegrati pochi mesi fa dopo un’interdizione di cinque anni dai pubblici uffici. L’intento di questi suoi continui interventi pubblici su un tema comunque spinoso da trattare all’interno delle forze dell’ordine è molto chiaro: lasciarsi alle spalle le giornate genovesi senza tuttavia farci realmente i conti. Gabrielli pretende infatti di chiudere questa pagina nera per la Polizia italiana facendo leva sul fatto che a Genova lui non c’era (mantra che ripete a ogni uscita pubblica) e sulle critiche (molto soft in realtà) all’allora capo della Polizia Gianni De Gennaro, affermando che avrebbe dovuto dimettersi il giorno dopo la fine del summit (intervista a “Repubblica” rilasciata nel luglio dello scorso anno). Ma soprattutto, Gabrielli pretende di rivolgere lo sguardo al futuro, dati i «chilometri di strada» fatti dalla Polizia in questi anni: «percentuali di laureati in passato inimmaginabili tra le file dei poliziotti»(!) e la costituzione di un “Ufficio Affari Interni”. Evidentemente non abbastanza, aggiungiamo noi, visto che continua strenuamente a difendere il reintegro e la promozione dei condannati per la Diaz, affermando che «è previsto dalla legge» e che «nessuna promozione è stata conferita».

A parte le affermazioni discutibili riguardo alle promozioni (difficile sostenere che passare da direttore del Servizio Centrale Operativo a vice direttore della Direzione Investigativa Antimafia non sia una notevole progressione di carriera…), ci chiediamo come si possa pretendere di voltare pagina ed esigere credibilità per la Polizia se non si ha almeno il coraggio di allontanare i condannati (che ormai, dati i pensionamenti, si possono contare sulle dita di una mano). E che condannati poi! Pietro Troiani è colui che ha portato materialmente le molotov nella Scuola Diaz, mentre Gilberto Caldarozzi è stato così descritto dalla Cassazione nel motivare il respingimento della sua richiesta di affidamento ai servizi sociali: «dirigente di polizia, tutore della legge e della legalità che si presta a comportamenti illegali di copertura poliziesca propria dei peggiori regimi antidemocratici». Possibile che il Dipartimento di Pubblica Sicurezza non sia riuscito nel passato, e non riesca ancora oggi, ad allontanare con un proprio provvedimento interno un solo poliziotto coinvolto nel G8?

Ecco, questo sarebbe un primo passo per poter cominciare a pensare di voltare pagina. Come secondo passo, si potrebbero mettere i codici identificativi sulle divise. Tuttavia, se le Istituzioni volessero, realmente, mettersi alle spalle Genova (per quanto possibile naturalmente: dal dibattito viene sempre non a caso omesso l’assassinio di Carlo…), altri due provvedimenti sarebbero necessari e irrinunciabili, per quanto non sufficienti: la liberazione immediata dei manifestanti che per quei fatti stanno ancora scontando anni di galera, grazie al reato di devastazione e saccheggio introdotto dal fascismo, e l’allontanamento da presidente di Finmeccanica (nomina governativa) di De Gennaro, che dai giorni del G8 ha conosciuto una carriera folgorante.

Di pagine da girare ce ne sono ancora molte, prima di poter affermare di aver fatto i conti con Genova.

Il capo della Polizia chiede di voltare pagina sul G8. Con quale coraggio?

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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